— Lui è qui. Siamo qui tutti e due. Tiralo fuori.
Signy Mallory si appoggiò allo schienale e lo squadrò incuriosita. — Adesso parli — disse. — Non parlavi mai.
Josh non trovò nulla da dire.
— Hanno giocato con la tua mente — commentò lei. — E adesso sei amico di Konstantin, no?
— Mi appello a te — disse Josh con un filo di voce.
— In nome di che cosa?
— Della ragione. Lui vi è utile. E loro lo uccideranno.
Signy lo guardò, socchiudendo le palpebre. — Sei contento di essere di nuovo qui, no? — C’era una chiamata in arrivo, una chiamata che il centro comunicazioni evidentemente non poteva sbrigare.
Signy alzò il sonoro e prese la chiamata. — È scoppiata una rissa da McCarthy — disse una voce.
— C’è Di? — chiese Signy. — Passatemi Di.
— È occupato — disse la voce. Lei fece un cenno alle guardie, dimenticando Talley. Un’altra spia luminosa stava lampeggiando.
— Mallory! — le gridò Talley, mentre lo trascinavano verso la porta.
— Chiamata dall’Europe — disse il comunicatore. — Mazian è in linea.
Signy premette il pulsante. Avevano portato fuori Talley, per chiuderlo da qualche parte, sperava.
— Qui Mallory, Europe.
— Che cosa sta succedendo?
— Ci sono guai al molo, signore. Janz chiede istruzioni, con il suo permesso, signore. — Tolse la comunicazione. — L’hanno colpito — disse una voce su un altro canale. — Comandante, hanno sparato a Di.
Signy strinse il pugno. — Portatelo fuori di lì, portatelo fuori. Con che ufficiale sto parlando?
— Qui Uthup — disse una voce femminile. — Uno dell’Australia ha sparato a Di.
Signy premette un altro pulsante. — Passatemi Edger. Subito!
— Abbiamo oltrepassato la porta — disse la voce della Uthup. — Abbiamo recuperato Di.
— Truppe della Norway, allarme generale. Abbiamo guai sul molo. Presto!
— Qui Edger — disse una voce. — Mallory, richiami i suoi segugi.
— Richiami i suoi, Edger, altrimenti ordinerò di sparare a vista. Hanno colpito Di Janz.
— Ci penserò io — disse Edger, e tolse la comunicazione. L’allarme risuonava nei corridoi della Norway, una sirena rauca, mentre le luci azzurre lampeggiavano. I quadri e gli schermi dell’ufficio stavano prendendo vita, mentre la nave si preparava.
— Stanno arrivando — disse la voce della Uthup. — È ancora vivo, comandante.
— Lo porti a bordo, Uthup, lo porti a bordo.
— Noi andiamo sul posto, comandante. — Questo era Graff, che si dirigeva al molo. Signy cominciò a premere i pulsanti, cercando di inquadrare la situazione sugli schermi e imprecando contro i tecnici: qualcuno doveva averla vista sul video. Finalmente trovò il gruppo che rientrava, portando più di un ferito. Le truppe della Norway si riversarono in fretta sul molo prendendo posizione intorno ai cavi e al tubo d’accesso.
— Il medico è pronto — disse una voce. Vide una figura familiare che raggiungeva le truppe e prendeva il comando. Adesso là fuori c’era Graff. Signy respirò, sollevata.
— L’Europe è ancora in linea — riferì il comunicatore. Signy premette il pulsante.
— Comandante Mallory? Che guerra sta combattendo, là fuori?
— Ancora non lo so, signore. Lo scoprirò appena potrò riportare a bordo le mie truppe.
— Avete preso alcuni prigionieri dell’Australia. Perché?
— Uno è Damon Konstantin, signore. Mi rimetterò in contatto appena saprò qualcosa di Janz. Con il suo permesso, signore.
— Mallory.
— Signore?
— L’Australia ha due vittime. Voglio un rapporto.
