Aveva preso alla lettera l’ordine di ritornare, ricambiando la scortesia con la quale gli era stato comunicato, partendo senza bagagli e senza fanfara, come un colpevole richiamato in patria in disgrazia. Anche se era puerile, poteva far colpo sul consiglio… e se tutte le scorte del mulino fossero state danneggiate durante il primo giorno della gestione dei Konstantin, tanto meglio. Era un bene che si trovassero un po’ a corto di risorse, alla stazione; e ci pensasse Angelo a spiegarlo al consiglio. Avrebbe aperto un dibattito, e lui sarebbe stato presente; era proprio quello che voleva.
Avrebbe meritato qualcosa di più.
Finalmente i motori si attivarono, annunciando la partenza. Si alzò, andò a prendere una bottiglia e un bicchiere nell’armadietto. Alla richiesta dell’equipaggio della navetta, rispose che non aveva bisogno di niente. Sedette, allacciò la cintura, e la navetta cominciò a salire. Si versò da bere per prepararsi al volo, che aveva sempre odiato; bevve, mentre il liquido ambrato tremava nel bicchiere sotto la tensione del suo braccio e la vibrazione della nave. Di fronte a lui, i due indigeni si tenevano abbracciati e gemevano.
Il prigioniero era ancora seduto al tavolo insieme a loro tre, e fissava di preferenza il supervisore delle guardie, anche se i suoi occhi sembravano concentrati su qualcosa di più lontano. Damon posò di nuovo il fascicolo sul tavolo e studiò quell’uomo, che cercava soprattutto di evitare il suo sguardo. Quel colloquio lo metteva a disagio… era diverso dai criminali di cui doveva occuparsi per l’Ufficio Legale… quell’uomo, con il viso simile al ritratto di un angelo, quell’umanità troppo perfetta, con i capelli biondi e uno sguardo che riusciva a penetrare attraverso gli oggetti. Bello, pensò. Non aveva difetti. L’espressione era di totale innocenza. Non era un ladro o un teppista; ma quell’uomo avrebbe ucciso — se un uomo simile poteva uccidere — per la politica. Per dovere, perché lui era della Confederazione, e loro no. Non era una questione d’odio. Era inquietante, avere nelle mani la vita o la morte di un uomo simile. Questo significava per lui avere possibilità di scelte, scelte speculari… non per odio, ma per dovere, perché lui non era della Confederazione, quell’uomo sì.
Siamo in guerra, pensò desolato Damon. E poiché lui è arrivato qui, è arrivata la guerra.
Una faccia d’angelo.
— Non le ha dato fastidi, vero? — chiese Damon al supervisore.
— No.
— Ho sentito che è un buon giocatore di midge.
Trasalirono tutti e due. Si giocava clandestinamente d’azzardo nella stazione di detenzione, come in tutti i posti dove non c’era molto da fare durante l’altergiorno. Damon sorrise quando il prigioniero guardò dalla sua parte, un movimento appena accennato degli occhi celesti… e ridiventò serio quando il prigioniero non reagì. — Io sono Damon Konstantin, signor Talley, dell’ufficio legale della Stazione. Lei non ci ha causato fastidi e lo apprezziamo. Non siamo suoi nemici; lasceremmo attraccare una flotta della Confederazione senza difficoltà, come facciamo con le navi dell’Anonima… in linea di principio; ma la sua presenza impedisce alla stazione di restare neutrale, a quanto abbiamo saputo, quindi anche il nostro atteggiamento deve cambiare di conseguenza. Non possiamo correre il rischio di lasciarla andare. Rimpatriarla… no. Abbiamo ricevuto altre istruzioni. Per la nostra sicurezza. Lei lo capisce.
Nessuna reazione.
— Il suo avvocato ha sostenuto che lei soffre a stare qui rinchiuso, e che le celle non sono state costruite per lunghe detenzioni. Inoltre nel settore Q sono in circolazione tipi molto più pericolosi per la stazione; e c’è molta differenza tra un sabotatore e un combattente in uniforme che ha avuto la sfortuna di venire catturato. Ma nonostante questo, non consiglia di lasciarla andare, se non nel settore Q. Abbiamo elaborato una soluzione. Possiamo darle una carta d’identità per la sua incolumità, e continuare a tenerla d’occhio anche là. Non è un’idea che mi entusiasmi, ma sembra fattibile.
— Che cos’è il settore Q? — chiese Talley, con una voce sommessa e ansiosa, rivolgendosi al supervisore e al suo avvocato, l’anziano Jacoby che sedeva a capotavola. — Che cosa sta dicendo?
— Quarantena. La sezione isolata dalla stazione che abbiamo assegnato ai nostri profughi.
Gli occhi di Talley si spostarono nervosamente prima sull’uno e poi sull’altro interlocutore. — No. No. Non voglio essere messo insieme a loro. Non gli ho mai detto di chiedere questo. Mai.
Damon aggrottò la fronte sentendosi a disagio — Sta per arrivare un altro convoglio, signor Talley, un altro gruppo di profughi. Abbiamo dato disposizioni per mescolarla fra di loro, con documenti falsi. La tireremo fuori di qui. Sarà sempre rinchiuso, ma con pareti più ampie, e spazio per girare dove vuole, per vivere la sua vita… come si vive nel settore Q. C’è abbastanza spazio in quella parte della stazione. Niente irreggimentazione… è aperta. Niente celle. Il signor Jacoby ha ragione; lei non è più pericoloso di certuni che già si trovano là; anzi meno, perché sappiamo chi è.
Talley lanciò un’altra occhiata al suo avvocato e scosse la testa, con aria implorante.
— Si rifiuta? — insistette Damon, irritato. Tutte le soluzioni e gli accordi si stavano sgretolando. — Non è una prigione, deve capirlo.
— La mia faccia… là la conoscono. La Mallory ha detto…
Talley s’interruppe. Damon lo fissò, notò l’ansia febbrile, il sudore sul suo volto. — Che cosa ha detto la Mallory?
— Che se avessi causato fastidi… mi avrebbe trasferito su una delle altre navi. Credo di sapere che cosa avete in mente: pensate che se tra di loro ci sono confederati e mi spedite là in quarantena, si metteranno in contatto con me. È così? Ma là non vivrei a lungo. C’è gente che mi conosce di vista. Funzionari della stazione. Poliziotti. Loro vanno dappertutto su queste navi, no? E mi conoscono. Se mi trasferite là, dopo un’ora sarò morto. Ho saputo qualcosa a proposito di quelle navi.
— Gliel’ha detto la Mallory.
— Me l’ha detto la Mallory.
— D’altra parte — disse amaramente Damon — ci sono quelli che non vorrebbero salire su una delle navi di Mazian, abitanti delle stazioni pronti a giurare che un uomo onesto non riuscirebbe a sopravvivere a lungo. Ma immagino che lei abbia avuto un viaggio piacevole, no? Vitto sufficiente e nessuna preoccupazione per l’aria. Il vecchio contrasto fra gli spaziali e gli abitanti delle stazioni: questi ultimi possono anche morire asfissiati, purché il ponte della nave rimanga immacolato. Ma lei godeva di particolari privilegi. Un trattamento speciale.