— Azzurro e verde, signor Lukas. Provveda.
— I moli verde e azzurro — ripeté lui, rauco. — Faremo del nostro meglio.
La Mallory tolse la comunicazione. Jon andò ad attivare il centro comunicazioni principale. — Hale — esclamò. — Hale.
Apparve la faccia di Hale.
— Annuncio generale. Tutte le forze di sicurezza ai moli. Sgombrare i moli verde e azzurro.
— Ricevuto — disse Hale, e tolse la comunicazione.
Jon attraversò la sala, e raggiunse la soglia, dove Kressich stava ancora in attesa. — Torni al comunicatore. Dica alla sua gente che si calmi, se è vero che può controllarla. Chiaro?
Kressich annuì. Nei suoi occhi c’era un misto di follia e di disperazione. Jon l’afferrò per il braccio e lo trascinò al quadro del comunicatore, mentre il tecnico si affrettava a scostarsi. Lo fece sedere, gli passò il microfono, e restò in ascolto mentre Kressich chiamava i suoi luogotenenti e ordinava di sgombrare i due moli. Il panico perdurava nei corridoi dove c’erano ancora le telecamere in funzione. Il verde nove mostrava una folla inquieta e del fumo; e qualunque settore avessero liberato, la gente in preda al panico vi si sarebbe precipitata come l’aria nel vuoto.
— Allarme generale — disse Jon al responsabile della stazione uno. — Dia il segnale di gravità zero.
La donna si voltò, aprì lo sportello di sicurezza, e premette il pulsante. Si udì un segnale acustico, diverso e più allarmante di tutti gli altri avvertimenti che erano risuonati nei corridoi di Pell. — Cercate un posto sicuro — diceva una voce, interrompendo a intervalli quel ronzio. — Evitate le aree di vaste dimensioni. Entrate nel compartimento più vicino e afferratevi alle maniglie. Se dovesse verificarsi una perdita estrema di gravità, ricordate le frecce d’orientamento e osservatele mentre la stazione si stabilizza… Cercate un posto sicuro…
Nei corridoi, il panico lasciò il posto a una fuga frenetica; la gente premeva contro le porte, urlando.
— Tolga la gravità — disse Jon al coordinatore operativo. — Ci dia una variazione che loro possano sentire, là fuori.
Gli ordini partirono. La stazione si destabilizzò per la terza volta. Il corridoio verde nove cominciò a vuotarsi, via via che la gente fuggiva in cerca di spazi più ristretti. Jon chiamò di nuovo Hale. — Mandi qualcuno là fuori. Faccia sgombrare quei moli; una possibilità ve l’ho data, accidenti a voi.
— Sì, signore — disse Hale, e tolse di nuovo la comunicazione. Jon si voltò, guardando angosciato i tecnici e Lee Quale, che stava aggrappato a una maniglia presso la porta. Fece un segnale a Quale, e quando quello si avvicinò, l’afferrò per la manica e lo tirò più vicino. — Quel problema rimasto in sospeso — disse. — Giù al molo verde. Scenda e veda di risolverlo, capito? Definitivamente!
— Sì, signore. — Quale sospirò e corse via: aveva abbastanza buon senso, sicuramente, per capire che ne andava della loro vita.
Forse avrebbe vinto la Confederazione. Fino a quel momento, avrebbero rivendicato la neutralità della stazione. Jon camminò avanti e indietro lungo la corsia, afferrandosi ai sedili e ai banchi quando la variazione di gravità si accentuava, cercando di evitare che l’intero centro si abbandonasse al panico. Lui aveva Pell. Aveva già quello che la Confederazione gli aveva promesso, e l’avrebbe avuto sotto Mazian e sotto la Confederazione, se fosse stato prudente; e lo era stato, molto più di quanto Jessad gli avesse ordinato d’essere. Non c’era rimasto un solo testimone vivo negli uffici di Angelo, e nell’Ufficio Legale, anche se lì l’incursione era fallita. Soltanto Alicia… che non sapeva nulla, che non dava fastidio a nessuno, che non aveva autorità, e i suoi figli…
Il pericolo era Damon. Damon e sua moglie. Non poteva mettere le mani sulla Quen… ma se Damon avesse incominciato a lanciare accuse…
Girò la testa e si guardò indietro, e all’improvviso si accorse che Kressich non c’era più, Kressich e gli altri due che avrebbero dovuto sorvegliarlo. La diserzione dei suoi uomini lo fece infuriare; quella di Kressich… era un sollievo. Kressich sarebbe sparito di nuovo tra le orde di Q, spaventato e irraggiungibile.
