«Sangue vardda» mormorò Joris tra sé. «Indiscutibile. E vuole librarsi a volo tra le stelle.» Chiese all’improvviso. «Siete un trovatello?»
«No» disse Trehearne. E aggiunse lentamente. «Ma è come se lo fossi stato.»
Joris si volse altrove, le sopracciglia corrugate, la testa e le spalle massicce sullo sfondo del cielo ardente. «Quanti anni avete?»
«Trentatré, in anni terrestri.»
Sempre voltando le spalle a Trehearne, Joris parlò. «Mi sembra di vedere una via d’uscita. Se vi servirà o no non lo so dire. Il Consiglio si radunerà di nuovo tra cinque giorni; allora mi si chiederà di fare un rapporto su di voi e farò del mio meglio. Nel frattempo dovrete andare dove vi dirò e rimanervi senza far chiasso. È chiaro?»
«Sì.» Il lieve pulsare della speranza era ricominciato in lui.
«Bene. E, Trehearne…»
«Sì?»
«Se tutto andrà bene, vi librerete in volo tra le stelle!»
Era una minaccia e una promessa insieme.
Mezz’ora più tardi, dopo un viaggio in sotterranea che gli tolse ogni nozione del luogo in cui si trovava, Trehearne fu scortato in un nitido stanzino quadrato, confortevole sotto ogni aspetto, ma pur sempre una cella. La serratura magnetica scattò con un lieve suono secco alle sue spalle; rimase solo.
Non c’erano finestre. Non sapeva neppure se si trovava sopra o sotto il livello del suolo. Non c’era né giorno né notte né tempo. Egli percorse da capo a fondo il breve pavimento e mangiò i cibi inconsueti che gli giungevano automaticamente attraverso una fessura della parete e cercò di dormire. Fumò le ultime sigarette, risparmiate a stento. Sperò e la speranza si trasformò lentamente in cupa disperazione.
Nessuno veniva. Shairn l’aveva dimenticato. L’amicizia di Edri si era allentata. A ogni ora che passava gli pareva sempre più chiaro che Joris gli aveva teso una trappola. Li odiava tutti. S’infuriava, attendeva e ricordava le parole del vecchio.
"Potreste esser tolto di mezzo con tanta rapidità e segretezza che nessuno mai udrebbe parlare di voi."
E questo era il suo arrivo a Llirdis, il frutto del suo viaggio attraverso l’Universo. Questa era la fine del sogno.
La sua furia cadde.
Venne il momento in cui si svegliò d’improvviso da un sonno inquieto per udire lo scatto della serratura e un passo lieve, attutito che si avvicinava. Balzò in piedi e vide che era Shairn. Ella gridò: «Michael!» e le sue parole gli giunsero con un suono di irrealtà, come una voce udita nell’incubo della febbre.
«Tutto è finito, Michael, sei libero!»
9
Era passata un’ora e ancora non riusciva a crederci. Aveva lasciato alle sue spalle la cella e i cinque giorni di attesa. Si trovava su una terrazza alta sopra la città. Era notte e le lune splendevano nel cielo. Il vento del mare aveva il sapore pungente del vino, ma non era come il vento di mare che egli ricordava, era nuovo e strano, intensamente emozionante. Intorno a lui le alte torri sottili si slanciavano verso le lune e lontano, ai suoi piedi, la rete luminosa delle strade era un’apparizione di sensuale bellezza, variopinta sonora, satura di vita.
Shairn sussurrò: «Guarda, Michael. È tutto tuo.»
Guardò. Le sue mani erano aggrappate alla ringhiera della terrazza e c’era in lui una pienezza che gli mozzava il respiro.
«C’entro un poco anch’io, Michael. Non mi ringrazi?»
Egli si volse. Shairn aveva indossato un ondeggiante abito bianco drappeggiato e cosparso di una pioggia di diamanti e nella massa scura dei suoi capelli brillavano strani gioielli. Egli cominciò a parlare e poi dimenticò quello che voleva dire, quando rumori all’interno dell’appartamento — erano in casa di Edri — annunciarono l’arrivo di Joris.
«Vieni a sentire come è accaduto il miracolo.»
