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— Comandante Mallory — disse Mazian, — faccia quel rapporto a me. Al più presto. In quanto ai prigionieri, non m’interessa cosa ne farà. Poco importa che siano qui o altrove. Ciò che importa è il dissenso. L’ambizione… da parte di alcuni comandanti della Flotta. Le piaccia o no, comandante Mallory, lei si metterà in riga. È vero, abbiamo operato separatamente, e adesso dobbiamo lavorare insieme. E certi spiriti liberi, tra noi, stentano ad accettarlo. Non amano prendere ordini. Lei per me è preziosa. Sa vedere il nocciolo di un problema, no? Sì, si tratta di Sol. E dicendomi questo, spera di entrare a far parte del consiglio ristretto, vero? Vuole essere consultata. Ma per arrivarci, comandante, dovrà imparare a mettersi in riga.

Signy restò immobile, ricambiando lo sguardo di Mazian. — Senza sapere dove sto andando?

— Lo sa dove stiamo andando. L’ha detto.

— Sta bene — disse lei. — Non rifiuto di prendere ordini. — Fissò Tom Edger e poi di nuovo Mazian. — Li accetto, come gli altri. Forse non abbiamo collaborato strettamente in passato, ma sono disposta a farlo.

Mazian annuì; la sua bella faccia d’attore aveva un’espressione affettuosa. — Bene. Bene. Dunque è tutto sistemato. — Si alzò, andò a un armadietto, prese una bottiglia di brandy e i bicchieri, e cominciò a versare. Portò i bicchieri sul tavolo, e ne passò uno a Edger e uno a Signy. — Spero che sia sistemato una volta per tutte — disse, sorseggiando. — Deve essere così. Altri reclami?

Forse Tom Edger aveva qualcosa da dire. Signy lo vide rabbuiarsi, mentre beveva il fuoco liquido del brandy. Sorrise, lievemente. Edger non reagii.

— L’altra questione che ha sollevato — disse Mazian. — Il destino della stazione… sì. E mi auguro che questa informazione non pervenga ad altri.

Ecco la ragione della scena, pensò Signy. — Sì, signore — disse.

— Nessuna formalità. A tempo debito tutti i comandanti riceveranno istruzioni. Lei è una stratega, la migliore sotto molti punti di vista. Avrebbe dovuto essere informata prima. Lo so. Sarebbe già avvenuto, se non ci fosse stato lo spiacevole incidente di Goforth e del mercato nero.

Signy si sentì avvampare. Posò il bicchiere.

— Si calmi, cara amica — disse sottovoce Mazian. — Anch’io ho un caratteraccio. Conosco i miei difetti. Ma non posso permettere che lei si stacchi da me. Non posso. Ci stiamo preparando a muoverci. Entro la settimana. Le operazioni di carico sono quasi finite. E ci muoveremo prima che la Confederazione se lo aspetti… prenderemo l’iniziativa, e creeremo loro un problema.

— Pell.

— Appunto. — Mazian finì il brandy. — Lei ha Konstantin. Non può tornare indietro; dobbiamo togliere di mezzo anche Lukas. Tutti i tecnici al lavoro e quelli in detenzione. Tutti coloro che possono gestire il computer e la centrale e riportare l’ordine a Pell. Quando si prepara tutto per il collasso definitivo non si può lasciare in vita quelli che potrebbero rimediare. In particolare Konstantin: è pericoloso da due punti di vista. Il computer e la sua figura. Se ne liberi.

Signy sorrise a denti stretti. — Quando?

— È già pericoloso. Molta discrezione. Porey provvederà all’altro… Emilio Konstantin. Piazza pulita, Signy. Non deve restare nulla che possa servire alla Confederazione. Non ci saranno profughi, da Pell.

— Capisco. Provvederò.

— Lei e Tom, nonostante i vostri litigi, avete fatto un buon lavoro. Mi preoccupava molto il fatto che non si trovasse Konstantin. Avete fatto un eccellente lavoro. Dico sul serio.

— Conoscevo le sue intenzioni — disse Signy. — Dunque il computer è già regolato così: un segnale può gettarlo nel caos completo. Mancano ancora due operatori del computer. Penso di chiudere il settore verde domani. Si arrenderanno, oppure ordinerò la decompressione della sezione e così tutto sarà risolto egualmente. Ho le foto degli operatori scomparsi. Mi rivolgerò a quell’informatore, Ngo, e agli altri. Scoprirò tutto quel che posso, prima che ci muoviamo. Se gli agenti potranno stanare gli operatori in modo che siamo assolutamente sicuri, tanto meglio.

