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Norway… Norway… Norway… trasmetteva freneticamente il computer; e se i loro ricognitori erano sopravvissuti, sarebbero accorsi a quel richiamo.

I punti luminosi lampeggiavano un bel colore rosso vivo davanti a loro, troppo veloci per essere mercantili. Il computer lanciò un avvertimento. Mazian era partito. Europe, India, Atlantic, Africa, Pacific.

— Dov’è l’Australia? — chiese bruscamente Signy a Graff. Quel codice di riconoscimento non era arrivato insieme agli altri. — State attenti!

Graff doveva aver sentito. Non era il momento di chiacchierare. La Flotta raggruppata era in rotta di collisione. I ricognitori erano tutti agganciati alla rispettiva nave-madre, pronti per il balzo… almeno c’era quel conforto.

— Mallory — disse la voce di Mazian attraverso il comunicatore. Anche Graff la udì, ed eseguì una manovra vertiginosa che il computer trasferì al sistema di attacco; lanciarono una raffica contro l’Europe, mentre l’Europe sparava contro di loro, facendo vibrare lo scafo. La gravità lottò contro le tensioni, e all’improvviso rimasero colpiti a poppa. I confederati s’erano fatti avanti, noncuranti della loro sicurezza, ignari dei loro segnali, avidi di colpire i bersagli. — Via! — ordinò Signy, e la Norway manovrò all’angolo massimo: quella battaglia non la riguardava. Suonarono gli allarmi. Pell e la Porta dell’Infinito stavano davanti a loro, a pochi minuti, quasi alla velocità della luce.

Continuarono la virata, mentre il computer calcolava e ricalcolava quella curva marginale.

Sotto di loro esplose il punto luminoso di una nave. La Norway manteneva la rotta, mentre le spie rosse lampeggiavano sui quadri, gli allarmi stridevano, e la collisione con il pianeta era imminente poiché la velocità era troppo elevata per essere ridotta in tempo.

E all’improvviso apparvero altri minuscoli punti luminosi, diretti verso di loro, in cerchio.

Norway… Norway… Norway… trasmise il computer.

I loro ricognitori.

— Avanti così! — gridò Signy a Graff tra le acclamazioni del personale. Il computer affrontò una manovra al limite delle possibilità della nave, mettendo a dura prova la resistenza dell’equipaggio, durante una dozzina di secondi che sembrarono un vero e proprio incubo. Cominciarono a ridurre bruscamente la velocità mentre l’Australia veniva verso di loro attraverso la cruna d’ago dei loro ricognitori… L’Australia non ne aveva, o non li aveva lanciati.

— Fuoco di sbarramento — ordinò Signy, che aveva in bocca il sapore del sangue. Gli schermi mostrarono immagini terrificanti: collisione imminente e prua e a poppa, una nave che stava sbucando dritta sulla coda quasi alla velocità della luce, lanciata su una curva di fuga da Pell. Cinquanta probabilità su cento che la manovra provocasse uno scontro.

Graff fece abbassare la Norway; le torrette superiori spararono e l’Australia passò sfrecciando sopra di loro, mentre i campi magnetici gettavano gli strumenti nel caos. Lo scafo scricchiolò, e tutta la nave sobbalzò.

La manovra proseguì; all’improvviso ci fu un’esplosione sullo schermo, e la polvere stridette contro il loro scafo. — Dove sono? — urlò Graff al tecnico rilevatore. Signy si morse le labbra e rabbrividì, al sapore del sangue. L’Australia poteva aver scaricato detriti nel vuoto; poteva essere esplosa. Continuavano a ridurre la velocità: l’ordine non era cambiato.

— … superato Pell — arrivò la voce di uno dei ricognitori. Loro stessi potevano vederlo sullo schermo, mentre superavano lo stesso pericolo. — E hanno perso un alettone… ci sembra che Edger abbia perso un alettone.

