Era un terreno perfetto per quello che Mat aveva in mente. Quasi due miglia di prato erboso punteggiato di fiori selvatici e pochi bassi cespugli si estendevano dal muro fino agli alti alberi all’estremità ovest. Verso nord c’era un acquitrino stagnante, pieno di querce e strane piante dai fiori bianchi che parevano per metà spesse radici, con un lago abbarbicato al suo margine occidentale e sotto di esso una foresta. Un piccolo fiume scorreva a sud fuori dall’acquitrino, mezzo miglio dietro Mat, prima di curvare verso ovest alla sua sinistra. Un piccolo fiume, ma abbastanza ampio e profondo che i cavalli avrebbero dovuto nuotare. La riva opposta era fuori gittata di qualunque arco. C’era un solo modo per qualunque attaccante di giungere al muro. Arrivarci dritto contro.
«Quando arriveranno, non voglio che si fermino a contare quanto uomini in rosso e nero ci sono qui» replicò. Musenge sussulti! lievemente per qualche ragione. «Voglio che vedano un muro non terminato e attrezzi gettati là perché abbiamo saputo che erano vicini. La promessa di centomila corone d’oro di sicuro farà ribollire loro il sangue, ma li voglio troppo eccitati per pensare come si deve. Ci vedranno come vulnerabili, le nostre difese incomplete e, con un po’ di fortuna, si scaglieranno dritti su di noi. Ipotizzeranno che metà di loro moriranno quando scaglieremo i nostri dardi, ma questo non farà che aumentare le probabilità che uno degli altri ottenga quell’oro. Si aspetteranno che riusciamo a scagliare una sola salva.» Batte le mani e Pips si mosse. «Allora la trappola si chiuderà.»
«Tuttavia, Altezza, vorrei che avessimo altri dei tuoi balestrieri. Ho sentito che potevi averne fino a trentamila.» Anche Musenge aveva sentito dire a Tuon che lui avrebbe combattuto i Seanchan. Quell’uomo lo stava sondando in cerca di informazioni.
«Ne ho meno di prima» disse Mat con una smorfia. Le sue vittorie non erano state prive di spargimento di sangue, ci erano solo andate molto vicino. Quasi quattrocento balestrieri giacevano in fosse altarane, così come quasi cinquecento cavalieri. Un conto del macellaio poco caro, tutto sommato, tuttavia preferiva quando il macellaio non gli presentava affatto il conto. «Ma quello che ho è sufficiente per oggi.» «Come dici tu, Altezza.» La voce di Musenge era così neutra che era come se stesse facendo un commento sul prezzo dei fagioli. Strano. Non sembrava un uomo diffidente. «Sono sempre stato pronto a morire per lei.» Non c’era bisogno di dire a quale ‘lei’ si riferiva.
«Suppongo di esserlo anch’io, Musenge.» Per la Luce, pensava di essere serio al riguardo! Sì, lo era. Questo voleva dire che era innamorato? «Meglio vivere per lei, però, non ti pare?»
«Non dovresti indossare la tua armatura, Altezza?»
«Non intendo avvicinarmi abbastanza al combattimento da averne bisogno. Un generale che estrae la spada deve mettere da parte il suo bastone del comando e diventare un soldato semplice.»
Stava citando Comadrin ancora una volta — pareva farlo spesso quando parlava di questioni militari; d’altra parte, quell’uomo aveva saputo tutto ciò che c’era da sapere su quel mestiere — solo citando, eppure questo parve impressionare quel veterano, il quale gli rivolse di nuovo il saluto e chiese il dannato permesso di poter tornare dai suoi uomini. Mat era tentato di chiedere cos’erano tutte quelle sciocchezze di chiamarlo ‘Altezza’. Probabilmente si trattava solo di qualche modo seanchan per dire ‘lord’, ma non aveva mai sentito nulla del genere a Ebou Dar, e lì era stato circondato da Seanchan.
Cinque figure comparvero fuori della foresta ai margini del prato e a lui non servì un cannocchiale per riconoscerle. I due Ogier in armatura a strisce rosse e nere gli avrebbero detto tutto perfino se non l’avesse fatto la mole di Vanin. Gli uomini a cavallo erano a un deciso galoppo, eppure gli Ogier mantenevano il passo, con le lunghe braccia che si agitavano e le asce che si muovevano come gli ingranaggi di una segheria.
