Signy Mallory calcolò il fattore tempo. La velocità dei confederati, la proliferazione della loro immagine, la velocità della Tibet e della North Pole in avvicinamento. Da un momento all’altro la Tibet avrebbe dovuto capire la situazione, rendersi conto che aveva addosso i confederati. Se lo schermo diceva la verità…
Per un momento il loro schermo continuò a mostrare le immagini precedenti, poi si bloccò, e rimase stazionario, poiché il rilevatore aveva esaurito tutte le ipotesi. Movimento sincrono, una nebbiolina gialla, mentre alcune linee rosse intersecavano lo sfondo, le linee rosse che indicavano il rilevamento reale.
Più vicino. La linea rossa arrivò al punto critico… continuò. Diritta. Signy rimase a guardare, come tutti loro, del resto. Strinse i pugni e si trattenne a stento dal prendere a calci qualcosa, il quadro dei comandi, il cuscino, qualunque cosa.
E accadde; loro lo videro accadere, ciò che in realtà era già accaduto: la difesa vana, l’attacco soverchiante. Due navi. Sette ricognitori. In quaranta e più anni, la Flotta non aveva mai subito perdite in maniera così assurda.
La Tibet si lanciò… Kant proiettò la sua nave nel balzo vicino alla massa dei suoi nemici, e portò con sé nell’oblio i suoi ricognitori e una nave confederata… vi fu un vuoto improvviso sullo schermo… un’acclamazione rabbiosa; e poi di nuovo, quando la North Pole e i suoi ricognitori si avventarono in mezzo ai confederati…
Per poco non riuscirono a passare nel varco aperto da Kant. Poi l’immagine si frantumò. Il segnale del computer della North Pole, che stava incominciando a trasmettere… cessò bruscamente.
Signy non aveva gridato, s’era limitata ad annuire lentamente, ogni volta, senza rivolgersi a qualcuno in particolare, ricordando gli uomini e le donne a bordo, nomi conosciuti… disprezzando la situazione in cui erano stati cacciati. Gli schermi tornarono nitidi, adesso che i problemi erano risolti. Le immagini superstiti mostrarono le navi confederate le quali continuarono ad accelerare, compirono il balzo, sparirono dagli schermi. I confederati sarebbero ricomparsi, alla fine, con i rinforzi; dovevano solo chiamare altre navi. La Flotta aveva vinto, aveva resistito, ma adesso erano in sette: sette navi.
E sarebbe accaduto ancora e poi ancora. La Confederazione poteva sacrificare le navi. Le navi della Confederazione si aggiravano alla periferia del sistema, e loro non osavano andare alla loro caccia. Abbiamo perduto, disse silenziosamente Signy a Mazian. Lo capisci? Abbiamo perduto.
— Pell — disse la voce di Mazian, attraverso il comunicatore — è in stato di rivolta. Non sappiamo quale sia la situazione. Ci troviamo di fronte a disordini. Mantenete la formazione. Non possiamo escludere un altro attacco.
Ma all’improvviso, sui quadri della Norway, cominciarono a lampeggiare le spie luminose; un intero settore riguadagnò la sua indipendenza. La Norway era liberata dalla sincronia dei computer. Gli ordini lampeggiarono sullo schermo, inviati dal computer.
… IMPADRONIRSI DELLA BASE.
La Norway era stata liberata. E anche l’Africa. Due navi, per tornare indietro e prendere una stazione in preda ai disordini, mentre le altre restavano sul perimetro, con lo spazio per manovrare.
Signy attivò il comunicatore generale. — Di, armi e tute. Dobbiamo procurarci un attracco. Tutte le forze disponibili si tengano pronte. La squadra dell’altergiorno dovrà sorvegliare i moli. Andiamo a riprenderci i soldati che abbiamo dovuto abbandonare.
Un grido proruppe attraverso il collegamento, un brusio di voci; i militari, rabbiosi e frustrati, adesso sapevano che c’era di nuovo bisogno di loro, ed erano ansiosi di entrare in azione.
— Graff — chiamò Signy.
