— Credo di aver capito che cosa vuoi fare.
Elene era ostinata. Damon rifletté, si fermò davanti all’ascensore, con la mano sul pulsante. — Credo sia meglio che andiamo a prenderlo — disse.
— Certo — disse Elene. — Come pensavo.
CAPITOLO SETTIMO
Jon Lukas percorse nervosamente i corridoi vuoti, nonostante il lasciapassare che Keu aveva distribuito a tutti i presenti nella sala del consiglio. Forse le truppe sarebbero state ritirate progressivamente a partire dalla primalba, almeno così avevano promesso. Era inevitabile, pensò. Molti militari venivano già mandati a riposare a turno, e molti dell’equipaggio della flotta montavano regolarmente di guardia, senza corazze. Era tutto tranquillo; l’avevano fermato una volta sola, all’uscita dell’ascensore. Andò alla porta del suo alloggio e usò la scheda per aprirla.
Il salotto era deserto. Provò un tuffo al cuore, temendo che il suo ospite non invitato se ne fosse andato. Ma poi Bran Hale comparve nel corridoio accanto alla cucina e lo accolse con evidente sollievo.
— Tutto bene — disse Hale, e Jessad uscì. Dopo di lui uscirono altri due uomini di Hale.
— Era ora — disse Jessad. — Mi stavo annoiando.
— E continuerà così — ribatté irritato Jon. — Dovranno restare tutti qui, stanotte: Hale, Daniels, C!ay… Non voglio che i militari vedano un’orda di visitatori uscire dal mio alloggio. Domattina se ne andranno.
— La Flotta? — chiese Hale.
— I militari nei corridoi. — Jon andò al bar della cucina, esaminò una bottiglia che era stata piena quando lui era uscito e che adesso era semivuota. Si versò da bere e sorseggiò il liquore con un sospiro. Gli occhi gli bruciavano per la stanchezza. Andò a sedersi sulla poltrona preferita, mentre Jessad prendeva posto di fronte a lui, al di là del tavolino, e Hale e i suoi uomini rovistavano nel bar in cerca di un’altra bottiglia. — Per fortuna è stato prudente — disse Jon rivolto a Jessad. — Ero preoccupato.
Jessad sorrise, con occhi felini. — Lo immagino. Per un momento o due, ha pensato alle soluzioni. Forse ci sta ancora pensando. Dobbiamo discuterne?
Jon aggrottò la fronte e lanciò un’occhiata furtiva a Hale e ai suoi uomini. — Mi fido più di loro che di lei, questo è un fatto.
— Probabilmente pensava d’essersi sbarazzato di me — disse Jessad. — E non sarei sorpreso se in questo momento le interessasse più il «dove» che il «se». Potrebbe cavarsela, sa. Molto probabilmente.
Quella franchezza turbò Jon Lukas. — Dato che è lei stesso a parlarne, immagino che abbia una controproposta.
L’altro continuò a sorridere. — Uno: attualmente io non rappresento un rischio; forse vorrà considerare questo fatto. Due: l’arrivo di Mazian non mi sorprende.
— Perché?
— Perché era previsto.
Jon avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso di liquore bruciante. — E cioè?
— Quando si compie un balzo per raggiungere l’abisso, signor Lukas, lo si può fare in tre modi sicuri; innanzi tutto, non mettere troppa energia nei balzo… se ci si trova in regioni che si conoscono molto, molto bene; oppure usare la gravità di una stella per farsi attirare; oppure, se si è molto abili… la massa in un punto zero. C’è parecchia roba nelle vicinanze di Pell, lo sa? Niente di molto grosso, ma quanto basta.
— Di cosa sta parlando?
— La Flotta della Confederazione, signor Lukas. Crede che non ci sia una ragione per il fatto che Mazian ha radunato le sue navi per la prima volta dopo vari decenni? Non gli resta altro che Pell; e la Flotta della Confederazione è là fuori. Mi hanno mandato avanti, sapendo da dove sarebbero venuti.
Hale e i suoi uomini s’erano seduti sul divano e sulla spalliera. Jon esaminò mentalmente la situazione. Pell era zona di battaglia. La peggiore di tutte le previsioni.
