Non certo perché Angelo avesse cambiato idea: ne era assolutamente sicuro. Doveva essere il risultato di un voto. Aveva ottenuto la maggioranza dei voti in consiglio, come conseguenza logica del suo lungo, difficile servizio sulla Porta dell’Infinito. I suoi risultati erano stati finalmente apprezzati.
Incontrò gli occhi di Angelo, all’estremità del tavolo. Angelo aveva l’auricolare inserito, e lo guardava senza affetto, senza benevolenza, senza felicità. Angelo accettava la sua ascesa perché non poteva fare altrimenti, questo era chiaro. Jon sorrise a denti stretti, ma i suoi occhi rimasero impassibili come se si trattasse di una semplice offerta di appoggio. Angelo ricambiò il sorriso: ma anche i suoi occhi erano freddi.
— Ritenti — disse Angelo a qualcun altro, attraverso il comunicatore. — Continui a trasmettere. Mi metta in contatto diretto con Sung.
L’assemblea tacque; i rapporti continuavano ad arrivare dalla centrale, e riferivano sul lento avvicinamento dei mercantili; ma la Pacific stava accelerando, e sullo schermo l’immagine appariva confusa.
— Qui Sung — disse una voce. — Omaggi alla Stazione di Pell. Le vostre autorità possono provvedere ai dettagli.
— Che numero? — chiese Angelo. — Quanta gente c’è su quelle navi, comandante Sung?
— Novemila.
Un mormorio d’orrore si levò nella sala.
— Silenzio! — disse Angelo; il brusio confondeva le comunicazioni. — Ricevuto, novemila. Metterà a dura prova le nostre attrezzature, oltre il limite di sicurezza. La invitiamo a incontrarsi qui con noi in consiglio, comandante Sung. Sono già arrivati altri profughi da Russell con mercantili senza scorta; siamo stati costretti ad accoglierli. Per ragioni umanitarie è impossibile rifiutare l’attracco. Le chiedo di informare il comando della Flotta circa la pericolosità della situazione. Abbiamo bisogno di appoggio militare, capisce, signore? L’invito a venire qui per consultazioni urgenti con noi. Siamo disposti a collaborare, ma ci stiamo avvicinando al punto di una decisione molto difficile. Chiediamo l’appoggio della Flotta. Ripeto: verrà, signore?
Vi fu un breve silenzio, dall’altro capo della linea. I consiglieri si agitavano nervosamente, perché i segnali di avvicinamento lampeggiavano, gli schermi palpitavano e rimandavano immagini confuse nell’affannoso tentativo di seguire l’accelerazione della nave.
— C’è ancora un convoglio previsto — fu la risposta. — Sta arrivando da Pan-Paris agli ordini di Kreshov dell’Atlantic. Buona fortuna, Stazione di Pell.
Il contatto s’interruppe bruscamente. Gli schermi lampeggiarono: l’enorme nave stava accelerando più di quanto fosse consentito nelle vicinanze di una stazione.
Jon non aveva mai visto Angelo tanto infuriato. Il brusio nella sala del consiglio si smorzò, e finalmente il microfono ristabilì un relativo silenzio. La Pacific sfrecciò allo zenith, creando il caos sugli schermi. Quando le immagini tornarono chiare, ormai era passata oltre, lanciata su una rotta non autorizzata, abbandonando il suo carico, i mercantili che avanzavano lenti e inesorabili per attraccare. Da qualche parte risuonò, smorzata, la richiesta di un intervento della sicurezza nel settore Q.
— Personale di riserva — ordinò Angelo a uno dei capisezione attraverso il comunicatore. — Richiami il personale fuori servizio… non m’interessa quante volte è già stato richiamato. Mantenga l’ordine, laggiù, a costo di sparare. Centrale, mandate gli equipaggi alle navette per guidare i mercantili all’attracco. Se è necessario, inviate un gruppo di rimorchiatori.
