L’anello servì allo scopo. L’uomo deglutì, poi si grattò la testa e guardò lungo le linee dei cavalli, dove ogni animale pareva stesse scalpitando o tremando. «Mansueto» borbottò. «Vedrò quello che posso fare, Aes Sedai. Mansueto.» Toccandosi la fronte con le nocche, si affrettò lungo le file di cavalli ancora bofonchiando tra sé.
Siuan stessa borbottò un poco mentre lui andava avanti e indietro, tre falcate da una parte e tre dall’altra. Neve ridotta in poltiglia e gelata di nuovo scricchiolò sotto le sue robuste scarpe. Da quello che vedeva, potevano occorrergli ore per trovare una bestia che non l’avrebbe disarcionata se avesse udito un grugnitore saltare. Drappeggiandosi il mantello attorno alle spalle, assicurò al suo posto la piccola spilla d’argento circolare con una mossa impaziente, quasi pungendo il suo stesso pollice. Aveva paura, eh? Gliel’avrebbe fatta vedere a Gareth dannato, dannato Bryne! Avanti e indietro, avanti e indietro. Forse avrebbe dovuto percorrere a piedi quel lungo tragitto. Sarebbe stato sgradevole, ma meglio che essere sbalzata giù dalla sella e forse rompersi delle ossa nel cadere. Non aveva mai montato un cavallo, inclusa Bela, senza pensare a ossa rotte. Ma il tizio tornò con una giumenta scura, bardata con una sella dall’arcione alto.
«È mansueto?» domandò Siuan in tono scettico. L’animale stava procedendo come se fosse pronto a sobbalzare e pareva avere il pelo lucido. Questo di solito indicava velocità.
«Nightlily è docile come acqua cheta, Aes Sedai. Appartiene a mia moglie, e Nemaris è un tipino delicato. Non le piace una cavalcatura vivace.»
«Se lo dici tu» replicò lei, poi tirò su col naso. Stando alla sua esperienza, di rado i cavalli erano docili. Ma non c’era altro da fare.
Prendendo le redini, si arrampicò goffamente sulla sella, poi dovette cambiare posizione in modo da non star seduta sul proprio mantello e quasi strangolarsi ogni volta che si spostava. La giumenta sobbalzava, comunque lei muovesse le redini. Era certa che l’avrebbe fatto. Stava già cercando di romperle le ossa. Una barca, con un remo o due... quella sì che andava dove volevi e si fermava quando volevi, a meno di non essere dei completi ignoranti su maree, venti e correnti. Ma i cavalli avevano dei cervelli, per quanto piccoli, e questo voleva dire che potevano mettersi in testa di ignorare redini e finimenti e quello che il loro cavaliere voleva. Bisognava tenerne conto quando si stava a cavalcioni su uno di quei dannati animali.
«Una cosa, Aes Sedai» disse l’uomo mentre lei cercava di trovare una posizione confortevole. Perché le selle sembravano sempre più dure del legno? «Io la manterrei al passo stanotte, se fossi in te. Quel vento, sai, e tutto quel fetore... be’, lei potrebbe essere appena un tantino...»
«Non c’è tempo» disse Siuan e diede di talloni. Nightlily, la giumenta docile come acqua cheta, balzò avanti così veloce che lei fu quasi scagliata all’indietro oltre l’arcione. Riuscì a restare in sella solo afferrandosi rapida al pomolo. Le parve di sentire il tipo urlarle dietro qualcosa, ma non poteva esserne certa. Per la Luce, cosa intendeva questa Nemaris per cavallo vivace? La giumenta galoppò fuori dall’accampamento come se stesse cercando di vincere una corsa, galoppò verso la luna che tramontava e Montedrago, uno spuntone scuro contro il cielo stellato.
Col mantello che sventolava dietro di lei, Siuan non fece alcuno sforzo per rallentarla, conficcando di nuovo i suoi talloni e sferzando il collo della giumenta con le redini come aveva visto fare ad altri per incitare il cavallo ad andare più veloce. Doveva raggiungere le Sorelle prima che qualcuno facesse qualcosa di irreparabile. Le vennero in mente fin troppe possibilità. La giumenta galoppò oltre piccoli boschetti, minuscoli villaggi e fattorie sparse con i loro pascoli e campi recintati da muretti di pietra. Riparati sotto tetti di ardesia coperti di neve, dietro muri di pietra o di mattoni, coloro che vi risiedevano non erano stati svegliati da quel vento feroce: ogni edificio era buio e immobile. Perfino le dannate mucche e pecore si stavano probabilmente godendo una serena notte di sonno. I contadini avevano sempre mucche e pecore. E maiali.
