Trehearne assentì con un brontolio.
«Quanto alle velocità-limite» continuò Edri «anche gli scienziati vardda credevano in esse finché capitò loro di imbattersi nei cosmotroni. Un giorno una particella su cui stavano compiendo degli esperimenti li sconvolse profondamente, acquistando una velocità molto maggiore di quella della luce, e fu così che scoprirono i raggi di quinta grandezza. Scoprirono pure, come i vostri scienziati scopriranno, che gli assoluti teorici che uno studioso stabilisce secondo le proprie limitate cognizioni si rivelano illusori quando il campo di tali cognizioni si allarga. Potrei spiegarvi tutte queste cose se conoscessi meglio la meccanica continua!»
«Non potrei comprendere comunque» disse Trehearne «così fa lo stesso.»
Avevano raggiunto l’estremità del corridoio. Vi si apriva una stretta scala a chiocciola. Edri si scostò e incitò Trehearne a salire. Egli si avviò reagendo lungo il percorso contro un altro attacco di convulsioni; non si può assimilare tutto, abituarsi a tutto così d’un tratto, la singolarità, la separazione completa da tutto ciò che è stato, quel piombare a capofitto in orizzonti stranieri, in spazi ignoti, senza che il panico vi afferri se soltanto ci pensate. La scala immetteva in un ampio osservatorio a cupola di quarzo massiccio. Non sapeva che cosa si fosse aspettato di trovare, ma ne era deluso. Non vi era nulla da vedere se non un’oscurità solcata da serpeggianti linee luminose.
«Quelle sono stelle» disse Edri che era salito dietro a lui. «O piuttosto, le immagini di radiazione delle stelle. Alla velocità attuale stiamo superando le linee di energia luminosa che hanno lasciato dietro di sé. Scie stellari le chiamiamo…»
Girò un interruttore e la cupola di quarzo massiccio si soffuse di un pallido chiarore latteo. Edri esaminò un quadrante e lo regolò.
«Osservate la cupola» disse. «Ha uno spessore triplo, di una speciale composizione molecolare, ogni strato situato a un differente angolo obliquo. Ho immesso una corrente elettronica ad alta frequenza nella maglia di sottilissimi fili fra i tre strati e le più complicate e interessanti reazioni stanno ora compiendosi nella struttura molecolare della quarzite.»
Trehearne osservò. Il cuore gli batteva furiosamente.
«Guardate» disse Edri «gli impulsi luminosi delle scie stellari vengono intercettati, fissati, diffusi e infine riflessi da una lente interna.»
Trehearne osservò e osservando dimenticò Edri e l’astronave e se stesso. Dimenticò la Terra, il passato, il futuro. Dimenticò quasi di respirare.
La voce di Edri gli giunse piana. «Potrete vedere ciò spesso, Trehearne, ma non sarà più come la prima volta.»
Trehearne udì appena. L’astronave era svanita intorno a lui, lasciandolo sospeso sui profondi abissi che si stendono tra le isole stellari a guardare sbigottito nella solitudine oscura e splendida dello spazio.
Attraverso la magia di quella cupola di quarzo vide i grandi soli avanzare in fiamme e tuoni lungo la curva dell’infinito. Alcuni erano come cacciatori solitali, altri si accompagnavano alle stelle. Vide la loro cosmica parata di vita e di morte, i giovani soli divampanti di uno splendore biancoazzurro, i soli d’oro, i vecchi soli rossi, i soli spenti neri di ceneri funerarie. Vide le galassie lontanissime, i fuochi roteanti delle nebulose, i meravigliosi terribili mondi della Via Lattea fluttuanti all’estremo confine della creazione. E mentre guardava, ogni pensiero, ogni sentimento lo abbandonava ed egli era simile a un neonato abbagliato dalla luce.
Alcune stelle, gli pareva di riconoscerle: Algol che pulsava come un cuore sanguinante, la gloria dardeggiante di Sirio. Orione avanzava gigantesco tra gli abissi dello spazio, la cintura splendente di soli, qualche astro spento sulla fronte e i piedi che quasi toccavano le remote Iadi, Aldebaran ardeva di cupo splendore.
