— Perché?
— Perché ultimamente aveva diretto gli uffici della stazione, mentre io mi trovavo sulla Porta dell’Infinito. Dopo tre anni c’erano problemi di gestione e di rapporti gerarchici negli uffici della società, qui. Ho pensato che una breve assenza potesse sistemare tutto, e avevo bisogno di qualcuno, negli uffici delle miniere, che potesse assumersene la responsabilità, se le comunicazioni si fossero interrotte. L’ho fatto per motivi interni e per sicurezza.
— Non per controbilanciare la presenza nella stazione di un uomo chiamato Jessad?
Il cuore di Jon Lukas quasi si arrestò. Scosse la testa, con calma. — Non so di cosa stia parlando, comandante Mazian. Se vuole avere la cortesia di rivelarmi la fonte delle sue informazioni…
Mazian fece un gesto e qualcuno entrò. Jon alzò la testa e vide Bran Hale, che cercava di evitare il suo sguardo.
— Vi conoscete? — chiese Mazian.
— Quest’uomo — disse Jon, — è stato allontanato dalla Porta dell’Infinito per cattiva amministrazione e ammutinamento. Io ho tenuto conto dei suoi ottimi precedenti, e l’ho assunto. Temo che la mia fiducia sia stata mal riposta.
— Il signor Hale si è rivolto all’Africa con l’intenzione di arruolarsi… affermava di avere certe rivelazioni da fare. Ma lei nega recisamente di conoscere un certo Jessad.
— Lasci che sia il signor Hale a parlare delle sue conoscenze. Questa è una montatura.
— E un certo Kressich, consigliere di Q?
— Come ho spiegato, il signor Kressich era nella centrale di comando.
— E anche Jessad.
— Poteva essere una delle guardie di Kressich. Non ho chiesto i loro nomi.
— Signor Hale?
Bran Hale si fece scuro in volto. — Confermo quanto ho detto, signore.
Mazian annuì lentamente ed estrasse la pistola. Jon si allontanò dal tavolo, e i soldati che gli stavano alle spalle lo costrinsero a sedere di nuovo. Jon fissò la pistola, paralizzato.
— Dov’è Jessad? Come si è messo in contatto con lui? Dov’è andato?
— Hale ha inventato tutto…
La sicura della pistola scattò.
— Mi avevano minacciato — mormorò Jon. — Mi hanno costretto a collaborare. Si sono presi uno della mia famiglia.
— Quindi ha consegnato suo figlio.
— Non avevo scelta.
— Hale — disse Mazian, — lei, i suoi compagni e il signor Lukas potete andare nel compartimento accanto. E registreremo tutto. Lasceremo che lei e il signor Lukas risolviate la cosa in privato; e quando l’avrà risolta, lo porteremo di nuovo qui.
— No — disse Jon. — No. Dirò tutto quello che so.
Mazian fece un cenno. Jon cercò di aggrapparsi al tavolo, gli uomini che stavano dietro di lui lo sollevarono di peso. Resistette, ma lo portarono fuori, nel corridoio. C’era tutto il gruppo di Hale.
— Faranno lo stesso con voi! — gridò Jon, verso la sala dove gli ufficiali dell’Europe erano ancora seduti al tavolo. — Prendetelo con voi e vi servirà allo stesso modo. Sta mentendo!
Hale l’afferrò per un braccio, e lo spinse nella stanza che li attendeva. Gli altri li seguirono e chiusero la porta.
— È pazzo — disse Jon. — Lei è pazzo, Hale.
— E lei ha perduto la partita — disse Hale.
L’ammiccare delle luci, il rumore dei ventilatori, le comunicazioni occasionali delle altre navi… tutto ciò evocava immagini familiari, quasi uscite da un sogno, come se Pell non fosse mai esistita, come se quella fosse l’Estelle e gli altri, intorno a lei, voltandosi potessero mostrare volti che conosceva dall’infanzia. Elene attraversò l’affollato centro di comando della Finity’s End e si accostò a una consolle per osservare lo schermo. Era ancora intontita dalle droghe. Si premette una mano sul ventre, presa da una nausea inconsueta. Il balzo non aveva fatto male al piccino… non gli avrebbe fatto male. Le donne dei mercantili lo avevano dimostrato tante volte, perché avevano una costituzione robusta ed erano abituate da sempre a quelle tensioni; per nove decimi era questione di nervi, e le droghe non erano molto pesanti. Non avrebbe perduto il bambino; non voleva neppure pensarlo. Le sue pulsazioni ridivennero normali dopo la breve camminata e le ondate di nausea si placarono. Vide apparire un altro punto luminoso sullo schermo. I mercantili stavano scivolando verso il punto zero, come quando avevano lasciato Pell, acquisendo freneticamente tutta la velocità che potevano accumulare nello spazio reale, all’inizio del balzo, per precedere gli altri che stavano arrivando come un’ondata gigantesca. Ma se qualcuno avesse sbagliato i calcoli, se qualche idiota spinto dalla fretta fosse rientrato nello spazio reale in un punto troppo vicino, entrambi avrebbero semplicemente cessato di esistere, sarebbero finiti disintegrati. Elene l’aveva giudicata sempre una fine orribile. E ancora per qualche minuto, quella fine sarebbe stata una possibilità.
