— Deve portarli in una zona sicura al più presto possibile — disse a Damon.
— Usi il suo comunicatore e avverta che passeremo dalle rampe di emergenza, dal settore quattro al nove, diretti ai moli — disse Damon. — Di là il loro habitat è accessibile; li riaccompagneremo. È la soluzione più rapida e sicura per tutti.
Non attese che Vanars rispondesse. Agitò un braccio per richiamare l’attenzione degli indigeni. — Venite — disse, e quelli ammutolirono e si mossero. Denteazzurro, con il braccio fasciato, si alzò in fretta per non restare indietro, e disse qualcosa agli altri. Satin intervenne a sua volta, e tra gli indigeni si diffuse all’improvviso l’allegria. Damon si avviò, tenendo Elene per mano, e gli indigeni li seguirono, nello strano accompagnamento costituito dai rumori dei respiratori. Si muovevano rapidi e soddisfatti. Le poche sentinelle piazzate lungo il percorso restarono immobili, ridotte improvvisamente a una minoranza, e gli indigeni parlavano tra loro ormai più liberamente, quando arrivarono in fondo al corridoio, e cominciarono a scendere l’ampia rampa a spirale che conduceva alle porte dei nove livelli. Un braccio s’infilò sotto a quello di Damon, mentre scendevano: era Denteazzurro, e con lui c’era Satin. Ora camminavano tutti e quattro affiancati: una bizzarra compagnia… cinque, anzi, perché un altro aveva preso la mano di Elene, sulla destra. Satin gridò qualcosa, e le rispose un coro. Satin parlò di nuovo con voce echeggiante, e di nuovo il coro risuonò tra i gradini. Un altro gridò dalla retroguardia, e molte voci gli risposero; e poi di nuovo. Damon strinse più forte la mano di Elene, allarmato da quel comportamento, ma gli indigeni sembravano accontentarsi di andare con lui e di gridare quella che sembrava una marcia.
Uscirono a verde nove, e percorsero il lungo corridoio; entrarono nei moli fra grida di esultanza. I militari allineati davanti agli accessi delle navi si agitarono minacciosamente, ma non fecero altro. — Restate con me — ordinò severamente Damon ai suoi compagni, e quelli obbedirono, salirono l’orizzonte curvilineo, ed entrarono nel loro habitat. Venne il momento del commiato. — Andate — disse Damon. — Andate e siate prudenti. Non spaventate gli uomini con i fucili.
Aveva previsto che scappassero via tutti; e invece, ad uno ad uno vennero ad abbracciare lui ed Elene, affettuosamente, e il commiato richiese un po’ di tempo.
Erano rimasti per ultimi Satin e Denteazzurro, che li abbracciarono, scambiandosi affettuose pacche sulle spalle. — Vi voglio bene — disse Denteazzurro. — Vi voglio bene — disse a sua volta Satin.
Non una parola, non una domanda sul morto. — Colosso s’era perduto — disse Damon, sebbene fosse sicuro che quei due erano in qualche modo coinvolti; l’aveva capito dall’ustione di Denteazzurro. — Morto.
Satin chinò solennemente la testa. — Tu mandi lui casa, Konstantin-uomo.
— Lo manderò — promise Damon. Gli umani morivano, e non avevano diritto al trasporto. Non avevano stretti legami con quel pianeta, o con qualunque altro pianeta; c’era il vago desiderio di una sepoltura, ma non al prezzo di un fastidio. Questo era un fastidio, ma lo era anche morire assassinato tanto lontano da casa. — Provvederò io.
— Ti voglio bene — disse solennemente Satin, e lo abbracciò una seconda volta, posò delicatamente la mano sul ventre di Elene, e si allontanò con Denteazzurro, correndo verso la porta che conduceva alle loro gallerie.
Elene restò immobile, con una mano sullo stomaco e un’espressione di stupore negli occhi. — Come faceva a saperlo? — chiese, con una risata sconcertata. Anche Damon era turbato.
