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Un’azione semplicissima: uscire sotto gli occhi di una guardia, prendere un panino imbottito e una confezione di succo di frutta tiepido, e tornare indietro. Ma ritornò nel suo rifugio con una sensazione di trionfo, e si accoccolò per mangiare, mentre Josh lo raggiungeva… Mangiò e bevve, come se l’incubo fosse in gran parte svanito, e lui fosse prigioniero di una nuova, strana realtà, dove non era necessario il sentimento umano, ma soltanto la prudenza animale.

E poi si udirono improvvisamente le voci acute degli indigeni; quello che spingeva il carrello parlava, attraverso il molo, agli altri compagni. Damon si stupì; di solito gli indigeni erano molto timidi quando tutto era tranquillo; il soldato di scorta si meravigliò, abbassò il fucile e si guardò intorno. Ma era tutto tranquillo; facce di gente spaventata e indigeni dall’aria solenne, che si erano fermati per un attimo e adesso stavano riprendendo il lavoro. Damon finì di mangiare mentre il carrello passava oltre, diretto verso il settore verde.

Un indigeno si avvicinò, trascinando uno scatolone nel quale raccoglieva i contenitori di plastica. Josh lo guardò ansioso; quando l’indigeno gli tese la mano, gli consegnò gli involucri; Damon gettò i suoi nello scatolone e alzò gli occhi, spaventato, appena l’indigeno gli posò gentilmente la mano sul braccio. — Tu Konstantin-uomo.

— Vattene — mormorò Damon, rauco. — Indigeno, non dire il mio nome. Mi uccideranno, se mi vedono. Taci e vattene, subito.

— Io Denteazzurro. Denteazzurro, Konstantin-uomo.

— Denteazzurro. — Damon ricordò. Le gallerie, l’indigeno ferito. Le dita robuste di Denteazzurro strinsero più forte.

— Hisa chiamata Lily manda da Il-Sole-è-suo-amico, tu chiami lei ’Licia. Lei manda noi, fa Lukas quieti, non venire in lei posto. Ti voglio bene, Konstantin-uomo. ’Licia lei al sicuro, indigeni tutto intorno a lei, tengono sicura. Noi portiamo te, vuoi?

Per un momento, Damon non riuscì a respirare. — Viva? È viva?

— ’Licia lei sicuro. Mandato tu venire, fare te sicuro con lei.

Damon si sforzò di riflettere, strinse la mano pelosa e guardò i tondi occhi azzurri; avrebbe voluto saperne di più. Scosse la testa. — No. No. È pericolo per lei, se ci vado. Uomini-con-fucili, capisci, Denteazzurro? Uomini che mi danno la caccia. Dille… dille che sono salvo. Dille che mi sono nascosto, dille che Elene è partita con le navi. Va tutto bene. Ha bisogno di me, Denteazzurro? Ha bisogno di me?

— Sicura in lei posto. Indigeni siedono con lei, tutti indigeni di Lassù. Lily con lei. Satin con lei. Tutti, tutti.

— Dille… dille che le voglio bene. Dille che sono salvo, e anche Elene. Ti voglio bene, Denteazzurro.

Le braccia brune lo strinsero. Damon abbracciò con calore l’indigeno, e si congedò da lui, sgattaiolando via come un’ombra; poi cominciò a raccogliere i rifiuti, e si allontanò. Damon lo seguì con lo sguardo, temendo che li avessero notati, ma non vide altro che l’espressione incuriosita di Josh. Si asciugò gli occhi sul braccio appoggiato al ginocchio. Il torpore diminuì; ricominciò ad avere paura, perché adesso aveva motivo di temere, qualcuno a cui potevano far del male.

— Tua madre — disse Josh. — È di lei che parlava?

Damon annuì, senza dir nulla.

— Sono contento — disse Josh, di slancio.

Damon annuì di nuovo. Batté le palpebre, e cercò di riflettere. Era così sconvolto che gli pareva di non riuscire a ragionare.

— Damon.

Alzò la testa e seguì lo sguardo di Josh. Dall’orizzonte spuntarono squadre di militari, provenienti dal molo verde. Avanzavano in formazione. Si alzò, con fare noncurante, si spolverò la tuta, e voltò le spalle al molo per nascondere Josh mentre si alzava. Si avviarono nell’altra direzione facendo finta di nulla.

