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— Abbiamo bisogno che venga risolto il problema dei documenti. Rifiutiamo di lasciarci trasferire senza documenti. È già successo una volta, e guardate in che situazione ci troviamo. Altri trasferimenti senza lasciapassare validi servirebbero solo ad aggravare la nostra situazione, allontanandoci sempre di più dalla speranza di stabilire la nostra identità. Le persone che io rappresento non permetteranno che accada di nuovo.

— È una minaccia, signor Kressich? — chiese Angelo.

L’uomo sembrava sul punto di crollare. — No — disse prontamente. — No, signore. Sto solo… sto solo esprimendo l’opinione di coloro che rappresento. La loro disperazione. È necessario che il problema dei loro documenti venga risolto. Ogni altra soluzione si trasformerebbe in ciò che ha detto quel signore… un campo di lavoro nell’interesse di Pell. È questo che volete?

— Signor Kressich, signor Kressich — disse Angelo. — Per favore, chiedo a tutti di procedere con ordine. Sarà ascoltato quando verrà il suo turno, signor Kressich. Jon Lukas, vuoi continuare?

— Avrò i dati precisi appena avrò accesso al computer centrale. Devo prima individuare le chiavi. Tutti gli impianti esistenti sulla Porta dell’Infinito possono venire ampliati, sì. Ho ancora i progetti particolareggiati. In pochi giorni, avrò a disposizione un’analisi dei costi e della manodopera.

Angelo annuì e lo guardò, aggrottando la fronte. Non doveva essere un momento piacevole, per lui.

— Stiamo lottando per sopravvivere — disse Angelo. — Chiaramente, c’è un punto oltre il quale dobbiamo preoccuparci seriamente dei nostri sistemi di supporto vitale. Parte del sovraccarico deve essere trasferito. E non possiamo permettere che il rapporto numerico tra i cittadini di Pell e i profughi si sbilanci. Dobbiamo pensare ai disordini… sia qui che laggiù. Le chiedo scusa, signor Kressich. Questa è la realtà in cui viviamo; non l’abbiamo voluta noi; e voi neppure, ne sono sicuro. Non possiamo rischiare la stazione o la base sulla Porta dell’Infinito; altrimenti ci ritroveremo tutti a bordo di mercantili diretti alla Terra, spogliati di tutto. Questa è la terza eventualità.

— No. — Il mormorio si levò in tutta la sala.

Jon sedette in silenzio, fissando Angelo, e considerando con realismo il fragile equilibrio di Pell e i possibili rischi. Siete già spacciati, pensò, e avrebbe voluto alzarsi in piedi ed esporre le cose come stavano realmente. Ma non lo fece. Restò seduto, e tacque. Era questione di tempo. La pace… poteva offrire una possibilità. Ma non era certo la pace che si stava preparando, con quell’afflusso di profughi provenienti da tutte quelle stazioni. Tutte le Stelle Sperdute fluivano in due direzioni, come da uno spartiacque, verso di loro e verso la confederazione; e loro non erano in grado di reggere la situazione, sotto la direzione di Angelo.

Anni e anni di dominio dei Konstantin, la teoria sociale dei Konstantin, la vantata «comunità della legge» che ignorava la sicurezza e i controlli, e adesso rifiutava di usare il pugno di ferro con Q, nella speranza che gli appelli bastassero a richiamare all’ordine quella marmaglia. Avrebbe potuto sollevare anche quell’argomento. Ma non lo fece.

Aveva un sapore amaro in bocca, mentre pensava al caos che la linea morbida di Konstantin aveva causato dalla stazione, e che avrebbe potuto ripetersi anche sulla Porta dell’Infinito. Non prevedeva nessun successo per i piani che aveva richiesto; Emilio Konstantin e sua moglie avrebbero diretto i lavori, e avrebbero lasciato che gli indigeni se la prendessero comoda e avrebbero protetto le loro superstizioni e avrebbero tollerato che facessero le cose a modo loro, causando danni alle attrezzature e ritardi nelle costruzioni. E quello che quei due avrebbero fatto con i teppisti della sezione Q presentava prospettive anche peggiori.

Rimase in silenzio, valutando le possibilità e traendo conclusioni sconfortanti.