«Frombolieri pronti!» urlò Mat. «Tutti gli altri, andate a prendere una pala!» Le apparenze dovevano essere quelle giuste.
Mentre la maggior parte dei balestrieri si sparpagliava per raccogliere gli attrezzi e far finta di lavorare alla trincea e al muro, altri cinquanta si allacciarono gli elmi e si allinearono di fronte ad Aludra. Uomini alti, portavano ancora le spade corte che chiamavano ‘sventragatti’, ma invece delle balestre, erano armati con fionde su aste alte quattro piedi. Gli sarebbe piaciuto averne più di cinquanta, ma Aludra aveva solo una certa quantità delle sue polveri. Ogni uomo indossava sopra la corazza una cintura di tela con tasche cucite, e in ogni tasca c’era un tozzo cilindro di cuoio più grande del pugno di un uomo con un breve innesco scuro che fuoriusciva dal fondo. Aludra non si era ancora inventata un nome stravagante per quelli. L’avrebbe fatto, però. Le piacevano i nomi stravaganti. Draghi e uova di drago.
Uno a uno, gli uomini tennero in alto lunghi pezzi di innesco lento perché lei li accendesse con una miccia. Lo fece rapidamente, usando ogni miccia finché il lungo bastoncino di legno non si era consumato quasi fino alla punta delle sue dita, ma non sussultò mai, limitandosi a gettarlo a terra e accenderne un altro dicendo nel frattempo ai frombolieri di essere più rapidi dato che era quasi a corto di micce. Per la Luce, com’era avara con quelle cose. A quanto ne sapeva Mat, ne aveva altre cinque scatole. Mentre ogni uomo si allontanava da lei, si metteva fra i denti l’innesco lento e assicurava uno dei cilindri alla sua fionda mentre camminava verso il muro. C’erano ampi intervalli fra i frombolieri. Dovevano coprire l’intera estensione del muro.
«È il momento di mettere i tuoi in posizione, Musenge» disse Mat a gran voce.
I Sorveglianti della Morte formarono un’unica fila spalla a spalla con i Giardinieri alla fine. Chiunque avesse dato un’occhiata con un cannocchiale avrebbe riconosciuto cos’erano. Per la Luce, tutto quello che dovevano fare era vedere gli Ogier in armatura e il sole che scintillava su tutto quel rosso e nero. E se si fossero soffermati a pensare perché i Sorveglianti erano così pochi, avrebbero comunque capito di essere in soprannumero rispetto a Mat e che c’era un unico modo per scoprire se Tuon era con lui.
Vanin galoppò dietro al muro, volteggiando giù di sella e iniziando all’istante a condurre il suo bruno grigiastro schiumante al passo per farlo rilassare. Non appena ebbe oltrepassato il muro, i balestrieri iniziarono a lasciar cadere gli attrezzi e a correre a mettersi gli elmi e a raccogliere le loro balestre. Erano state disposte in modo che gli uomini formassero tre file distanziate con varchi dove stavano i frombolieri. Non aveva più importanza se qualcuno stesse osservando dalla foresta. Quello che vedevano ora sarebbe sembrato naturale.
Mat fece trotterellare Pips da Vanin e smontò. I due Sorveglianti della Morte umani e i due Ogier si andarono a unire agli altri. Le froge dei cavalli si allargavano per il respiro pesante, ma gli Ogier non stavano annaspando di più. Uno era Hartha, un tipo dagli occhi di pietra il cui grado, a quanto pareva, era molto vicino a quello di Musenge.
Vanin scoccò un’occhiataccia agli uomini che non erano smontati per far camminare i loro destrieri. Poteva essere un ladro di cavalli, pentito o meno, ma non gli piaceva che gli animali venissero maltrattati. «Sono balzati su come uno dei suoi fiori notturni quando ci hanno scorto» disse, facendo un cenno col capo verso Aludra. «Ci siamo assicurati che avessero dato una bella occhiata a quella stravagante armatura, poi ce la siamo filata non appena hanno cominciato a mettersi in sella. Ci stanno inseguendo con foga. Molta più del dovuto.» Sputò per terra. «Non sono riuscito a dare una bella occhiata ai loro animali, ma dubito che siano tutti in salute per quella corsa. Alcuni si azzopperanno prima di arrivare qui.»