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— Prova ancora a passare da quella porta… — sibilò agitato Ngo.

— Emergenza — disse Damon. Josh gli prese il braccio, gentilmente.

— Non pensare a bere, per il momento — disse Josh. — Damon. Vieni qui. Voglio parlarti.

Damon tornò nell’angolo che era il loro territorio, fuori dalla vista degli altri clienti che stavano mangiando. Si udiva un acciottolio di piatti dalla cucina, dov’era ritornata la moglie di Ngo, insieme al figlio. La sala aveva l’odore dell’inevitabile spezzatino — Ascolta — disse Josh quando furono seduti. — Voglio che tu venga con me, dall’altra parte del corridoio. Ho trovato un contatto e credo che possa aiutarci.

Damon tacque un momento. — Con chi hai parlato? Chi conosci?

— Non si tratta di me. Qualcuno ti ha riconosciuto. Vuole il tuo aiuto. Non so come stiano esattamente le cose. Un tuo amico. C’è un’organizzazione… tra quelli del settore Q e quelli di Pell. Molta gente che ti conosce potrebbe essere in grado di aiutarli.

Damon si sforzò di assimilare quelle parole. — Sai quali possibilità avremmo con un’orda di Q… contro le truppe? E perché si sono rivolti a te? Perché te, Josh? Forse hanno paura che riconosca le loro facce e che sappia qualcosa. Non mi piace.

— Damon. Quanto tempo abbiamo? È un rischio. Tutto è un rischio, a questo punto. Vieni con me. Ti prego, vieni con me.

— Controlleranno tutto il settore bianco. Ho fatto scattare l’allarme, laggiù… forse ho ucciso qualcuno. Si agiteranno, cercheranno un tizio che si serve degli accessi…

— Allora quanto tempo può restarci per riflettere? Se non… — Josh s’interruppe, e guardò la moglie di Ngo che stava portando i piatti di spezzatino. — Torniamo subito. Ce lo tenga in caldo.

Due occhi scuri si fissarono su di loro. In silenzio, come sempre, la donna riprese le scodelle e le portò a un altro tavolo.

— Non ci vorrà molto a scoprirlo — disse Josh. — Damon. Ti prego.

— Che cosa intendono fare? Invadere la centrale?

— Causare disordini. Arrivare alla navetta. Organizzare la resistenza sulla Porta dell’Infinito… un piccolo gruppo. Damon, tutto dipende da quello che sai tu. La tua conoscenza del computer e delle gallerie.

— Hanno un pilota?

— Credo di sì.

Damon cercò di riordinare le idee. Scrollò la testa. — No.

— Perché no? Eri tu che parlavi di una navetta. I piani li avevi fatti tu.

— Non voglio un’altra rivolta nella stazione. Non voglio che venga uccisa altra gente, per realizzare un piano che non funzionerà mai…

— Vieni a parlare con loro. Vieni con me. O non ti fidi? Damon, per quanto tempo possiamo aspettare? Non hai ancora sentito tutto.

Damon sospirò. — Verrò — disse. — Temo che cominceranno molto presto a controllare i documenti d’identità nel settore verde. Parlerò con loro. Forse conoscono qualche sistema migliore. Più tranquillo. Sono molto lontani?

— Da Mascari.

— Dall’altra parte del corridoio.

— Sì. Vieni.

Damon lo seguì fra i tavoli.

— Voi — disse bruscamente Ngo quando passarono davanti al bar. Damon si fermò. — Non tornate qui, se dovete portare guai. Chiaro? Vi ho aiutati. Non voglio essere ripagato in questo modo. Chiaro?

— Chiaro — disse Damon. Non c’era tempo di discutere. Josh attendeva accanto alla porta. Uscì e lo raggiunse, guardando a destra e a sinistra; attraversò con lui il corridoio, ed entrò nel locale di Mascari, più buio e più rumoroso.

Un uomo seduto a sinistra dell’entrata si alzò e li raggiunse. — Da questa parte — disse; e dato che Josh lo seguiva senza fare domande, Damon non protestò e andò con loro, in fondo alla sala. Era così buio che era un’impresa evitare le sedie.

In un separé chiuso da una tenda c’era accesa una lampada fioca. Damon e Josh entrarono, ma la loro guida sparì.

