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Signy rimase in silenzio, per un lungo istante.

— Vuole fuggire da qui sconfitta? — le chiese Damon. — O andarsene tranquillamente?

Lei si voltò: i suoi occhi non erano propriamente concilianti. — Ci tiene a farsi una passeggiata?

— Mi riporti indietro — disse Damon. — Subito. Finché serve a qualcosa. O mai più. Perché più tardi non servirà a nulla. Non potrò far nulla, e allora tanto varrà che io muoia.

Signy strinse le labbra. Per lunghi attimi restò immobile a fissarlo. — Farò quello che posso. Fino a un certo limite. Se faranno della sua tregua quello che penso io… — Abbassò la mano sul bracciolo. — Questa è mia. Questa nave. Lo capisce? Questa gente… Ero dell’Anonima. Lo eravamo tutti. E la Confederazione non vorrà lasciarmi andare. Quello che mi sta chiedendo potrebbe portare a uno scontro a fuoco vicino alla sua cara stazione. La Confederazione vuole la Norway. Ci tiene molto… perché sa quello che faremo. Non ho altre possibilità di sopravvivere, perché non ho un porto dove potrò attraccare. Non verrò qui. Non verrò mai. Nessuno di noi ci verrà. Graff. Rotta su Pell.

Damon arretrò, rendendosi conto che era la cosa più saggia, al momento. Ascoltò le conversazioni al comunicatore: la Norway informava la flotta della Confederazione che stava arrivando. Sembrava che quelli non fossero d’accordo.

Una mano gli toccò la spalla. Damon si voltò e vide Josh. — Mi dispiace — disse Josh. Lui annuì, senza rancore. Josh… non aveva avuto molte possibilità di scelta.

— Vogliono lei, infatti — disse la Mallory. — Vogliono che lei venga consegnato a loro.

— Andrò.

— Stupido — sibilò la Mallory. — Le faranno il lavaggio del cervello. Lo sa?

Damon rifletté. Ricordò Josh, seduto davanti a lui, a chiedere i documenti, la conclusione di un processo incominciato su Russell. Gli uomini ne uscivano. Josh ne era uscito. — Andrò — ripeté.

La Mallory aggrottò la fronte. — Si tratta della sua mente — disse. — Almeno fino a quando le metteranno le mani addosso. — Poi, al comunicatore: — Qui Mallory. Un momento, comandante. Non mi piacciono le vostre condizioni.

Vi fu un lungo silenzio.

Sullo schermo si scorgeva Pell, circondata dalle navi della Confederazione… uccelli da preda intorno a una carogna. Sembrava che una avesse attraccato. Si vedeva un nugolo di puntolini dorati e rossi, provenienti dalle miniere, i mercantili ad autonomia ridotta, e la posizione solitaria di un’altra nave, indicata da una luce lampeggiante al limite dello schermo, presente solo nella memoria del computer. Si muovevano solo quattro blip vicinissimi alla Norway, in formazione più stretta.

Erano quasi fermi, e andavano alla deriva con moto relativo rispetto al sistema.

— Qui Azov dell’Unity — disse una voce. — Comandante Mallory, può attraccare per far scendere il suo passeggero. Con i ringraziamenti del popolo della Confederazione per la sua preziosa collaborazione. Siamo lieti di accettarvi nella Flotta della Confederazione, con armi ed equipaggio. Passo.

— Qui Mallory. Che garanzie ha il mio passeggero?

Graff si sporse verso di lei e alzò un dito. La Norway vibrò all’urto di qualcosa contro lo scafo. Damon guardò angosciato lo schermo.

— Un ricognitore si è appena agganciato — disse Josh, alle sue spalle. — Li stanno recuperando. Possono fuggire per compiere un balzo…

— Comandante Mallory — disse la voce di Azov, — ho a bordo un rappresentante dell’Anonima che le ordinerà di…

— Ayres può andare all’inferno — disse Signy. — Le dirò io quello che voglio, in cambio di quello che ho. Privilegio d’attracco nei porti della Confederazione e carta bianca. Altrimenti manderò il mio prezioso passeggero a fare un giretto…

— Questi dettagli potranno essere discussi più tardi. Abbiamo una situazione di crisi su Pell. Ci sono in gioco molte vite.