Aldebaran. Un altro sole. Altri mondi, altri popoli, altri costumi. Egli vi era diretto, uno straniero.
Un profondo tremore lo scosse. Il tempo passava, ma egli non se ne accorgeva. Era un uomo perduto, sprofondato, immerso nell’infinito. Edri lo osservava con una specie di tristezza nello sguardo. Dopo un po’ girò di nuovo l’interruttore, la cupola si oscurò e nella penombra rimasero visibili solo le saettanti strisce di luce. Trehearne sospirò, ma rimase immobile. Edri sorrise e lo scosse. Trehearne si girò lentamente e quando Edri si avviò giù per la scala, lo seguì, pur non sapendo dove andassero e perché.
Il corridoio era vuoto. Edri si fermò e aspettò finché gli occhi di Trehearne si fissarono su di lui con un barlume di coscienza. «Sto» disse «per venir meno a una consuetudine di tutta la mia vita e dire qualcosa di importante. Mi ascoltate?»
Trehearne fece un cenno di assenso.
«Voi trascorrerete gran parte del tempo con gli altri, cioè inevitabilmente anche con Shairn. State lontano da lei, Trehearne. Non importa se l’amate o l’odiate, state lontano da lei.»
Trehearne sorrise. La sua mente era un turbinio di stelle e i suoi occhi erano abbagliati dallo splendore delle nebulose.
«Shairn non mi sembra il tipo con cui si possa avere un rapporto fisso.»
«Questo è il guaio. Kerrel se la portò con sé in questo viaggio per porre fine al flirt che stava intrecciando con qualcun altro a Llirdis. Egli ne ha dovute sopportare tante da lei, e non è affatto il tipo: la gente non sa che cosa pensare.»
«Perché?»
«Bene, Kerrel è un agente del Consiglio, altamente rispettato, ha una grande autorità e così via, ma noi Vardda calcoliamo la nostra ricchezza in astronavi e Kerrel è povero. Shairn ne ha ereditate trenta, la quarta flotta dello spazio. In altre parole, egli ha più da perdere che Shairn.»
«Se la può tenere» disse Trehearne. «Lei e le sue astronavi.»
«Voi non la conoscete. Io la conosco. E posso dirvi che tenersi lontano da lei non è un’impresa facile solo quando ella non lo voglia.»
«Oh, vada al diavolo» brontolò Trehearne con impazienza. Era difficile discendere dalle stelle ai pettegolezzi meschini e la cosa gli seccava. «Non vedo come tutto questo mi riguardi.»
«Ve l’ho detto, so che tipo di donna è. E conosco Kerrel. È già vostro nemico…»
Trehearne rimase stupito. «Perché?»
«Perché è suo dovere esserlo. Perché l’intera struttura dello stato vardda, che ha giurato di proteggere è basata su poche ferree leggi e voi siete in procinto di violarle tutte. Oh, non proprio voi. Vi sono coinvolti più vasti problemi e voi sarete automaticamente immischiato. Kerrel è un uomo giusto, come egli stesso si considera, ma la sua è una giustizia non temperata dalla pietà. L’ho visto in azione troppo spesso, Trehearne. Avrete guai a sufficienza. Non offritegli anche un motivo di rancore personale.»
Il tono di Edri era così serio che Trehearne cominciò a sentirsi a disagio. Un’alta cieca muraglia si alzò davanti a lui, al di là della quale erano la vita con le sue complicazioni, la politica e la filosofia e le lotte dello stato dei Vardda ed egli non poteva vedere attraverso o al di sopra di essa. Disse: «Ho una quantità terribile di cose da imparare. Mi sgomenta quante. Voi e Kerrel non avete simpatia l’uno per l’altro, vero?»
Edri si strinse nelle spalle. «Sospetta che io abbia delle idee non propriamente in accordo con le sue. A Llirdis, come sulla Terra, è bene stare in guardia da un uomo che abbia un suo credo.» Improvvisamente si mise a ridere. «Bene, adesso basta. Come voi stesso avete detto, dovete imparare un sacco di cose. Possiamo incominciare fin da ora.»
Trehearne lo seguì prontamente per iniziare la sua rieducazione di Vardda.