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Togliendosi dalla mente Gareth — perché era andata alla sua tenda? Sarebbe stato molto più semplice stendersi nella propria nell’accampamento delle Sorelle, per ammassato che fosse, o perfino tener compagnia alla piangente Chesa, anche se, ripensandoci, quello sarebbe potuto essere troppo per lei. Siuan non riusciva a tollerare il pianto, e la cameriera di Egwene non voleva smettere —, togliendosi con fermezza dalla mente Gareth, si passò frettolosamente una spazzola tra i capelli, si cambiò la sottoveste con una pulita e si vestì quanto rapidamente poteva nella luce fioca. Il suo semplice abito azzurro per cavalcare era stropicciato e per di più macchiato di fango sull’orlo — era andata al fiume a vedere la barca con i suoi occhi —, ma non spese tempo a pulirlo e lisciarlo con il Potere. Doveva sbrigarsi.

La tenda era tutt’altro che l’ambiente spazioso che ci si sarebbe aspettati da un generale, perciò sbrigarsi significò sbattere il fianco contro lo spigolo dello scrittoio tanto forte che una delle gambe quasi si ripiegò sotto di lei prima che potesse afferrarla, per poco non inciampando sul seggiolino pieghevole, l’unica cosa che assomigliava a una sedia, e urtando gli stinchi contro i forzieri borchia li di ottone che giacevano sparpagliali in giro. Seguì un’imprecazione che avrebbe bruciato le orecchie di chiunque l’avesse sentita. Quelle cose servivano a un doppio scopo, come posti a sedere così come contenitori, e uno con la sommità piatta fungeva da lavabo arrangiato con una caraffa bianca e una bacinella. Erano disposte in modo abbastanza disordinato, ma che per lui aveva senso. Solo Gareth riusciva a districarsi attraverso quel labirinto al buio pesto. Chiunque altro si sarebbe rotto una gamba cercando di raggiungere il suo letto. Siuan supponeva che dovesse temere gli assassini, anche se non lo aveva mai espresso.

Raccogliendo il suo mantello scuro da sopra uno dei forzieri e piegandolo sopra il suo braccio, si soffermò sul punto di spegnere la lanterna con un flusso di Aria. Per un momento fissò il secondo paio di stivali ai piedi del suo letto.

Incanalando un’altra piccola sfera di luce, la indirizzò vicino agli stivali. Come aveva pensato. Lucidati di fresco. Quel dannato uomo insisteva che lei ripagasse il suo debito, poi si intrufolava alle sue spalle — o peggio sotto il suo naso mentre lei dormiva — e lucidava i propri maledetti stivali! Gareth dannato Bryne la trattava come una domestica e non aveva mai nemmeno tentato di baciarla!

Balzò in piedi, con la bocca che si irrigidiva come una fune di ormeggio. Da dove mai era venuto fuori quel pensiero? Non aveva importanza quello che diceva Egwene: lei non era innamorata di Gareth dannato Bryne! Non lo era! Aveva troppo lavoro da fare per rimanere invischiata in quel genere di frivolezze. Ecco perché hai smesso di indossare abiti ricamati, suppongo, sussurrò una vocina in fondo alla sua testa. Tutti quei begli abiti, stipati nei forzieri perché hai paura. Paura? Che fosse folgorata se aveva paura di lui o di qualunque uomo!

Incanalando con particolare attenzione Terra, Fuoco e Aria, posò il flusso sugli stivali. Fino all’ultimo frammento di lucido e anche buona parte della tinta vennero via e formarono una nitida sfera luccicante che fluttuò nell’aria, lasciando il cuoio decisamente grigio. Per un momento meditò di depositare quella palla fra le sue coperte. Quella sì che sarebbe stata una sorpresa adeguata per lui quando si fosse messo a letto!

