Nella sala scese un profondo silenzio.
— Comandante, detesto parlare di corte marziale.
Signy si lasciò sfuggire un sorriso. — Se voi dell’Anonima avete voglia di fare un sopralluogo, provo la tentazione di prendervi a bordo. Forse vi farebbe bene. Forse potreste ampliare la prospettiva della Madre Terra; e forse noi potremmo ottenere qualche altra nave.
— Lei non è in grado di fare simili richieste e noi non possiamo prenderle in considerazione. Non siamo qui per vedere solo quello che altri decidono di mostrarci. Vedremo tutto, comandante, le piaccia o no.
Signy piantò le mani sui fianchi e li guardò bene in faccia. — Il suo nome, signore.
— Segust Ayres, del Consiglio di Sicurezza, secondo segretario.
— Secondo segretario. Bene, vedremo quanto spazio riusciremo a trovare. Niente bagagli, oltre all’equipaggiamento minimo. Sia chiaro. Niente fronzoli. Andrete dove andrà la Norway. Io non prendo ordini da nessuno, escluso Mazian.
— Comandante — intervenne un altro, — chiediamo la sua collaborazione.
— Avrete quella che io vi darò, e niente di più.
Vi fu un improvviso silenzio e un lento brusio si levò dai banchi. Ayres diventò ancor più paonazzo; la dignità che aveva irritato Signy era sempre più alterata. — Lei fa parte dell’Anonima, comandante, ed è dall’Anonima che ha avuto il suo grado. L’ha dimenticato?
— Sono il terzo comandante della Flotta, signor secondo segretario, quindi sono un militare, e lei non lo è. Ma se ha intenzione di venire, sia pronto fra un’ora.
— No, comandante — dichiarò con fermezza Ayres. — Accettiamo il suo consiglio: noleggeremo un mercantile. È così che siamo arrivati da Sol. I mercantili vanno dove decide chi li noleggia.
— È ragionevole, non ne dubito. — Bene. Quel problema era risolto. Signy immaginava la costernazione di Mazian, se si fosse trovato quelli tra i piedi. Guardò Angelo Konstantin. — Io ho concluso la mia missione qui. Me ne vado. Ogni eventuale messaggio verrà inoltrato.
— Comandante. — Angelo Konstantin lasciò il suo posto, tendendo la mano: una cortesia insolita, ancora più strana considerando ciò che gli aveva fatto Signy, scaricando i profughi. Lei accettò quella ferma stretta di mano e incontrò gli occhi ansiosi dell’uomo. Si conoscevano appena, e si erano incontrati qualche volta, in passato. Angelo Konstantin, cittadino delle Stelle Sperdute da sei generazioni; come il giovane che era sceso ai moli per dare una mano era della settima generazione. I Konstantin avevano costruito Pell; erano scienziati e minatori, costruttori e proprietari. Con quell’uomo e con gli altri come lui, Signy sentiva una specie di legame, nonostante tutte le altre differenze. Erano gli uomini come quelli che la Flotta doveva proteggere.
— Buona fortuna — augurò; e uscì, portando con sé Di e i soldati.
Seguì lo stesso percorso dell’andata, attraverso la zona della quarantena appena istituita, e ritornò nell’ambiente familiare della Norway, dove la legge era quella che lei stessa stabiliva, e non vi erano sorprese. C’erano pochi dettagli da sbrigare ancora, poche questioni da sistemare, gli ultimi doni da lasciare alla stazione: i risultati ottenuti dal suo servizio di sicurezza… rapporti, raccomandazioni, un corpo vivo, e i rapporti recuperati che l’accompagnavano.
Poi mise la Norway in condizione verde, si udì la sirena e i militari che Pell aveva per proteggersi lasciarono la stazione.
Signy esaminò la sequenza delle rotte che aveva impresse nella mente, e che Graff, il suo secondo, conosceva. Non era l’unica evacuazione in corso; la stazione Pan-Paris era affidata a Kreshov; Sung, della Pacific, si era spinto fino a Esperance. Ormai altri convogli erano in viaggio verso Pell, e lei aveva soltanto incominciato l’opera.