Era impossibile vederlo; l’Australia era ormai lontana. — In formazione — ordinò Signy ai suoi ricognitori. Si sentiva più sicura, adesso che erano intorno alla Norway. Edger non poteva rischiare altri danni, se aveva perso un alettone. Non poteva rischiare neppure di vendicarsi.

— Stanno per fare il balzo — disse una voce. Era una voce sconosciuta, della Confederazione… un accento straniero. All’improvviso Signy sentì una sensazione di gelo nelle viscere, la certezza di non poter tornare indietro.

Vada fino in fondo, le aveva raccomandato Mazian, il quale le aveva insegnato quasi tutto quel che sapeva. Niente mezze misure.

Signy si appoggiò allo schienale. In tutta la Norway regnava il silenzio.

PELL: SETTORE AZZURRO UNO, NUMERO 0475

Lily, almeno, era rimasta. Alicia Lukas-Konstantin girò gli occhi sulle pareti, sul piccolo modulo che faceva parte del letto, due spie, una accesa ed una spenta, una verde e l’altra rossa. Adesso era rossa. Funzionavano con i sistemi interni.

L’energia era minacciata. Forse Lily non lo sapeva; regolava le macchine, ma la forza che le alimentava per lei era un mistero. Gli occhi dell’indigena erano calmi, la sua mano era gentile; le accarezzava i capelli. L’ultimo contatto che le restava con i vivi.

I doni di Angelo, le strutture intorno a lei, s’erano dimostrate tenaci come il suo cervello. Gli schermi continuavano a cambiare, le macchine continuavano a pomparle la vita nelle vene, e Lily era rimasta.

C’era un interruttore per spegnere tutto. Se lei l’avesse chiesto, Lily, ignara, l’avrebbe premuto. Ma sarebbe stata una crudeltà, verso chi credeva in lei.

Non lo chiese.

NORWAY

Cautamente, Damon lasciò il suo posto, e si avviò stordito tra le file degli strumenti e fra i tecnici per raggiungere la Mallory. Era dolorante; aveva un braccio ferito, e il collo intorpidito. Non doveva esserci nessuno, sulla Norway, che non avesse preso qualche botta… i tecnici, la stessa Mallory. Lei si voltò a guardarlo, cupamente, dal suo posto e, girando il sedile, annuì leggermente.

— E così l’ha spuntata — disse lei. — Sono arrivati i confederati. Adesso non hanno bisogno di rintracciare Mazian. Sanno dov’è andato. Scommetto che troveranno preziosa una base a Pelclass="underline" salveranno la sua stazione, signor Konstantin, ormai non c’è dubbio. Ed è ora che noi ce ne andiamo da qui.

— Aveva promesso — disse Damon, — che mi avrebbe fatto scendere.

Signy si rabbuiò. — Non pretenda troppo dalla fortuna. Forse scaricherò lei e il suo amico confederato su qualche mercantile, quando ne avrò voglia. Se ne avrò voglia.

— Quella è casa mia — disse lui. Aveva raccolto tutte le argomentazioni possibili, ma la sua voce tremava, distruggendo ogni logica. — La mia stazione… quello è il mio posto.

— Lei non ha più un posto, signor Konstantin.

— Mi faccia parlare con loro. Se posso ottenere una tregua dalla Confederazione… io conosco i sistemi. Posso rimettere in sesto i sistemi centrali. I tecnici… forse sono morti. Sono morti, no?

Signy distolse lo sguardo, girò il sedile e tornò a occuparsi dei comandi. Damon intuì il pericolo, e allungò la mano sul bracciolo del sedile perché lei non potesse ignorarlo. Un militare si mosse, ma restò in attesa di ordini. — Comandante. È arrivata fin qui. Le chiedo… lei è un ufficiale dell’Anonima. Almeno, lo era. Per l’ultima volta… per l’ultima volta, comandante. Mi riporti a Pell. Ne uscirà pulita. Glielo giuro.