— Non può sopravvivere — disse a Vittorio quella sera, a suo figlio Vittorio e a Dayin Jacoby, l’unico parente che gli andasse a genio. Era appoggiato alla spalliera della sedia e beveva l’amaro vino indigeno, nell’appartamento dove erano ammassati i mobili preziosi asportati dalle stanze requisite. — Pell sta cadendo a pezzi. Con la linea morbida di Angelo la sconfitta è sicura, e forse, per giunta, finiremo con la gola tagliata in qualche tumulto. È la fine, mi capite? E noi dobbiamo restare qui senza far nulla?

Vittorio impallidì improvvisamente, come sempre quando la conversazione si faceva seria. Dayin era di un altro stampo: se ne stava cupo, pensieroso.

— Deve esistere un contatto — disse Jon, più apertamente.

Dayin annuì. — In momenti come questi, si rendono necessarie due porte. E sono sicuro che esistono porte dovunque, in questa stazione… con le chiavi giuste.

— Fino a che punto ritieni che siano compromesse… queste porte? E dove? Tuo cugino si è occupato di alcuni casi. Hai qualche idea?

— Il mercato nero delle sostanze per il ringiovanimento e altre. Qui prospera, non lo sai? Anche Konstantin le riceve; si possono trovare sulla Porta dell’Infinito.

— È legale.

— Certo che è legale; è necessario. Ma qui come ci arrivano? In ultima analisi, è roba che viene dalla Confederazione; quelli dei mercantili la comprano e la vendono; e in qualche modo arriva fin qui. Qualcuno, da qualche parte, ha le mani in pasta… quelli dei mercantili… forse anche qualche contatto sulla stazione.

— E come possiamo entrare in contatto con la catena?

— Posso informarmi.

— Io conosco qualcuno — disse Vittorio, sorprendendoli entrambi. Si umettò le labbra e deglutì a fatica. — Roseen.

— Quella puttana?

— Lei conosce il mercato. C’è un ufficiale della sicurezza… molto in alto. In apparenza è in regola, ma è legato al mercato. Se vuoi far caricare o scaricare qualcosa, se vuoi che venga chiuso un occhio… può provvedere lui.

Jon fissò il figlio: era il prodotto di un contratto annuale, della sua smania di avere un erede. Dopotutto, non era sorprendente che Vittorio sapesse quelle cose. — Benissimo — disse in tono asciutto. — Parlamene. Forse potremo trovare qualcosa. Dayin, le tue proprietà a Viking… dovremmo darci un’occhiata.

— Non dirai sul serio.

— E invece sì. Ho noleggiato l’Hansford. L’equipaggio è ancora in ospedale. L’interno è uno sfascio, ma può viaggiare. Hanno un bisogno disperato di denaro. E potrai trovare un equipaggio tramite i contatti di Vittorio. Non è necessario che tu dica tutto, solo quanto basta per motivarli.

— Viking è il luogo dove più probabilmente ci saranno guai molto presto. Sicuramente, anzi.

— È un rischio, no? Molti mercantili hanno incidenti, in questa situazione. Certuni spariscono. Sentirò Konstantin: ma avrò il permesso… un atto di fede nel futuro di Viking. Una conferma, un voto di fiducia. — Jon bevve il vino, con una smorfia. — È meglio che ti sbrighi prima che arrivi un’ondata di profughi proprio da Viking. Cerca di stabilire un contatto con la catena, e seguila fin dove puoi. Che possibilità ha Pell, ormai, se non con la Confederazione? L’Anonima non ci aiuta. La Flotta aggrava i nostri problemi. Non possiamo resistere in eterno. La politica di Konstantin causerà disordini, qui, prima che tutto sia finito, ed è ora che ci sia un cambio della guardia. Lo dirai chiaro alla Confederazione. Capisci? Loro trovano un alleato; noi… abbiamo solo da guadagnare da questa collaborazione. È una seconda porta da varcare, nel caso peggiore. Se Pell resiste, saremo ancora qui, al sicuro; se no, ci troveremo meglio di tanti altri, no?

— E quello che rischia il collo sono io — disse Dayin.

— Preferiresti trovarti qui quando i disordini abbatteranno le barriere? Non è meglio avere la possibilità di ricavare un guadagno personale con un’opposizione intelligente… e riempirti le tasche? Sono sicuro che lo farai; e sono sicuro che te lo sarai meritato.