— Sembra che comincino a organizzarsi — disse Josh.

— Va tutto bene — insistette Damon. Non erano i soli a muoversi. Il corridoio di bianco nove non era lontano. Si avviarono insieme ad altri che sembravano avere la stessa destinazione, e trovarono una sala pubblica di ricreazione vicino a uno dei bar all’angolo di bianco nove; Josh entrò, e Damon lo seguì. Poi uscirono a passo normale. C’erano sentinelle alle intersezioni dei corridoi, ma si limitavano a guardarsi intorno distrattamente. Damon proseguì lungo il nove, si fermò a una cabina pubblica.

— Coprimi — disse, e Josh si appoggiò alla parete, nascondendolo alla vista delle guardie. — Voglio vedere che tessere abbiamo, quanti crediti, e chi sono i legittimi proprietari. Non ho bisogno della mia priorità per farlo; basta il numero.

— Io so una cosa — disse sottovoce Josh. — Non sembro un cittadino di Pell. E la tua faccia…

— Nessuno ci tiene a farsi notare; e nessuno può denunciarci senza mettersi in mostra. È la nostra speranza; nessuno vuole attirare l’attenzione. — Damon inserì la prima tessera e premette il pulsante. Altener, Leslie: 789,90 crediti presso il computer; sposato, un figlio. Commesso presso una concessionaria d’abbigliamento. Infilò la tessera nella tasca sinistra; non voleva usarla, non voleva derubare i superstiti. Lee Anton Quale, scapolo, dipendente della Società Lukas, autorizzazioni limitate, 8967,89 crediti… una somma sorprendente, per un tipo simile. William Teal, sposato, senza figli, caposquadra del carico, 4567,67 crediti, autorizzazioni per i magazzini.

— Vediamo le tue — disse a Josh. L’altro gli porse le tessere, e Damon inserì la prima, febbrilmente, chiedendosi se tutte quelle richieste da un posto pubblico non avrebbero insospettito la centrale. Cecil Sazony, scapolo, 456,78 crediti, macchinista, scaricatore occasionale, diritto d’alloggio; Louis Diban, matrimonio per cinque anni scaduto, nessuno a carico, 3421,56, caposquadra dei moli. Damon intascò le tessere e si avviò, seguito da Josh. Svoltarono, e poi alla prima intersezione piegarono di nuovo sulla destra. Là c’era un magazzino; tutti moli erano eguali, visti dai corridoi centrali, e nei pressi doveva esserci un magazzino per la manutenzione. Damon trovò la porta, usò la tessera del caposquadra per aprirla e accese le luci. La ventilazione era attivata e videro mucchi di carta, attrezzi per le pulizie e altri utensili. Entrò, seguito da Josh, e chiuse la porta. — Un buco per nasconderci — disse, e intascò la tessera che aveva usato: era la chiave migliore che avevano. — Aspetteremo, e fra un giorno o due usciremo con il turno d’altergiorno. Due delle nostre tessere sono di individui che lavoravano d’altergiorno, scapoli, autorizzati a entrare nei moli. Siediti. Fra un momento le luci si spegneranno. Non potranno restare accese… il computer si accorgerà che la luce di una magazzino è accesa e la spegnerà per risparmiare energia.

— Qui siamo al sicuro?

Damon rise amaramente, e sedette contro la parete, piegando le ginocchia in quello spazio limitato per far posto a Josh. Sfiorò la pistola che aveva in tasca, per assicurarsi che ci fosse ancora. Trasse un profondo respiro. — Non siamo al sicuro in nessun posto. — Il viso d’angelo era stanco, sporco di grasso, e con i capelli scomposti. Josh sembrava atterrito, sebbene fosse stato il suo istinto a salvarli, sotto il fuoco. Loro due in coppia, uno che conosceva gli accessi e l’altro che aveva i riflessi pronti, erano un grosso problema per Mazian. — Ti avevano già sparato — disse Damon. — Non solo in una nave… da vicino. Lo sai?

— Non ricordo.

— No?