Ballonzolando sul duro cuoio della sella, Siuan cercò di spingersi in avanti sul collo della giumenta. Era così che andava fatto: lo aveva visto. Quasi all’istante perse la staffa sinistra e quasi scivolò giù da quel lato, riuscendo a malapena ad afferrarsi fino a rimettere il piede al suo posto. L’unica cosa da fare era starsene seduta, con una mano serrata sul pomolo in una stretta mortale, l’altra ancora di più sulle redini. Il suo mantello svolazzante la strattonava scomodamente contro la gola e lei era sballottata su e giù tanto forte che i denti le schioccavano se apriva la bocca al momento sbagliato, ma si tenne aggrappata e spronò perfino l’animale un’altra volta. Ah, Luce, all’alba chissà come sarebbe stata coperta di lividi da giungere quasi in fin di vita. Procedette nella notte, colpendo la sella a ogni falcata rimbalzante della giumenta. Almeno i suoi denti serrati le impedirono di sbadigliare.
Alla fine le linee dei cavalli e le file di carri che circondavano l’accampamento delle Aes Sedai apparvero fuori dall’oscurità attraverso gli alberi e, con un sospiro di sollievo, lei tirò le redini con quanta forza poteva. Per un cavallo che si muoveva così rapido, di certo ci sarebbe voluto uno strattone bello forte per fermarlo. Nightlily si fermò sì, ma così bruscamente che si sarebbe ribaltata se non si fosse impennata allo stesso tempo. Strabuzzando gli occhi, Siuan rimase aggrappata al collo dell’animale finché questo non tornò a poggiare per terra tutti e quattro gli zoccoli. E anche per un po’ di tempo dopo.
Si accorse anche che Nightlily aveva il respiro affannoso. Ansimava, in effetti. Siuan non provò alcuna compassione. Quello sciocco animale aveva tentato di ucciderla, proprio come facevano i cavalli! Le occorse un momento per riprendersi, ma poi rimise dritto il mantello, raccolse le redini e condusse l’animale oltre i carri e le lunghe linee di cavalli a un’andatura placida. Sagome di uomini si muovevano nell’oscurità lungo le linee dei cavalli, senza dubbio stallieri e maniscalchi che si stavano occupando degli animali visibilmente turbati. La giumenta pareva più docile adesso.
Mentre entrava nell’accampamento vero e proprio, esitò solo un momento prima di abbracciare saidar. Strano pensare a un campo pieno di Aes Sedai come pericoloso, eppure due Sorelle erano state assassinate lì. Considerando le circostanze delle loro morti, pareva improbabile che trattenere il Potere sarebbe stato sufficiente a salvarla se fosse stata il prossimo obiettivo, ma saidar dava almeno un’illusione di sicurezza. Sempre che si ricordasse che si trattava solo di un’illusione. Dopo un momento in tessé i flussi di Spirito che avrebbero nascosto la sua abilità e il bagliore del Potere. Non c’era nessun bisogno di sbandierarlo, dopotutto.
Perfino a quell’ora, con la luna bassa a occidente, c’erano alcune persone in giro per le passerelle di legno, servitrici e operai che si affrettavano per i loro compiti così tardi. O forse ora sarebbe stato meglio dire così presto. Parecchie tende, quasi di ogni dimensione e forma immaginabili, erano buie, ma un certo numero di quelle più grandi filtravano la luce di lampade o candele. Non era sorprendente, date le circostanze. Ogni tenda illuminata aveva degli uomini attorno, oppure radunati di fronte. Custodi. Nessun altro poteva rimanere così immobile da sembrare invisibile nella notte, specialmente non in quella così gelida. Col Potere che la riempiva, lei fu in grado di distinguerne altri, con i loro mantelli da Custode che li facevano svanire nelle ombre. Non era affatto sorprendente, tra le Sorelle assassinate e quello che i legami con le Aes Sedai dovevano star trasmettendo loro. Siuan sospettava che più di una Sorella fosse pronta a strappare i suoi capelli, o quelli di qualcun altro. Quelli si accorsero di lei, voltandosi per seguire il suo passaggio mentre cavalcava lentamente guardinga lungo i solchi ghiacciati.