— Pell — disse tranquillamente Damon, — sarà lieta di assistervi nella partenza. Ma le navi mercantili di cui vi siete appropriati… resteranno qui.
— Abbiamo a bordo i nostri equipaggi. Verranno con noi.
— Riprendetevi gli equipaggi. Le navi sono mercantili, e restano. E resta anche Josh Talley. È cittadino di Pell.
— No — disse Azov. — Non vi lascerò uno dei miei solo perché me lo chiedete.
— Josh — disse Damon, voltandosi verso Josh che stava tra i militari della Confederazione, finalmente poco appariscente tra gli altri tutti egualmente perfetti. — Tu cosa ne pensi?
Josh puntò gli occhi verso Azov. Ma non disse nulla.
— Prenda le sue truppe e le sue navi — disse Damon ad Azov. — Se Josh rimane, sarà perché lo avrà deciso. Lasci questa stazione. In avvenire, le verrà dato il permesso di attraccare dall’ufficio del dirigente della stazione, e su regolare richiesta. Ma se per lei il tempo è prezioso, le consiglio di accettare l’offerta.
Azov fece una smorfia, e diede un segnale all’ufficiale delle truppe, che ordinò ai suoi di mettersi in formazione. Si allontanarono verso l’orizzonte curvo, verso il molo azzurro dov’era attraccata l’Unity.
E Josh era rimasto lì, solo. Elene si alzò, l’abbracciò goffamente, e Damon gli batté la mano sulla spalla. — Tu resta qui — disse a Elene. — Ho una nave della Confederazione che deve partire. Josh, vieni.
— Neihart — disse Elene, a quelli che le stavano vicini. — Accertatevi che arrivino alla centrale senza problemi.
Seguirono le forze della Confederazione, svoltarono nel corridoio del nove mentre i confederati si dirigevano verso la loro nave, e si misero a correre. Nei corridoi le porte erano aperte, e gli abitanti di Pell si affacciavano per osservare. Alcuni cominciarono a gridare, ad agitare le mani, ad applaudire quell’ultima occupazione, l’occupazione da parte dei mercantili. — Sono i nostri! — gridò qualcuno. — I nostri!
Salirono la rampa d’emergenza, correndo; gli indigeni vennero loro incontro, saltellando e ciangottando parole di benvenuto. L’intera spirale echeggiava di strilli e squittii degli hisa e di grida umane che giungevano dai corridoi, via via che la voce si spargeva da un livello all’altro. Alcuni confederati scesero, incrociandoli. Avevano ricevuto istruzioni attraverso i comunicatori dei caschi.
Arrivarono all’azzurro uno. Gli indigeni avevano occupato di nuovo la centrale, e rivolsero i loro sogghigni di benvenuto al di là delle porte spalancate.
— Tu amici? — chiese Denteazzurro. — Tu amici tutti?
— Sì — gli assicurò Damon, e si fece largo tra la folla di indigeni ansiosi per piazzarsi al quadro principale. Si voltò a guardare Josh e quelli dei mercantili. — C’è qualcuno che conosce questo tipo di computer?
Josh prese posto accanto a lui. Uno dei Neihart andò al comunicatore, un altro sedette al computer. Damon attivò il comunicatore. — Norway — disse, — voi avete la prima autorizzazione a partire. Spero che partirete senza provocazioni. Non abbiamo bisogno di complicazioni.
— Grazie, Pell — disse la voce asciutta della Mallory. — Le vostre priorità mi piacciono molto.
— Si sbrighi, allora. Faccia svolgere dalle sue truppe le operazioni di partenza. Potrà tornare quando tutto sarà a posto a riprendersi i suoi. D’accordo? Qui saranno al sicuro.
— Stazione di Pell — disse un’altra voce: Azov. — Gli accordi precisavano che gli uomini di Mazian non sarebbero mai stati graditi. Quella nave è nostra.
