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— Non prendiamo a bordo passeggeri — disse Neihart. — Abbiamo visto il risultato. E anche lei. Quindi non lo chieda.

— Mi ascolti. Là fuori ci sono i confederati. Noi formiamo un guscio… intorno a questa stazione. Dobbiamo restare fermi. Mi permetta di comunicare.

Lei parlava a nome di Pell, rivolgendosi a quel comandante, e a tutti gli altri; ma quella era la nave di Neihart, non Pell, e lei era una mendicante senza nave.

— È il diritto del dirigente della capitaneria di porto — disse all’improvviso Neihart, con un cenno. — Il comunicatore è suo.

Con un gesto di gratitudine, Elene si fece condurre al banco più vicino, si lasciò cadere sul sedile con un crampo al basso ventre… Non il bambino, pregò. Aveva il braccio e la schiena intorpiditi, dove l’avevano urtata. Le immagini parvero confondersi quando tese la mano verso l’auricolare. Batté le palpebre per mettere a fuoco gli strumenti, cercando di schiarirsi la vista e la mente. Inserì la comunicazione da nave a nave. — A tutte le navi: registrare e trasmettere: qui il comando dei moli di Pell. Ufficiale di collegamento di Pell, Elene Quen, a bordo di Finity’s End di Neihart, molo bianco. Chiedo che tutti i mercantili attraccati chiudano i portelli e non, ripeto, non prendano a bordo nessun abitante della stazione. Pell non sta per essere evacuata. Trasmettetelo all’esterno, se potete farvi sentire con gli altoparlanti. Le navi attraccate, se possono staccare i collegamenti dall’interno, sono pregate di procedere. Ma non salpate. Le navi in formazione mantengano la formazione. La stazione compenserà lo squilibrio e ritroverà la stabilità. Ripeto, Pell non sta per essere evacuata. C’è un’azione militare in corso nel sistema. Sarebbe inutile evacuare la stazione. Prego trasmettere all’esterno quanto segue, se possibile: Attenzione. Per ordine della capitaneria di porto, tutte le forze di polizia della stazione dovranno fare il possibile per ristabilire l’ordine nelle aree in cui si trovano. Non cercate di raggiungere l’area centrale. Restate dove siete. Cittadini di Pell; siete minacciati da una rivolta. Barricate tutti gli accessi e tutte le sezioni, e preparatevi a difenderli per impedire l’azione dei ribelli. Il settore quarantena è stato sfondato. Se cedete al panico e alla disperazione, favorite i rivoltosi e metterete in pericolo le vostre vite. Difendete le barricate. Riuscirete a tenere la stazione area per area. Le comunicazioni della stazione sono interrotte a causa dell’azione militare, e gli sbalzi di gravità sono dovuti alla partenza non autorizzata delle navi militari. La stabilità sarà ripristinata al più presto possibile. A tutti i profughi usciti dalla quarantena: conto sulla vostra collaborazione per creare linee di difesa e barricate insieme ai cittadini di Pell. La stazione negozierà con voi per quanto riguarda la vostra situazione; la vostra collaborazione in questa crisi vi darà diritto alla gratitudine di Pell, e potrete contare su un occhio di riguardo quando la situazione si sarà stabilizzata. Restate dove siete, difendete le vostre aree e ricordate che questa stazione tiene in vita anche voi. A tutto il personale dei mercantili: vi prego di collaborare con me. Se avete informazioni, inoltrate i messaggi alla Finity’s End. Questa nave fungerà da capitaneria di porto finché durerà l’emergenza. Vi prego di comunicare da nave a nave e di trasmettere le sezioni indicate di questo discorso mediante gli altoparlanti esterni. Resto in attesa di risposta.

I messaggi cominciarono ad affluire, richieste ansiose di ulteriori informazioni, domande brusche, minacce di decollare immediatamente. Intorno a Elene, l’equipaggio della Finity’s End si stava preparando alla partenza.