Accesero le luci rosse nonostante le truppe non fossero ancora pronte, virarono e puntarono diritto verso la stazione. L’Africa di Porey abbandonò la formazione e li seguì.
— Dateci accesso all’attracco — disse la voce della Mallory, attraverso il comunicatore. — E apriteci le porte della centrale, altrimenti cominceremo a rimuovere intere sezioni.
Collisione, lampeggiavano gli schermi. Pallidissimi, i tecnici rimasero ai loro posti, e Jon stringeva lo schienale della sedia, paralizzato all’idea delle navi che si stavano avventando verso Pell.
— Signore! — urlò qualcuno.
L’immagine era eloquente: masse enormi che riempivano tutto lo schermo, mostri che venivano verso di loro, una muraglia di tenebra che alla fine si squarciò, uscendo dal raggio delle telecamere sulla parte superiore e quella inferiore della stazione. Dai quadri uscivano scariche incessanti, e le sirene ululavano, mentre le navi erano ormai vicinissime. Uno schermo si spense, e risuonò l’allarme che segnalava un’avaria: pericolo di depressurizzazione.
Jon si girò di scatto, cercò Jessad che poco prima si trovava accanto alla porta. C’era soltanto Kressich, che ascoltava a bocca aperta il suono lamentoso delle sirene.
— Stiamo aspettando una risposta — disse una voce più profonda, attraverso il comunicatore.
Jessad era sparito. Jessad, o qualcun altro, aveva fallito a Mariner, e la stazione era distrutta. — Mi trovi Jessad! — gridò Jon a uno degli uomini di Hale. — Lo cerchi! Lo porti qui!
— Si stanno avvicinando di nuovo! — gridò un tecnico.
Jon si voltò di scatto, fissò gli schermi; cercò di parlare e gesticolò all’impazzata. — Collegamento del comunicatore! — gridò, e il tecnico gli passò un microfono. Jon deglutì, fissando i colossi che si avvicinavano sul video. — Accesso accordato — gridò nel microfono, cercando di dominare la voce: — Ripeto: qui è il dirigente della stazione di Pell, Lukas. Accesso accordato.
— Lo dica ancora. — Era di nuovo la voce della Mallory. — Lei chi è?
— Jon Lukas, facente funzioni di dirigente della stazione. Angelo Konstantin è morto. Per favore, aiutateci.
Silenzio. Le immagini cambiarono; le grandi navi abbandonarono la rotta di collisione e rallentarono in modo percettibile.
— Per primi attraccheranno i nostri ricognitori — annunciò la voce della Mallory. — Ricevuto, stazione di Pell? I ricognitori attraccheranno per primi, e il personale fungerà da squadre d’attracco per le navi. Limitatevi a fornire assistenza all’arrivo e poi toglietevi di torno, o spareranno. Per ogni ostacolo che incontreremo, ci metteremo a sparare.
— Ci sono disordini, nella stazione — disse Jon, in tono implorante. — Il settore Q ha rotto l’isolamento.
— Ha ricevuto le mie istruzioni, signor Lukas?
— Pell riceve chiaramente. Ha capito il nostro problema? Non possiamo garantire che non ci saranno guai. Alcuni dei nostri moli sono bloccati. Accettiamo l’assistenza delle vostre truppe. Siamo devastati dai disordini. Potete contare sulla nostra collaborazione.
Vi fu una lunga esitazione. Altri punti luminosi erano apparsi sullo schermo, i ricognitori che accompagnavano le navi. — Ricevuto — disse la Mallory. — Scenderemo con le truppe. Fate attraccare il mio ricognitore numero uno, altrimenti ci apriremo un passaggio con gli esplosivi e faremo saltare una stazione dopo l’altra, senza lasciare superstiti. Potete scegliere.
— Ricevuto. — Jon si asciugò il volto. Le sirene tacevano. C’era un silenzio di tomba nel centro di comando. — Mi dia il tempo di radunare le forze della sicurezza necessarie per i moli. Passo.
— Le do mezz’ora, signor Lukas.
Jon si voltò, e chiamò con un cenno una delle sue guardie della sicurezza, accanto alla porta. — Qui Pell. Ricevuto. Mezz’ora. Vi sgombreremo un molo.