Soltanto Jessad… se non l’avevano ucciso, se era libero, vicino a qualche ganglio vitale…
Sullo schermo i ricognitori si stavano avvicinando. Pell aveva ancora un po’ di tempo, prima che arrivassero le truppe di Mazian. Un tecnico gli porse l’identificazione delle navi che attendevano là fuori: la Mallory e Porey, i due giustizieri di Mazian. Avevano una bella reputazione: una era spietata, l’altro crudele. L’altro era Porey. Non era una buona notizia.
Nell’attesa, cominciò a sudare.
Fuori stava succedendo qualcosa. Damon camminò sul pavimento cosparso di detriti nell’oscurità del negozio e cercò ancora una volta di guardare attraverso la finestra sventrata. Sussultò nel vedere la rossa fiammata di uno sparo. C’erano grida, mescolate allo stridore di macchinari in funzione.
— Chiunque ci sia, là fuori, stanno venendo da questa parte e hanno fucili, — Damon si allontanò dalla porta, muovendosi cautamente nella gravità ridotta. Josh si chinò, raccattò un’asta metallica che aveva fatto parte d’una vetrina sfondata, l’offrì a Damon, e ne prese un’altra per sé. Damon si piazzò accanto alla porta, e Josh andò dalla parte opposta, con la schiena contro la parete. Non c’erano suoni, fuori, vicino a loro; si sentiva gridare in lontananza. Damon si arrischiò a dare un’occhiata, e si ritrasse di scatto quando scorse alcune ombre accanto alla finestra.
La porta si spalancò, aperta dall’esterno con una tessera; qualcuno che aveva la priorità. Due uomini si precipitarono all’interno, con le armi spianate. Damon calò l’asta d’acciaio su di una testa, con gli occhi appannati per l’orrore, e Josh colpì dall’altra parte. Gli uomini caddero in modo strano nella gravità ridotta, e una pistola scivolò via. Josh la raccolse, sparò due volte per essere sicuro, e uno dei due uomini sussultò e rimase stecchito. — Prendi la pistola — sibilò Josh, e Damon si chinò, spinse il corpo, e trovò il calcio della pistola in una mano inerte. Josh, in ginocchio, girò l’altro cadavere e cominciò a spogliarlo. — Abiti — disse. — Tessere che funzionano.
Damon posò la pistola, e cercando di vincere la ripugnanza, spogliò il corpo inerte, si tolse gli abiti e indossò la tuta insanguinata… dovevano esserci molti uomini macchiati di sangue, nei corridoi. Frugò le tasche, e trovò i documenti, mentre la tessera era sul pavimento, dove l’uomo l’aveva lasciata cadere. Esaminò sotto la luce il documento d’identità. Lee Anton Quale… Società Lukas…
Quale. Quale, che aveva partecipato all’ammutinamento sulla Porta dell’Infinito… e alle dipendenze di Jon Lukas; al soldo di Jon, e Jon aveva il controllo del computer… quando Q aveva trovato le porte aperte, quando i Konstantin erano stati assassinati nel settore a maggior sicurezza di Pell… quando la sua tessera aveva smesso di funzionare… e poi gli assassini sapevano dove trovarlo… c’era Jon Lukas, lassù.
Una mano gli strinse la spalla. — Vieni, Damon.
Damon si alzò, e rabbrividì nel vedere che Josh usava la pistola per bruciare la faccia di Quale e renderla irriconoscibile. Fece lo stesso con l’altro. Vide che il viso di Josh era madido di sudore nella luce che filtrava dalla porta, irrigidito per l’orrore; ma la reazione era esatta. Era un uomo i cui istinti sapevano quel che bisognava fare. Josh si avviò verso il molo e Damon corse con lui, in piena luce, e subito rallentò, perché i moli erano virtualmente spogli. La paratia del molo bianco era chiusa; quella del molo verde era nascosta dall’orizzonte. Cautamente, passarono davanti all’enorme paratia del molo bianco, si infilarono tra le scalette dall’altro lato, e proseguirono al coperto, mentre l’orizzonte si abbassava gradualmente rivelando un gruppo di uomini al lavoro con i macchinari d’attracco. Si muovevano lentamente, guardinghi, nella gravità ridotta. C’erano cadaveri, documenti e rottami sparpagliati sui moli, in un’area allo scoperto che sarebbe stato difficile raggiungere senza farsi scorgere. — Lì ci sono abbastanza documenti per prendere tutti i nomi che vogliamo — disse Josh.