Da un momento all’altro, si augurava Elene, da un momento all’altro i comunicatori potevano rientrare in funzione, la centrale poteva farsi sentire di nuovo e stabilire il contatto con il comando… con Damon, che forse era nella centrale e forse no. Non in quei corridoi, sperava, dove si erano scatenati quelli del settore Q. Era mezzogiorno di primogiorno… il momento peggiore, quando quasi tutti gli abitanti di Pell lasciavano il lavoro e si trovavano nei corridoi…

Damon era assegnato al molo azzurro, in caso d’emergenza. Forse aveva tentato di raggiungerlo; avrebbe cercato di farlo. Lo conosceva bene. Le lacrime le offuscavano gli occhi. Strinse il pugno sul bracciolo della poltrona, e cercò di scacciare il dolore al ventre.

— Chiusura sezione bianca appena attivata. — La notizia arrivò dalla Sita, che era in buona posizione. Altre navi annunciarono la chiusura di altre paratie. Pell si era segmentata per difendersi: il primo segno che era ancora in grado di reagire.

— Il video ha inquadrato qualcosa — disse con voce preoccupata qualcuno alle sue spalle, un membro dell’equipaggio. — Potrebbe essere un mercantile fuori formazione. Non so.

Elene si asciugò il viso e cercò di concentrarsi. — Restate fermi — disse. — Se spezziamo i cavi, là fuori moriranno a migliaia. Usate i comandi manuali. Non spezzateli, non spezzateli.

— Ci vorrà tempo — disse qualcuno. — E forse non l’avremo.

— E allora cominciate subito — mormorò Elene.

PELL: SETTORE AZZURRO UNO: CENTRALE DI COMANDO

Le spie rosse che avevano lampeggiato sui quadri di controllo erano meno numerose, adesso. Jon Lukas andava da una postazione all’altra, e osservava i movimenti dei tecnici, gli schermi, e le attività che si svolgevano dovunque ci fosse qualcosa da controllare. Hale montava di guardia al di là dei vetri, al comunicatore della centrale, insieme a Daniels; Clay si trovava a un’estremità della sala, Lee Quale dall’altra, e c’erano altri membri del servizio di sicurezza della Società Lukas, ma nessuno della stazione. I tecnici e i dirigenti non discutevano, lavoravano febbrilmente, troppo presi dall’emergenza.

C’era paura, nella sala, una paura che non era ispirata solo dall’attacco esterno. La presenza delle armi, l’interruzione prolungata… Jon immaginava che sapessero che era successo qualcosa, perché Angelo Konstantin taceva, perché nessuno dei Konstantin o dei loro luogotenenti si era fatto vedere.

Un tecnico gli consegnò un messaggio e tornò correndo al suo posto, senza guardarlo negli occhi. Era una nuova richiesta da parte della base principale della Porta dell’Infinito. Quello era un problema che si poteva rimandare. Per il momento tenevano la centrale e gli uffici, e Jon Lukas non intendeva rispondere alla richiesta. Emilio doveva pensare che fosse stato un ordine dei militari a imporre il silenzio alla stazione.

Sugli schermi l’assenza d’attività era malaugurante. Là fuori se ne stavano seduti ad aspettare. Jon Lukas fece di nuovo il giro della sala, e alzò bruscamente la testa quando la porta si aprì. Tutti i tecnici si fermarono, ignorando i loro compiti, con le mani sollevate, nel vedere il gruppo di civili che era apparso con le armi spianate.

Jessad, seguito da due degli uomini di Hale, da un agente del servizio di sicurezza, e da uno dei loro.

— L’area è in mano nostra — riferì Jessad.

— Signore. — Un dirigente si alzò dal suo posto. — Consigliere Lukas… che cosa sta succedendo?

— Lo faccia sedere — scattò Jessad, e il dirigente si aggrappò allo schienale e lanciò a Jon uno sguardo in cui non vi era più spazio per la speranza.

— Angelo Konstantin è morto — disse Jon, squadrando quelle facce spaventate. — È stato ucciso nei disordini, con tutti i suoi uomini. I sicari hanno attaccato gli uffici. Riprendete il lavoro. Non è ancora finita.

Le facce si abbassarono, le schiene si voltarono, e i tecnici cercarono di rendersi invisibili nella loro efficienza. Nessuno parlò. Jon Lukas si sentì rincuorare da quell’obbedienza. Fece un altro giro della sala, e si fermò.