L’ondata stava arrivando. Altre stazioni avevano ceduto, al di là della loro portata, al di là di ogni possibilità d’intervento. Portavano via quello che potevano, costringendo la Confederazione a pagare il suo prezzo. Ma secondo la sua valutazione personale, anche loro erano spacciati, e molti di loro non sarebbero sopravvissuti all’attuale manovra. Erano i resti di una Flotta, contrapposti a una potenza che disponeva di risorse inesauribili di vite umane, di rifornimenti e di pianeti, al contrario di loro.
Dopo una lotta tanto lunga… la sua generazione, l’ultima della Flotta, l’ultima del potere dell’Anonima. Lei aveva assistito a quella dissoluzione; aveva lottato per tenere unite la Terra e la Confederazione, il passato dell’umanità… e il futuro. Lottava ancora, con tutte le sue forze e con i mezzi di cui disponeva, ma non sperava più. Qualche volta, pensava addirittura di abbandonare la Flotta, di fare quello che già avevano fatto alcune navi, e di passare alla Confederazione. Era il colmo dell’ironia che la Confederazione fosse diventata lo schieramento pro-spazio di quella guerra, e che l’Anonima fondatrice fosse la sua avversaria; era un’ironia che coloro che più di altri credevano nelle Stelle Sperdute finissero per combattere contro ciò che esse stavano diventando, per morire in nome di un’Anonima che non se ne curava più. Signy era amareggiata; ma da molto tempo aveva smesso di tener conto delle considerazioni politiche, nel discutere l’atteggiamento dell’Anonima.
Un tempo, anni prima, aveva visto le cose in modo diverso, quando aveva guardato come estranea le grandi navi e la loro potenza, quando il sogno dell’esplorazione l’aveva coinvolta, un sogno da molto tempo piegato alle realtà ormai rappresentate dai gradi di comandante dell’Anonima. Da molto tempo s’era resa conto che era impossibile vincere.
Forse, pensò, anche Angelo Konstantin se ne rendeva conto. Forse lui aveva compreso quello che Signy aveva inteso dire, e aveva risposto nell’atto di dirle addio… le aveva offerto un appoggio di fronte alla pressione dell’Anonima. Per un momento, le era parso che fosse così. Forse molti abitanti della stazione sapevano… ma era pretendere troppo, da loro.
Signy aveva tre carte da giocare, e questo richiedeva tempo: una piccola operazione e poi un balzo al rendezvous con Mazian, a una certa data. Se all’operazione iniziale fosse sopravvissuto un numero sufficiente di navi. Se La Confederazione avesse reagito come speravano. Era una pazzia.
La Flotta era sola, senza l’appoggio dei mercantili e delle stazioni, ed era ormai sola da molti anni.
CAPITOLO QUINTO
Angelo Konstantin alzò bruscamente il capo dalla scrivania coperta da appunti sulle situazioni d’emergenza che richiedevano un’attenzione immediata. — La Confederazione? — chiese, sbigottito.
— Un prigioniero di guerra — gli disse il capo della sicurezza che stava impacciato davanti alla scrivania. — Evacuato da Russell. È stato consegnato al nostro servizio di sicurezza separatamente dagli altri. Prelevato da una capsula, una nave piccola, confinato a Russell. La Norway l’ha portato qui… non potevano lasciarlo in mezzo ai profughi. L’avrebbero massacrato. La Mallory ha allegato un appunto al suo fascicolo: Adesso è lui il vero problema. Parole sue, signore.
Angelo aprì il fascicolo, guardò quella faccia giovane, le pagine dei verbali degli interrogatori, la carta d’identità della Confederazione, un pezzo di carta con la firma di Signy Mallory e uno scarabocchio: Giovane e spaventato.
Joshua Halbraight Talley. Operatore ai sistemi di difesa. Nave-sonda della flotta della Confederazione.