Dopo un attimo un altro uomo entrò dietro di loro: era giovane e aveva una cicatrice sulla mascella. Damon non lo conosceva. — Stanno arrivando — disse il giovane; la tenda si scostò di nuovo, ed entrarono altri due uomini.

— Kressich — mormorò Damon. L’altro non lo conosceva.

— Conosce il signor Kressich? — chiese il nuovo arrivato.

— Di vista. Lei chi è?

— Mi chiamo Jessad… il signor Konstantin, vero?

Essere riconosciuto innervosì Damon. Guardò Josh, frastornato. Avrebbero dovuto conoscerlo. Quell’uomo non avrebbe dovuto stupirsi.

— Damon — disse Josh, — quest’uomo viene dal settore Q. Parliamo dei piani. Siediti.

Damon sedette al tavolino, incerto e preoccupato mentre gli altri lo imitavano. Guardò di nuovo Josh. Si fidava di lui. Gli avrebbe affidato la propria vita. Perché non sapeva come usarla altrimenti. E Josh gli aveva mentito. Tutto ciò che sapeva di lui gli diceva che Josh stava mentendo.

C’è una minaccia che incombe su di noi? si chiese angosciosamente, cercando una spiegazione di quella stranezza. — Di che proposta stiamo parlando? — domandò, augurandosi di potersene andare di lì, e di condurre fuori Josh, per chiarire tutto.

— Quando Josh ha detto di avere contatti — disse lentamente Jessad, — non sospettavamo che fosse lei. È molto meglio di quanto osassi sperare.

— Davvero? — Damon resistette all’impulso di guardare di nuovo Josh. — Che cosa spera esattamente, signor Jessad, dal settore Q?

— Josh non gliel’ha detto?

— Josh ha detto di parlare con lei.

— Del modo per riprendersi la stazione?

Damon non cambiò espressione. — Lei è convinto che abbia i mezzi per farlo.

— Io ho gli uomini — intervenne Kressich. — Li ha Coledy. Possiamo radunarne un migliaio in cinque minuti.

— Sa cosa succederebbe, allora — disse Damon. — Ci troveremmo sommersi dai militari. Cadaveri nei corridoi, se non ci butteranno tutti nel vuoto.

— Lei sa — disse Jessad, — che la situazione è interamente in mano loro. Fanno tutto quello che vogliono. Eccettuato lei, non c’è nessuna autorità che possa parlare per la vecchia Pell. Lukas… è spacciato. Dice soltanto quello che Mazian lo costringe a dire. È circondato dalle guardie. Una possibilità sono i cadaveri nei corridoi, è vero. L’altra è la sorte di Lukas, no? Le darebbero discorsi già preparati da leggere. Le permetterebbero di alternarsi con Lukas, o si sbarazzerebbero subito di lei. Dopotutto, hanno già Lukas, e lui accetta gli ordini, no?

— È chiaro, signor Jessad. — E la navetta? pensò Damon, appoggiandosi alla spalliera. Guardò Josh, che lo ricambiò con uno sguardo turbato. Tornò a guardare Jessad. — Qual è la sua proposta?

— Lei ci procuri l’accesso alla centrale. Al resto provvederemo noi.

— Non servirà a niente — disse Damon. — Là fuori ci sono navi da guerra. Non potrà tenerle lontane impadronendosi della centrale. Ci farebbero saltare. Non ci pensa?

— Ho i mezzi per fare in modo che funzioni.

— E allora sentiamo. Faccia la sua proposta, e mi lasci una notte di tempo per riflettere.

— E lasciarla andare in giro, adesso che conosce nomi e facce?

— E lei conosce la mia — disse Damon a Jessad, e vide un lampo nei suoi occhi.

— Fidati di lui — disse Josh. — Funzionerà.

Fuori ci fu uno schianto, più forte della musica del locale. La tenda svolazzò e Coledy piombò sul tavolino, con un foro in mezzo alla fronte. Kressich si alzò di scatto con un urlo di terrore. Damon si buttò indietro, urtando la parete accanto a Josh, e Jessad si portò convulsamente la mano alla tasca. Fuori, le grida si mescolavano alla musica. Un gruppo di soldati armati fino ai denti apparve all’ingresso del separé.