— I miei uomini collaboreranno — disse Edger. Signy annuì.

— Ecco come si fa — esclamò allegramente Mazian. — È questo che mi aspettavo da lei, Signy; basta litigare per le prerogative. Ora vi metterete al lavoro tutti e due?

Signy finì di bere, e si alzò. Si alzò anche Edger. Lei sorrise e salutò con un cenno Mazian, ma non Edger, e uscì a passo volutamente disinvolo.

Bastardo, pensò. Non sentì i passi di Edger dietro di lei. Quando entrò nell’ascensore e scese per raggiungere la sua scorta, Edger non la seguì. Era rimasto a parlare con Mazian. Puttana.

L’ascensore la portò all’uscita. Ritrovò la sua scorta dove l’aveva lasciata, e si accorse che evitava ogni alterco con le truppe dell’Europe che affollavano quel luogo. C’erano tre dell’Europe, che smisero di colpo di sorridere quando passò in mezzo a loro.

Radunò la sua scorta, attraversò la camera di compensazione e scese sul molo, dove l’attendevano le sue truppe.

PELL: NORWAY; MOLO AZZURRO; 8/1/53: ore 2300 pg.; ore 1100 ag.

Si sentì un po’ meglio dopo essersi riposata, aver fatto un bagno, aver chiarito l’incidente e preparato i rapporti. Non s’illudeva che avrebbero fatto qualcosa a quella dell’Australia che aveva sparato a Di… almeno non ufficialmente. Ma quella donna avrebbe fatto meglio a non andare in giro da sola dove c’erano truppe della Norway, per il resto della sua vita.

Di stava bene; era reduce da un intervento ed era furioso. Buon segno. Aveva una costola incrinata e avevano dovuto fargli massicce trasfusioni, ma era in grado di mettersi davanti al video e di bestemmiare in modo coerente. Il morale di Signy migliorò. Graff era con Di, e c’era una lista di ufficiali e di membri dell’equipaggio disposti a tenergli compagnia, una prova di attaccamento che avrebbe preoccupato. Di, se l’avesse saputo.

Pace. Per qualche ora, fino all’indomani, fino all’operazione nel settore verde. Signy appoggiò i piedi sul letto, seduta di sghimbescio alla scrivania del suo alloggio, e si versò un secondo bicchiere. Raramente ne beveva due. Quando lo faceva, passava al terzo e al quarto e al quinto, e avrebbe voluto che vi fosse Di o Graff accanto a lei, per parlare. Sarebbe andata da loro, ma Di era troppo ansioso di sfogarsi, e se l’avesse fatto gli sarebbe aumentata la pressione. Non gli avrebbe fatto bene.

C’erano altri diversivi. Signy rifletté per un po’, esitando, e finalmente chiamò il posto di guardia. — Portate qui Konstantin.

Ottenne il segnale di ricevuto. Signy sorseggiò il liquore, chiamò varie postazioni per assicurarsi che tutto funzionasse a dovere, e che la rabbia si stesse acquietando. Il liquore non la tranquillizzò; provava ancora l’impulso di camminare nervosamente avanti e indietro, e non c’era molto spazio per farlo. L’indomani…

Scacciò quel penseiro. Centoventotto civili morti durante la normalizzazione del settore bianco. Nel verde sarebbe stato peggio, perché là si erano rifugiati tutti quelli che avevano buone ragioni per non farsi identificare. Avrebbe potuto fare piazza pulita, se i due tecnici del computer non fossero stati trovati in fretta. Era la soluzione più logica; una morte rapida e indiscriminata; un modo per assicurarsi di aver preso tutti i fuggitivi… e più misericordioso, per quelli, che lasciarli in una stazione in sfacelo. L’Hansford, su grande scala; e quello era il dono che avrebbe lasciato alla Confederazione, cadaveri putrefatti e fetore, un fetore incredibile.

La porta si aprì. Signy Mallory alzò gli occhi verso i tre militari e Konstantin… ripulito, in uniforme da lavoro con qualche cerotto sul volto. Niente male, pensò vagamente, sporgendosi in avanti. — Vuol parlare? — gli chiese. — O altro?