Sospirando aprì con una spinta il lembo della tenda e portò la sfera fuori al buio, lasciandola cadere a terra in uno spruzzo. Quell’uomo si comportava in modo brusco ed estremamente irrispettoso quando lei si lasciava trasportare eccessivamente dalla collera, come Siuan aveva scoperto la prima volta che lo aveva colpito sulla testa con gli stivali che lei stava pulendo, e quando l’aveva fatta arrabbiare a tal punto che gli aveva messo il sale nel te. Un bel po’ di sale, ma non era stata colpa sua se lui andava tanto di fretta da tracannare tutta la tazza in un sorso solo. Poi pareva che non gli importasse mai quando lei urlava, e alle volte le urlava di rimando — a volte si limitava a sorridere, cosa che la faceva davvero infuriare! — eppure aveva i suoi limiti. Lei avrebbe potuto fermarlo con un semplice flusso di Aria, naturalmente, ma Siuan aveva il proprio onore quanto Gareth aveva il suo, che fosse folgorato! A ogni modo, lei doveva stargli vicino. L’aveva detto Min, e quella ragazza sembrava infallibile. Quella era l’unica ragione per cui non aveva ficcato a Gareth Bryne una manciata d’oro giù per la gola e gli aveva detto che quella era la sua paga e che fosse folgorato! L’unica ragione! A parte il suo onore, ovviamente.

Sbadigliando, lasciò la pozzanghera scura a luccicare nella fredda luce lunare. Se lui l’avesse calpestata prima che si seccasse e avesse trascinato quello sporco all’interno, la colpa sarebbe stata sua e non di Siuan. Almeno la puzza di zolfo era diminuita un poco. I suoi occhi avevano smesso di lacrimare, anche se quello che riusciva a vedere era un trambusto.

Quell’accampamento scomposto e ammantato dalla notte non era mai stato molto ordinato. I solchi delle strade erano piuttosto lineari, vero, e ampi per dei soldati in movimento, ma per il resto era sempre sembrato uno spiegamento di tende e rozzi ripari. Ora sembrava molto simile a come sarebbe stato sotto attacco. Tende crollate giacevano ovunque, alcune gettate sopra altre ancora montate, anche se buona parte di esse erano ormai storte, e dozzine di carri e carretti erano stesi su un fianco o ribaltati. Da ogni parte voci chiedevano aiuto per i feriti, di cui pareva esserci un discreto numero. Alcuni uomini zoppicavano lungo la strada di fronte alla tenda di Gareth sorretti da altri uomini, mentre diversi gruppetti si affrettavano in giro a portare coperte da usare come lettighe. Più in lontananza poteva vedere per terra quattro sagome sotto alle coperte, accanto a tre delle quali alcune donne inginocchiate dondolavano avanti e indietro mentre piangevano.

Siuan non poteva fare nulla per i morti, ma poteva offrire agli altri la sua capacità di Guarire. Non era tra le sue doli maggiori, non essendo affatto forte, anche se sembrava esserle tornata pienamente quando Nynaeve l’aveva Guarita, tuttavia dubitava che ci fosse un’altra Sorella nell’accampamento. Parecchie di loro evitavano i soldati. La sua abilità sarebbe stata meglio di niente. Avrebbe potuto, ma aveva delle notizie da riferire. Era necessario che raggiungessero le persone giuste il prima possibile. Perciò chiuse le orecchie ai gemiti e ai pianti, ignorando braccia che penzolavano e stracci avvolti attorno a teste sanguinanti, e si precipitò verso le linee dei cavalli al margine dell’accampamento, dove l’odore stranamente dolce dello stereo stava iniziando a coprire quello di zolfo. Un tizio scarno e non rasato, con uno sguardo smunto e il volto scuro, cercò di superarla in tutta fretta, ma lei lo prese per la ruvida manica della sua giacca.

«Sellami il cavallo più mansueto che puoi trovare» gli disse «e fallo ora.» Bela sarebbe stata perfetta, ma non aveva idea di dove fosse legata fra tutti quegli animali la robusta giumenta e non aveva intenzione di aspettare che venisse trovata.

«Vuoi fare una cavalcata?» le chiese incredulo, liberando la propria manica con uno strattone. «Se possiedi un cavallo, sellatelo da sola, se sei tanto sciocca. Io ho davanti a me il resto della notte al freddo per curare quelli che sono rimasti feriti, e saremo fortunati se nessuno di loro muore.»

Siuan digrignò i denti. Quell’imbecille l’aveva presa per una delle cucitrici. O una delle mogli. Per qualche ragione, quello sembrava peggio. Siuan sollevò il proprio pugno di fronte alla sua faccia così in fretta che lui si ritrasse con un’imprecazione, ma lei gli mise la mano così vicina al naso che l’anello del Gran Serpente doveva essere l’unica cosa che l’uomo era in grado di vedere. Quello incrociò gli occhi fissandolo. «L’animale più mansueto che riesci a trovare» disse in tono perentorio. «Ma in fretta.»