E dopo un momento, mentre gli allarmi di collisione smettevano di suonare e restavano solo le incessanti segnalazioni dei mercantili che si avvicinavano lentamente alla stazione: — Dobbiamo avere più spazio per il settore Q — disse Angelo guardandosi intorno. — E purtroppo, dovremo prendere quei due livelli della sezione rossa… integrarli con la quarantena… immediatamente. — Dai banchi si levò un mormorio di sgomento, e sugli schermi lampeggiarono subito dopo le obiezioni dei delegati della sezione rossa. Era inutile, comunque. Sullo schermo non c’erano segnalazioni di appoggio per mettere ai voti quella mozione. — Niente da fare — continuò Angelo, senza neppure alzare lo sguardo, — non possiamo sloggiare altri residenti, o perdere i canali dei livelli superiori riservati al sistema di trasporto. Non possiamo. Se non possiamo ottenere appoggio dalla Flotta… dobbiamo prendere altre misure, su scala più vasta; dobbiamo incominciare a trasferire la popolazione da qualche parte. Jon Lukas, ti faccio le mie scuse per il breve preavviso, ma è un peccato che non fossi presente alla riunione di ieri. La tua proposta… Le squadre costruzioni della stazione non possono servirsi di operai che rappresentano un rischio per la sicurezza. Un tempo tu avevi fatto progetti per allargare la base sulla Porta dell’Infinito. A che punto sono?
Jon batté le palpebre, insospettito e speranzoso allo stesso tempo, e aggrottò la fronte. Si alzò in piedi, anche se non era necessario, ma voleva vedere gli altri bene in faccia. — Se fossi stato informato della situazione, avrei fatto del mio meglio; anche così, sono arrivato in gran fretta. In quanto alla proposta, non è impossibile; si potrebbe sistemare tutta quella gente sulla Porta dell’Infinito in breve tempo, senza difficoltà… a parte quelli che sono laggiù. Le condizioni, e lo so bene, dopo tre anni… sono spartane. Gli indigeni hanno costruito abitazioni sotterranee, in buona parte a tenuta stagna; i compressori sono sufficienti, e ci sono i materiali locali più semplici per le infrastrutture. Laggiù, la manodopera indigena è sempre la più efficiente; non hanno la scomodità dei respiratori; ma un numero sufficientemente cospicuo di umani può sostituirli… lavoro sul campo, manifatture, sistemazioni del territorio, scavi per le cupole. E poi personale di Pell sufficiente per sovrintendere e sorvegliare. L’isolamento non è un problema; in particolare, i casi più difficili potrebbero trovare un’ottima sistemazione laggiù… basta togliere i respiratori, e quelli non potranno andare in nessun posto, non potranno fare quello che voi non approvate.
— Signor Lukas. — Si alzò Anton Sizel, un vecchio, amico di Angelo e un inguaribile ottimista. — Signor Lukas, devo aver capito male. Questi sono liberi cittadini. Non stiamo progettando di creare colonie penali. Sono profughi. Non è nostra intenzione trasformare la Porta dell’Infinito in un campo di lavoro.
— Faccia il giro del settore Q! — gridò qualcuno dai banchi. — Vada a vedere i disastri che hanno causato! Là noi avevamo le nostre bellissime case. Vandalismi e distruzioni. Stanno facendo tutto a pezzi. Hanno aggredito i nostri uomini della sicurezza con tubi e coltelli da cucina, e non sappiamo se dopo gli scontri abbiamo recuperato tutte le armi.
— Ci sono stati altri omicidi — gridò qualcun altro. — Bande di teppisti.
— No — disse un terzo. Era una voce nuova, nel consiglio. Tutte le teste si voltarono verso l’uomo magro che, notò Jon, aveva preso il posto che lui aveva lasciato libero. Era un individuo nervoso, pallido. — Sono Vassily Kressich. Sono stato invitato a uscire dal settore Q. Ero consigliere alla Stazione Russell. Rappresento Q. Tutto quello che avete detto è successo in un momento di panico, ma adesso l’ordine è stato ristabilito, e i teppisti sono stati trasferiti in detenzione.
Jon trasse un profondo respiro. — Benvenuto, consigliere Kressich. Ma nello stesso interesse di Q, bisogna alleggerire la pressione. La popolazione deve essere trasferita. La stazione ha dovuto attendere un decennio prima di incominciare l’espansione sulla Porta dell’Infinito, e adesso abbiamo la manodopera necessaria per farlo su vasta scala. Quelli che lavoreranno entreranno a far parte del sistema. Costruiranno le proprie abitazioni. Il delegato di Q non è d’accordo?