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«Puoi unirti quando vuoi, Joline» disse lui «Terza fila! Lanciate!»

La Aes Sedai scosse la testa con irritazione. «Devo essere in pericolo. Non mi sento ancora in pericolo.» Teslyn annuì. Stava osservando la carica come se si trattasse di una parate, e nemmeno interessante. «Se permetteste a Seta e a me» esordì Bethamin, ma Joline le rivolse una fredda occhiata da sopra la spalla e la donna seanchan si fece piccola e abbassò gli occhi verso le sue sulle redini. Seta sorrise nervosamente, ma quel sorriso le scivolò via dal volto sotto lo sguardo fisso di Joline.

«Fila avanti! Lanciate!» Mat roteò gli occhi al cielo e borbottò una preghiera che era una mezza imprecazione. Quelle dannate donne non si sentivano in pericolo! Lui si sentiva come se la sua maledetta testa si trovasse sul ceppo del boia! «Seconda fila! Lanciate!»

Ora Talmanes era giunto a distanza di tiro e si annunciò con una salva da quattromila archi e trecento passi che sgombrò un po’ di selle. Coprendo altra distanza, scagliarono ancora, e ancora. I ranghi dei nemici parvero incresparsi dallo sconcerto. Alcuni uomini fecero girare i loro cavalli caricarono la fila di Talmanes con lance che si abbassavano. Altri iniziarono a rispondere alla sua pioggia di frecce con le loro. Parecchi di loro proseguirono, però.

«Formate un quadrato!» urlò Mandevwin un attimo prima che potesse farlo Mat. Sperava che l’uomo non avesse aspettato dannatamente troppo.

La Banda era ben addestrata, però. Gli uomini sui fianchi indietreggiarono di corsa, con tanta calma come se le frecce non li stessero bersagliando, rimbalzando con un clangore contro corazze ed elmi. E a volte no. Alcuni uomini caddero. Le tre file non persero mai coesione, però, mentre si piegavano in una scatola vuota con Mat al suo centro. Musenge e gli altri Sorveglianti della Morte umani avevano le loro spade sguainate e gli Ogier stavano soppesando le loro lunghe asce.

«Frombolieri!» gridò Mandevwin. «Lanciate a volontà! Fila avanti, ovest! Lanciate!» I frombolieri lungo la fila a ovest spostarono le loro fionde ad asta in modo da far toccare gli inneschi con quelli lenti che tenevano fra i denti e, mentre la nuova salva veniva scagliata dalle balestre, tirarono indietro le loro fionde e poi in avanti. I cilindri scuri volarono per più di cento passi e atterrarono fra i cavalieri che avanzavano impetuosi. I frombolieri stavano già montando altri cilindri sulle loro fionde prima ancora che quei cilindri cadessero. Aludra aveva contrassegnato ogni innesco con pezzi di filo per indicare il diverso tempo di combustione e ogni cilindro emise un ruggito assieme a uno scoppio di fiamme, alcuni sul terreno, altri all’altezza delle teste di uomini a cavallo. L’esplosione non era la vera arma, anche se un uomo colpito in faccia si ritrovò all’improvviso senza testa. Rimase dritto in sella per tre falcale prima di crollare. No, Aludra aveva avvolto uno strato di ciottoli duri attorno alla polvere all’interno di ciascun cilindro, e quelli perforavano la carne a fondo quando colpivano. Cavalli urlanti caddero dibattendosi sul terreno. I loro cavalieri caddero e rimasero immobili.

Una freccia strattonò la manica sinistra di Mat, un’altra gli bucò la manica destra, senza attraversarla del tutto solo per via dell’impennaggio, e una terza gli squarciò la spalla sinistra della giacca. Lui mise un dito dietro la sciarpa attorno al suo collo e tirò. Quella dannata cosa tutt’a un tratto gli sembrava troppo stretta. Forse avrebbe dovuto prendere in considerazione di indossare un’armatura in momenti come questi. I fianchi del nemico stavano cominciando a ripiegarsi verso l’interno ora, preparandosi a circondare i balestrieri e spingerli contro il muro. Gli uomini di Talmanes continuavano a bersagliare la loro retroguardia di frecce, ma diverse centinaia di uomini erano stati costretti a lasciar cadere i loro archi per difendersi con le spade ed era improbabile che tutti quei cavalli con selle vuote laggiù appartenessero a Tarabonesi o Amadiciani. Lui aveva lasciato un varco nel centro della sua fila, una via per chiunque decidesse di fuggire, tuttavia nessuno aveva ancora accolto l’offerta. Potevano fiutare quelle centomila corone d’oro.

