— E allora diamo un esempio — disse Kreshov. — Facciamo fuori quel bastardo. È un guaio che ci minaccia.
— In questo momento — disse lentamente Porey, — Konstantin e la sua squadra lavorano diciotto ore al giorno… con efficienza, in fretta e bene. Questo non l’otterremmo con altri metodi. Lo liquideremo quando le cose potranno funzionare senza di lui.
— E lui lo sa?
Porey alzò le spalle. — Vi dirò io perché abbiamo in pugno il signor Emilio Konstantin. C’è un luogo dove stanno parecchi indigeni e il resto degli umani. Un ottimo bersaglio. E lui lo sa.
Mazian annuì. — Konstantin è un problema minimo. Abbiamo preoccupazioni ben più gravi. E questo è il secondo problema da discutere. Se possiamo evitare altre irruzioni contro le nostre truppe… preferirei cercare i sovversivi e i dirigenti fuggitivi della stazione.
Signy avvampò in viso, ma mantenne un tono calmo. — Il nuovo sistema sta entrando in funzione il più rapidamente possibile. Il signor Lukas collabora. Abbiamo identificato 14.947 individui fino a questa mattina, e abbiamo consegnato loro le nuove carte. C’è un sistema di tessere completamente nuovo e nuovi codici individuali con serrature a voce per certi impianti. Preferirei che ci fosse qualcosa di meglio, ma le unità di Pell non sono adatte. Altrimenti, non avremmo neppure avuto questo problema di sicurezza.
— Ed è possibile che abbiate consegnato le carte a quel Jessad?
— No. Non è probabile. Quasi tutti i fuggitivi si stanno trasferendo nelle aree non ancora modificate, dove continuano a funzionare le loro tessere rubate… per il momento. Li troveremo. Abbiamo un identikit di Jessad e le fotografie degli altri. Credo che fra una settimana o due cominceremo l’azione finale.
— Ma tutte le aree operative sono sicure?
— Le disposizioni di sicurezza per la centrale di Pell sono risibili. Ho presentato raccomandazioni perché vengano apportate modifiche.
Mazian annuì. — Quando potremo distaccare operai dalle riparazioni dei danni. La sicurezza del personale?
— L’eccezione più vistosa è la presenza degli indigeni nell’area isolata di azzurro uno quattro. La vedova di Konstantin, sorella di Lukas. È invalida, e gli indigeni sono disposti a fare di tutto per proteggerla.
— Questa è una lacuna — disse Mazian.
— Ho un collegamento diretto con lei. Collabora in pieno, mandando gli indigeni nelle aree necessarie. In questo momento ci è utile, come suo fratello.
— Finché lo sono entrambi — disse Mazian, — valgono le stesse condizioni.
Poi vennero le discussioni di dettagli noiosi che avrebbero potuto essere sbrigati dai computer. Signy sopportò, cupamente; aveva il mal di testa e la pressione le gonfiava le vene delle mani, ma continuava a prendere appunti e ad intervenire.
Viveri, acqua; pezzi di ricambio… ogni nave stava facendo un carico completo per prepararsi a fuggire di nuovo, se fosse stato necessario. Le riparazioni dei danni più gravi e altre riparazioni di minor conto che erano state rinviate a lungo nel corso delle operazioni. Revisione completa, pur mantenendo la Flotta mobile il più possibile.
La difficoltà più grave era costituita dai rifornimenti. Settimana dopo settimana, la speranza che i mercantili più ardimentosi tornassero era diminuita. C’erano sette navi che tenevano una stazione e un pianeta, ma pochi mercantili ad autonomia limitata per rifornirle, con la loro unica fonte di certi manufatti… quelli che gli stessi mercantili avevano a bordo per uso proprio.
Erano assediati, senza i mercantili che li aiutassero, i mercantili a grande autonomia che avevano continuato ad andare e venire liberamente anche nei momenti peggiori della guerra. Adesso non potevano sperare di arrivare alle stazioni delle Stelle delle Retrovie… e anche là restava ben poco. Erano vecchie, saccheggiate, e alcune probabilmente erano diventate instabili… dopo tanto tempo che nessuno se ne occupava. Da sole, le navi da guerra non potevano fare tutto il lavoro di trasporto necessario. Senza i mercantili a grande autonomia, Pell era l’unica stazione funzionante che ancora rimaneva, escluso Sol.