— E cosa sarà di noi, quando si scoprirà che non c’è modo di sloggiare Mazian?
— Mazian può essere allontanato. E quando questo sarà fatto, non avrà più basi. Sarà spacciato, e noi avremo la pace, signor Lukas, con tutto ciò che comporta. Sono qui per questo.
— La sto ascoltando.
— È necessario togliere di mezzo i dirigenti. È necessario togliere di mezzo i Konstantin. Lei deve prendere il loro posto. Ne avrà il coraggio, signor Lukas, nonostante i legami di parentela? So che c’è… una parentela. Lei e la moglie di Konstantin…
Jon Lukas strinse le labbra, rifuggendo come sempre dal pensiero di Alicia, ridotta in quello stato. Non poteva affrontarlo. Non era mai riuscito a rassegnarsi. Non era vivere, legata a quelle macchine. Non era vivere. Si passò una mano sul viso. — Io e mia sorella non ci parliamo. Da anni. È invalida. Dayin dovrebbe averglielo detto.
— Ne sono informato. Sto parlando del marito e dei figli di sua sorella. Ne avrà il coraggio, signor Lukas?
— Ne avrò il coraggio, sì, purché il piano sia sensato.
— In questa stazione c’è un uomo, un certo Kressich.
Jon respirò lentamente, appoggiando il bicchiere sul bracciolo della poltrona. — Vassily Kressich, eletto consigliere di Q. Come mai lo conosce?
— Dayin Jacoby ci ha dato il suo nome… come consigliere del settore quarantena; e abbiamo i nostri schedari. Questo Kressich… lo vediamo uscire da Q, quando si riunisce il consiglio. Ha un lasciapassare, in questo caso, oppure viene riconosciuto a vista?
— L’uno e l’altro. Ci sono le guardie.
— È possibile corrompere quelli che effettuano il controllo?
— Per certe cose, sì. Ma gli abitanti della stazione, signor chiunque-tu-sia, hanno un’innata riluttanza a fare qualunque cosa che possa danneggiare la stazione nella quale vivono. Può introdurre in Q droghe e liquori di contrabbando; ma un uomo… L’elasticità di una guardia nei confronti del liquore e il suo istinto di sopravvivenza sono due cose ben diverse.
— Allora dovremo avere con lui incontri molto brevi, no?
— Non qui.
— Sta a lei decidere. Forse con il prestito dei documenti. Sono sicuro che si potrà combinare qualcosa, con tutti i suoi fedeli dipendenti. Un alloggio vicino alla zona Q…
— Di che incontro sta parlando? E che cosa vuole da Kressich? Quell’uomo non ha spina dorsale.
— Quanti dipendenti ha, in tutto — chiese Jessad, — che siano fidati come quelli che si trovano qui ora davanti a noi? Uomini disposti a correre rischi, disposti a uccidere? Sono questi che ci occorrono.
Jon lanciò un’occhiata a Bran Hale. Gli mancava il fiato. — Be’, Kressich non è il tipo, glielo assicuro.
— Kressich ha certi contatti. Se non li avesse, come potrebbe essere il rappresentante di una mostruosità come la zona Q?
Il comunicatore ronzò. La spia s’era accesa: una chiamata in arrivo. Josh guardò l’apparecchio e smise di camminare avanti e indietro. Lo avevano lasciato andare. Vada a casa, gli avevano detto, e lui aveva obbedito, avviandosi lungo i corridoi sorvegliati dai poliziotti e dagli uomini di Mazian. Sapevano dov’era, in quel momento. E adesso qualcuno lo stava chiamando, poco dopo il suo arrivo.
Il ronzio era insistente e la spia rossa continuava a lampeggiare. Lui non voleva rispondere, ma poteva essere la polizia per controllare se era arrivato. Non aveva il coraggio di ignorare la chiamata. Attraversò la stanza e premette il pulsante.
— Josh Talley — disse al microfono.
— Josh. Josh, sono Damon. Che piacere sentire la tua voce. Tutto bene?