— Glielo farò avere appena avrò saputo cos’è successo, signore. Nel frattempo sto mandando truppe al molo verde prima che abbiano guai con i civili.
— L’India sta facendo affluire le sue truppe. Lasci perdere, Mallory, e tenga lontani i suoi. Lontani dai moli. Ritiri le sue truppe. E voglio vederla al più presto, chiaro?
— Con il rapporto, signore. Con il suo permesso, signore.
La spia si spense e il contatto s’interruppe. Signy batté il pugno sulla consolle e spinse indietro la sedia, poi si avviò verso il reparto chirurgia a poca distanza dal corridoio che portava all’ascensore principale.
Era meno grave di quanto avesse temuto. Di aveva il polso regolare, e grazie alle cure immediate sembrava che non corresse pericolo. Una ferita al petto, qualche ustione. Aveva perso parecchio sangue, ma Signy aveva visto di peggio. Un colpo arrivato a segno per caso, in una giuntura della corazza. Andò alla porta, dove attendeva la Uthup, con l’armatura coperta di sangue. — Fuori di qui, tutti quanti — ordinò, spingendoli nel corridoio. — Questo è un ambiente sterilizzato. Chi ha sparato per primo?
— Una maledetta dell’Australia. Era ubriaca e fuori di sé.
— Comandante.
— Comandante — disse la Uthup a denti stretti.
— È ferita, Uthup?
— Qualche ustione, comandante. Mi farò dare un’occhiata quando avranno finito con il maggiore e gli altri, se permette.
— Non vi avevo detto di stare alla larga da quella zona?
— Abbiamo sentito al comunicatore che avevano preso Konstantin e Talley, comandante. Erano agli ordini di un sergente, ed erano ubriachi come i marinai dei mercantili in libera uscita. Il maggiore è entrato, e quelli hanno detto che a noi era proibito l’accesso.
— Basta così — borbottò Signy. — Voglio un rapporto, Uthup; e in base a quello sosterrò le vostre ragioni. Vi avrei spellati vivi se aveste indietreggiato davanti a quei bastardi di Edger. E può riferire che l’ho detto, se vuole. — Si allontanò passando fra le truppe. — Tutto bene. Di è ancora intero. Andatevene e lasciate lavorare i medici. Tornate ai vostri alloggi. Io parlerò con Edger, ma se voi o qualcuno degli altri fa tanto di mettere piede sui moli, vi ammazzo con le mie mani. Avete la mia parola. Via!
Tutti si dispersero. Signy andò in sala comando, e guardò i vari membri dell’equipaggio alle rispettive postazioni. C’era anche Graff, tutto sporco di sangue.
— Si ripulisca — disse lei. — Voi altri restate alle vostre postazioni. Morio, vada a interrogare la Uthup e tutti quelli del distaccamento. Voglio i nomi e l’identità di quelli dell’Australia. Voglio fare una protesta ufficiale, e subito.
— Sì, comandante. — Morio si affrettò a uscire.
Signy rimase in sala comando e si guardò intorno fino a quando tutti chinarono la testa sul lavoro. Graff se ne era andato per rimettersi in ordine. Lei continuò a camminare avanti e indietro fino a quando se ne rese conto, e si fermò.
Doveva presentarsi a Mazian. C’era sangue sulla sua uniforme, il sangue di Di. Alla fine, decise di andare senza pulirsi.
— Il comando passa a Graff — disse bruscamente. — McFarlane, ho bisogno di una scorta che mi accompagni all’Europe. Si sbrighi.
Signy si avviò verso l’ascensore, mentre l’ordine echeggiava nei corridoi. La scorta l’aspettava all’uscita, quindici militari in assetto completo. Passò fra le guardie che sorvegliavano la rampa d’accesso. Non aveva l’armatura. Era un molo sicuro, e lei non ne avrebbe avuto bisogno, ma in quel momento si sarebbe sentita più sicura se avesse attraversato nuda il molo verde.