— Si vede un po’ — disse.
— E una di loro se ne può accorgere?
— Loro non ingrossano — disse Damon. Poi guardò i moli e le schiere di soldati. — Vieni. Questa zona non mi piace.
Elene guardò nella stessa direzione, guardò i militari e i gruppi più eterogenei sparsi lungo l’orizzonte curvo dei moli, presso i bar e i ristoranti. Era gente dei mercantili che teneva d’occhio i soldati, su un molo da cui erano stati allontanati.
— Questo posto era proprietà dei mercantili, da quando esiste Pell — disse Elene. — E i bar e le foresterie. I locali stanno chiudendo, e gli uomini di Mazian non ne saranno soddisfatti. Gli equipaggi dei mercantili e i maziani… nello stesso bar, nella stessa foresteria… Sarà bene che il servizio di sicurezza della stazione sia molto rigoroso, quando le truppe avranno libera uscita.
— Vieni — disse Damon, prendendole il braccio. — Voglio portarti via. Correre fin qui, uscire in quel corridoio con gli indigeni…
— Dov’eri tu? — ribatté lei. — Giù nelle gallerie.
— Le conosco.
— E io conosco i moli.
— Allora cosa ci facevi al quattro?
— Ero quaggiù quando è arrivata la chiamata; ho chiesto a Keu il lasciapassare, l’ho avuto, e ho ottenuto che il suo luogotenente collaborasse con gli uffici del molo. Stavo facendo il mio lavoro, quando è arrivata la chiamata attraverso il comunicatore della Flotta e ho portato lassù Vanars prima che sparassero a qualcun altro.
Damon l’abbracciò, riconoscente, e la condusse a nove azzurro, un altro squallido panorama di truppe stazionate a vari intervalli. Non c’era nessuno, nei corridoi.
— Josh — disse lui all’improvviso, lasciando ricadere il braccio.
— Cosa?
Damon continuò a camminare, si diresse verso l’ascensore e si tolse i documenti dalla tasca: ma c’erano soldati dell’India di guardia, e li fecero passare immediatamente. — Avevano arrestato Josh. La Mallory sa che è qui e anche dove si trova.
— Che cosa hai intenzione di fare?
— La Mallory ha accettato di farlo rilasciare. Forse lo hanno già liberato. Devo controllare con il computer e scoprire dov’è, se è ancora detenuto o se è tornato al suo alloggio.
— Potrebbe venire a dormire da noi.
Damon rifletté sulla proposta.
— Altrimenti — chiese lei, — chi di noi potrà dormire veramente tranquillo?
— Non ci sarà molto da dormire neppure se sarà con noi. Non c’è molto spazio nel nostro appartamento. Sarebbe come averlo a letto con noi.
— Ho già dormito in condizioni di sovraffollamento. E potrebbe durare più di una notte. Se gli mettono le mani addosso…
— Elene. È un’altra cosa se la stazione inoltra una protesta. Ma in questa faccenda ci sono cose personali, cose che riguardano Josh…
— Segreti?
— Cose che non devono venire alla luce. Cose che la Mallory forse non vuole si sappiano, capisci? Quella donna è pericolosa. Ho parlato con molti pluriomicidi che avevano meno sangue freddo di lei.
— Comandante della Flotta. È una razza a sé, Damon. Chiedilo a quelli dei mercantili. Sai che probabilmente molti sono imparentati con quelli dei mercantili che si trovano sulla stazione; ma non romperebbero le righe per salutare la propria madre, no. Quello che la Flotta prende… non torna più. Non mi stai dicendo nulla che non sappia già, sul conto della Flotta. Ti assicuro che se vogliamo fare qualcosa, dobbiamo farlo subito.
— Se lo portiamo a vivere con noi, c’è il rischio che la cosa finisca negli schedari della flotta…