Damon sorrise. — No, comandante Azov. Quella nave è nostra. Noi siamo un mondo e una stazione, una comunità sovrana, e a parte quelli dei mercantili che non sono residenti qui, abbiamo una milizia. La Norway è la flotta della Porta dell’Infinito. Le sarò grato se rispetterà la nostra neutralità.
— Konstantin — l’avvertì la voce della Mallory, sfumata di collera.
— Decolli e si allontani, comandante Mallory. Resterà in attesa fino a quando i confederati avranno sgombrato il nostro spazio. Lei è in mezzo al nostro traffico e quindi accetta i nostri ordini.
— Ordini ricevuti — rispose finalmente la Mallory. — Restate in attesa. Ci allontaneremo e lanceremo i ricognitori. Unity, andatevene di qui in rotta diretta. E portate i miei saluti a Mazian.
— Saranno i vostri mercantili a dolersi di questa decisione, stazione di Pell — disse Azov. — Voi date attracco a una nave che è costretta a depredare per sopravvivere. A depredare i mercantili.
— Fuori di qui, confederati — ribatté la Mallory. — Almeno potete star certi che Mazian non può tornare indietro. Non attraccherà a Pell finché io sarò nell’area. Andate a sbrigare gli affari vostri.
— Silenzio — disse Damon. — Comandante, parta.
Vi fu un lampeggiare di spie luminose. La Norway decollò.
— Anche lei? — chiese ironicamente Biass.
Vittorio strinse il sacco smilzo delle sue cose, e scese nel piccolo accesso a gravità zero, con il resto dell’equipaggio che aveva occupato l’Hammer. Era freddo e scarsamente illuminato. C’era una vibrazione, l’effetto del tubo della navetta fissato al portello. — Non credo di avere scelta — disse. — Non voglio restare a incontrarmi con quelli dei mercantili. Signore.
Blass sorrise sarcasticamente, si girò verso il portello che si aprì per farli entrare nel tubo di accesso e nella nave da guerra che li attendeva. Il buio si spalancò davanti a loro.
L’Unity si muoveva ad accelerazione costante. Ayres era nella sala principale, austeramente moderna ma comoda, con Jacoby accanto. Gli schermi indicavano la rotta, un’intera serie di schermi pieni di numeri e d’immagini. Passarono attraverso il varco aperto dai mercantili, uno stretto corridoio in mezzo a quell’orda, e finalmente Azov si collegò per video, apparendo su uno degli schermi. — Tutto bene? — chiese.
— Stiamo andando a casa — disse Ayres, soddisfatto. — Le propongo una cosa, comandante: in questo momento, Sol e la Confederazione hanno molto in comune. Dato che manderà inevitabilmente un corriere a Cyteen, includa la mia proposta: collaborazione finché perdura l’attuale stato di cose.
— Voi non avete interesse per le Stelle Sperdute — disse Azov.
— Comandante, le ricordo che forse l’interesse sta per rinascere. E che non converrebbe alla Confederazione… non offrire la sua protezione alla Terra… come farà senza dubbio l’alleanza dei mercantili. Dopotutto, l’alleanza ha già inviato alla Terra un suo messaggero. Quindi Sol può scegliere, no? I mercantili. La Confederazione. O… Mazian. Propongo di discutere la cosa. Rinegoziamo. Sembra che nessuno di noi abbia l’autorità di cedere Pell. E spero di poter dare al mio governo un parere favorevole sul suo conto.
Elene arrivò con una marea di gente dei mercantili, e si fermò sulla soglia della centrale, mentre gli indigeni si disperdevano un po’ allarmati. Ma Denteazzurro e Satin la riconobbero, le danzarono intorno e la toccarono con gioia. Damon si alzò dal suo posto, la prese per mano, la fece sedere accanto a sé e a Josh. — Non me la sento più di fare lunghe salite — disse Elene, ansimando. — Dobbiamo rimettere in funzione gli ascensori. — Damon si concesse il tempo per guardarla. Poi tornò a fissare lo schermo accanto alla sua consolle, una testa adagiata su cuscini bianchi, due occhi scuri e vivaci. Alicia Lukas sorrise, un movimento lievissimo.