Ma adesso stavano arrivando sempre più numerosi, seguendo un ordine ragionevole. Forse avevano perso qualche nave, attraversando la zona della battaglia: Elene non era in grado di dirlo.
La nausea la colpì di nuovo, poi passò. Elene deglutì diverse volte, decisa a ignorarla, e girò gli occhi su Neihart, che aveva lasciato i comandi della nave al figlio e stava venendo verso di lei.
— Ho una proposta — gli disse. — Mi lasci di nuovo usare il comunicatore. Non andiamocene da qui. Guardi quanti ci stanno seguendo, comandante. Quasi tutti i mercantili che facevano servizio per le stazioni dell’Anonima. Siamo un bel numero, no? E se vogliamo, possiamo arrivare ancora più lontano.
— Che cos’ha in mente?
— Propongo di difendere i nostri interessi. Cominciamo a interrogarci seriamente, prima di andarcene da qui. Abbiamo perduto le stazioni da cui dipendevamo. Quindi dobbiamo lasciare che la Confederazione prenda il sopravvento, e ci dia ordini… solo perché non possiamo competere con la sue nuove navi statalizzate? E i confederati potrebbero mettersi in testa questa idea se ci rivolgessimo a loro chiedendo umilmente il permesso di servire le loro stazioni. Ma finché la situazione è incerta, possiamo far sentire la nostra voce, e scommetto che alcuni dei cosiddetti mercantili confederati capiscono che cosa si prepara, così come lo vediamo noi. Possiamo arrestare il traffico, per tutti i mondi e per tutte le stazioni… Possiamo bloccarli. Per mezzo secolo ci hanno tiranneggiati, Neihart, per mezzo secolo siamo stati i bersagli di ogni nave da guerra che non avesse voglia di riconoscere la nostra neutralità. E che cosa otterremo, quando i militari si prenderanno tutto? Mi dà accesso al comunicatore?
Neihart rifletté a lungo. — Se andrà male, Quen, si saprà qual è stata la nave che l’ha proposto. E per noi saranno guai.
— Lo so — disse Elene, con voce rauca. — Ma lo chiedo egualmente.
— Il comunicatore è suo, se vuole.
Signy si girò, inquieta, e urtò un corpo addormentato, una spalla, un braccio inerte. Per un momento non ricordò chi fosse, nella confusione del dormiveglia. Graff, concluse alla fine. Graff. Si sistemò comodamente contro di lui. Avevano lasciato il turno insieme. Tenne gli occhi aperti per un momento, fissando la parete buia, la fila degli armadietti, la luce fioca della lampada… non le piacevano le immagini che vedeva dietro le palpebre chiuse, quell’odore familiare della morte che non riusciva a scacciare.
Loro tenevano Pell, mentre l’Atlantic e la Pacific facevano la ronda con tutti i ricognitori della flotta, e così loro potevano dormire. Signy si augurava che fosse toccato alla Norway, il servizio di ronda. Il povero Di Janz aveva il comando dei moli, e dormiva nell’accesso di prua, quando aveva il tempo di chiudere occhio. Le sue truppe erano sparse sui moli, ed erano di pessimo umore. I diciassette feriti e i nove morti a causa dell’insurrezione del settore Q non miglioravano il loro stato d’animo. Continuavano a fare i loro turni di guardia. A parte questo, Signy non faceva progetti. All’arrivo delle navi della Confederazione, perché sicuramente sarebbero arrivate, la Flotta avrebbe reagito come aveva già fatto in altre situazioni spiacevoli… sparare sui bersagli che si potevano colpire e tenere aperte il più a lungo possibile le altre prospettive. La decisione spettava a Mazian, non a lei.