Pensieri sgradevoli passavano per la mente di Signy Mallory, come succedeva regolarmente da quando le operazioni, a Pell, avevano cominciato ad andar male. Di tanto in tanto alzava gli occhi verso Mazian, e verso la faccia magra e preoccupata di Tom Edger. L’Australia di Edger accompagnava l’Europe più spesso di tutte le altre… da molto tempo. Edger era al secondo posto in ordine di anzianità, mentre lei era al terzo; ma c’era un abisso fra secondo e terzo. Edger non parlava mai in consiglio. Non aveva mai niente da dire. Parlava con Mazian in privato, gli dava suggerimenti, era l’eminenza grigia: Signy lo sospettava da un pezzo. Se c’era qualcuno, tra i presenti, che conosceva le intenzioni di Mazian, quello era Edger.
L’unica stazione, oltre a Sol.
Dunque erano in tre a saperlo, pensò cupamente, e non disse nulla. Avevano fatto molta strada… dalla Flotta dell’Anonima a questo. Sarebbe stata un’enorme sorpresa, per i bastardi dell’Anonima, sulla Terra e sulla stazione di Sol, trovarsi la guerra sulla porta di casa… veder prendere la Terra come era stata presa Pell. E sette navi potevano riuscirci, contro un mondo che aveva rinunciato ai voli interstellari, e che aveva, come Pell, soltanto mercantili ad autonomia limitata e pochi caccia… con la Confederazione che stava arrivando alle loro calcagna. La Terra era una casa di vetro. Non poteva combattere… e vincere.
Signy non perdeva il sonno, per questo. Non ne aveva l’intenzione. Era sempre più convinta che l’intera operazione di Pell servisse solo per tenere occupato il personale, che Mazian stesse facendo esattamente quello che lei aveva sempre consigliato: tenere occupati gli equipaggi e i comandanti e le truppe, mentre la vera operazione era quella sulla Porta dell’Infinito e quello che Mazian progettava di fare con le miniere e i mercantili, la raccolta degli approvvigionamenti, le riparazioni, l’identificazione del personale della stazione, la cattura dei fuggitivi che potevano comparire all’improvviso e facilitare la presa di possesso da parte della Confederazione. Il suo lavoro.
Ma non c’erano mercantili da requisire e da usare per il trasporto, e nessuna nave da guerra era disposta a diventare un mezzo per caricare i profughi. Non potevano. Non c’era posto. Non era poi così strano che Mazian non parlasse, rifiutasse di parlare dei piani d’emergenza che, sotto vari pretesti, erano già in atto. Andava prendendo forma un copione: il computer della stazione esploso, perché loro avevano tutte le nuove chiavi del computer; la base della Porta dell’Infinito gettata nel caos con l’eliminazione dell’unico uomo che la teneva insieme, e il massacro di quella moltitudine radunata, umani e indigeni, in modo che gli indigeni non avrebbero lavorato mai più per gli uomini; la stazione lanciata in un’orbita discendente; e loro che correvano verso un punto di balzo, con uno schermo di mercantili che potevano causare solo intralci alla navigazione. Un balzo per raggiungere le Stelle delle Retrovie e poi, in rapida successione, lo stesso Sol…
Mentre la Confederazione doveva decidere se voleva salvare per se stessa una stazione affollata e una base, e lottare contro il caos sulla Porta dell’Infinito, che avrebbe ridotto alla fame la stazione, anche se ci fossero stati aiuti… o lasciar morire Pell e lanciarsi all’attacco, senza avere alle spalle una base più vicina di Viking… una distanza enorme dalla Terra.
Bastardo, disse fra sé a Mazian, guardandolo di sottecchi. Era tipico di Mazian, anticipare le mosse dell’avversario e pensare l’impensabile. Era il migliore. Lo era sempre stato. Signy gli sorrise, mentre lui dava ordini secchi e precisi, ed ebbe la soddisfazione di vedere il grande Mazian che per un momento perdeva il filo dei suoi pensieri. Poi Mazian si riprese e proseguì, ma di tanto in tanto continuò a lanciarle occhiate, dapprima perplesso, e poi con crescente calore.