«Penso...» disse Joline lentamente. «Sì, mi sento in pericolo, ora.» Teslyn si limitò a tirare indietro la mano e a lanciare una sfera di fuoco più grande di una testa di cavallo. L’esplosione scagliò terra e pezzi di uomini e cavalli in aria. Era dannatamente ora!

Rivolte in tre direzioni, le Aes Sedai iniziarono a gettare palle di fuoco quanto più velocemente riuscivano a muovere le braccia, ma la devastazione che portarono non fece nulla per rallentare l’attacco. Quegli uomini ormai dovevano essere stati in grado di vedere che all’interno del quadrato non c’era nessuna donna che corrispondeva alla descrizione di Tuon, ma senza dubbio avevano il sangue che gli ribolliva, con l’odore delle ricchezze nelle narici. Un uomo poteva vivere per il resto della vita come un nobile con centomila corone d’oro. Il quadrato era circondato e combattevano vicino a esso, lottavano e morivano mentre raffiche delle balestre li colpivano e i frombolieri li uccidevano. Iniziò a sorgere un altro muro, fatto di morti, feriti e cavalli, un muro che qualcuno cercò di scavalcare, unendosi a esso nel tentativo. Altri smontarono di sella e cercarono di arrampicarcisi. I dardi di balestra li scagliarono indietro. Da così vicino i quadrelli penetravano le corazze come coltelli caldi nel burro. Continuavano ad arrivare e morivano.

Il silenzio parve giungere all’improvviso. Non proprio silenzio. L’aria era carica del suono di uomini ansanti che avevano azionato quelle manovelle più veloce che potevano. E c’erano gemiti dai feriti. Un cavallo stava ancora nitrendo da qualche parte. Ma Mat non riusciva a vedere nessuno in piedi fra il muro di morti e Talmanes, nessuno in sella tranne uomini in elmi e corazze verdi. Uomini che avevano abbassato i loro archi e spade. Le Aes Sedai ripiegarono le mani sugli alti pomoli delle loro selle. Anche loro stavano respirando in modo affannoso.

«È fatta, Mat!» giunse il grido di Talmanes. «Quelli che non sono morti stanno morendo. Nessuno degli sciocchi ha tentato di fuggire.»

Mat scosse il capo. Si era aspettato che fossero mezzi folli per la brama dell’oro. Erano impazziti completamente per quello.

Sarebbe stato necessario trascinare via uomini e cavalli morti perché Mat e gli altri riuscissero a uscire, così Talmanes mise i suoi al lavoro, legando corde ai cavalli per tirarli da parte. Nessuno voleva arrampicarsi su quel carnaio. Nessuno tranne gli Ogier.

«Voglio vedere se riesco a trovare il traditore» disse Liartha, e lui e gli altri sei Giardinieri si misero le asce in spalla e camminarono sopra il monticello di corpi come se si trattasse di terra.

«Be’, almeno abbiamo sistemato questa faccenda» disse Joline, picchiettandosi il viso con un fazzoletto orlato di merletto. Il sudore le punteggiava la fronte. «Sei debitore, Mat. Le Aes Sedai di regola non si lasciano coinvolgere in guerre privale. Dovrò pensare a un modo in cui potrai ripagarlo.» Mat aveva un’idea piuttosto buona di quello che avrebbe escogitato. Ma era pazza se pensava che lui avrebbe acconsentito.

«Sono state le balestre a sistemare questa faccenda, marath’damane» disse Musenge. Si era tolto elmo, corazza e giacca, e aveva la manica sinistra della camicia strappata in modo che uno degli altri Sorveglianti potesse avvolgergli una fasciatura nel punto in cui una freccia lo aveva trapassato. La manica era venuta via in modo molto netto, come se la cucitura fosse stata debole. Aveva un corvo tatuato sulla spalla. «Balestre e uomini di valore. Non hai mai avuto più di questo, vero, Altezza.» Quella non era una domanda. «Questo e le perdite che hai subito.»

«Te l’ho detto» replicò Mat. «Ne avevo abbastanza.» Non aveva intenzione di rivelare a quell’uomo niente di più di ciò che non poteva evitare, ma Musenge annuì come se avesse confermato tutto.