— Avete i vostri esperti dei computer. O non riuscite a capire il sistema?

Un’altra pausa di silenzio. — Comandante, avrà quello che chiede. Attracchi con il nostro salvacondotto, se vuole in cambio quelle assicurazioni. Nella stazione ci sono difficoltà con i lavoratori indigeni. Chiedono di Konstantin.

— Gli hisa — mormorò Damon. Ebbe una visione improvvisa, terribile, degli indigeni di fronte ai confederati.

— Allontani le sue navi dalla stazione, comandante Azov. L’Unity può restare all’attracco. Io arriverò dalla parte opposta, e lei faccia in modo che le sue navi non escano di sincronizzazione. Se qualcosa mi passa in coda, sparerò senza fare domande.

— D’accordo — rispose Azov.

— È pazzesco — disse Graff. — E adesso cosa ci abbiamo guadagnato? Non ci daranno mai carta bianca.

Signy Mallory non disse nulla.

CAPITOLO QUINTO

PELL: MOLO BIANCO; 9/1/53; ore 0400 pg.; ore 1600 ag.

Sul molo c’erano militari della Confederazione, in uniforme da lavoro… verde, uno spettacolo surreale, su Pell. Damon scese la rampa, verso la fila di guardie della Norway che sorvegliavano l’accesso. Lontano, sul molo deserto, c’erano altri militari in assetto da combattimento… confederati. Varcò il perimetro, passò tra i soldati della Norway, e cominciò la traversata solitaria del molo invaso dai rottami. Sentì un rumore, dietro di lui, e si voltò a guardare.

Josh.

— Mi ha mandato la Mallory — disse Josh. — Ti dispiace?

Damon scosse la testa, lieto che lui lo accompagnasse dove era diretto. Josh si frugò in tasca e gli porse un nastro. — Te lo manda la Mallory — disse Josh. — E stata lei a regolare il computer. Dice che questo potrebbe servirti.

Damon prese il nastro, l’infilò nella tasca della divisa marrone dell’Anonima. La scorta di confederati li stava aspettando insieme alle truppe: erano vestiti di nero e con fregi d’argento. Damon riprese a camminare e quando fu più vicino rimase sconcertato nel vederli così eguali, così belli. Umani perfetti, tutti dello stesso modello.

— Che cosa sono? — chiese a Josh.

— Sono come me — disse Josh. — Meno specializzati.

Damon deglutì a fatica e continuò a camminare. I militari confederati si schierarono intorno a loro, senza una parola, e li scortarono lungo il molo. Piccoli gruppi di cittadini di Pell li guardarono passare. Konstantin, sentiva mormorare. Konstantin. Vide la speranza in alcuni di quegli occhi, e rabbrividì, sapendo che c’era ben poco da sperare. In alcune delle aree che attraversarono c’era il caos, intere sezioni con le luci spente, i ventilatori fuori uso, incendi sparsi e il fetore dei cadaveri. La gravità presentava ancora qualche piccola instabilità. Era impossibile sapere cosa fosse successo nel cuore del sistema di supporto vitale. Oltre un certo tempo, i sistemi incominciavano a deteriorarsi irrimediabilmente, quando cioè gli equilibri erano stati drasticamente stravolti. Priva di coordinamento, con la centrale bloccata, Pell si era affidata ai gangli periferiti, centri nervosi non interconnessi, sistemi automatici che lottavano per tenerla in vita. Senza equilibrio ed un minimo di regolazione, si sarebbero sfasati… come un corpo morente.

Entrarono nell’azzurro nove, dove c’erano altre forze della Confederazione, e salirono una rampa d’emergenza… c’erano morti anche lì, corpi disseminati lungo la salita; una salita lunga, dal nove in su, verso un’area dove operavano militari corazzati. Non potevano salire oltre; il comandante della scorta svoltò e li guidò nel livello due, nel corridoio fiancheggiato dagli uffici finanziari. Lì c’era un altro gruppo di militari e di ufficiali. Uno, con i capelli inargentati dal ringiovanimento e carico di gradi e decorazioni, si voltò verso di loro. Per Damon, fu un trauma riconoscere gli uomini che stavano dietro di lui. Ayres, l’inviato della Terra.