Dalla terrazza passarono attraverso porte di vetro scorrevoli aperte ora alla tiepida brezza, in una bassa camera ampia e spaziosa che era insieme estremamente semplice e confortevole. La camera di un milionario, avrebbe detto Trehearne, eppure Edri era povero, secondo il metro dei Vardda, non essendo proprietario di astronavi e lavorando per altri proprietari. Le pareti-finestre si affacciavano sulla città, uno spettacolo imponente di luce e di colore, senza vistosi eccessi, e all’interno erano la quiete e un’intimità resa più personale dalla presenza dei piccoli oggetti che Edri aveva portato a casa dai suoi viaggi. Macchine di vario genere provvedevano, automaticamente alle pulizie giornaliere mentre egli era fuori e non vi era cucina. I pasti gli giungevano attraverso un tubo pneumatico, caldi, freddi, secondo gli ordini, da un servizio centrale. Ricordando il proprio appartamento da scapolo sulla Terra, Trehearne si sentì preso dall’invidia.
Joris gli si avvicinò, tendendogli la sua grande mano dura. Trehearne la strinse e Joris disse: «Che cosa avete pensato in quei cinque giorni in cella?»
Trehearne scosse il capo. «Non ve lo dico, dal momento che nulla di quanto pensavo corrispondeva a realtà.»
Joris rise. Edri disse: «Non gli abbiamo detto nulla. Abbiamo lasciato a voi il privilegio.» Prese dei bicchieri e versò del vino. Joris sedette pesantemente in una poltrona, pieno del sincero orgoglio di aver saputo risolvere la situazione, raggiante addirittura. Shairn si accovacciò accanto a lui su un ampio divano e cominciò a sorseggiare il suo vino. «Avanti» disse. «Aspettiamo.»
«C’è voluta un’abilità da giocoliere» disse Joris «e qualche vera e propria falsificazione, ma tutto è andato bene. Vedete, Trehearne, all’Amministrazione della base esiste un registro completo di tutti i viaggi. Riportandomi a trenta o quarant’anni fa, sono riuscito a crearvi un soddisfacente passato.»
Si chinò in avanti. «Ora ascoltate e tenete bene in mente. Siete nato sulla Terra trentaquattro anni or sono da genitori vardda allora impegnati in attività commerciali su quel pianeta. Vostra madre morì nel darvi alla luce e vostro padre fu costretto ad abbandonarvi poiché un piccolo Vardda non può sopravvivere al volo interstellare. Le persone che vi allevarono e che voi credevate vostri genitori non furono in realtà che dei genitori adottivi.» S’interruppe, si frugò nelle tasche dei pantaloni finché trovò un foglietto di carta che tese a Trehearne. «Ecco i nomi dei vostri veri genitori. Teneteli a mente. Vostro padre morì in un incidente al largo della nebulosa di Orione e non avete né fratelli né sorelle. Il caso vuole che a voi non toccò neppure l’eredità perché il patrimonio di vostro padre venne diviso subito dopo la sua morte. Da ora in poi questa è la sola vostra storia. Non dimenticatela. E non ditene più di quanto siate richiesto.»
Trehearne guardò il foglietto e i due nomi che vi erano scritti. «Non pensavo fosse possibile… Ma che cosa ha detto Kerrel? Certo non ha creduto a questa storia.»
«Ma non poteva provare che la verità fosse un’altra. E io produssi documenti di tale attendibilità che il risultato fu schiacciante.» Rise. «In effetti causò, come si dice, il crollo del terreno sotto i suoi piedi.»
«La cosa non gli è piaciuta» disse Shairn. «Ma non vi poteva far nulla, né potrà far nulla in futuro. Joris e io riuscimmo a convincere il Consiglio a non chiamarvi in causa, Michael, adducendo la ragione che meno si parlava del fatto meglio era. L’udienza fu chiusa, senza che i cronisti potessero assistervi. I documenti prodotti da Joris e le vostre caratteristiche di Vardda furono sufficienti. In meno di mezz’ora il Consiglio prese la sua decisione, dopodiché si riunirono nuovamente per rafforzare la legge secondo cui i neonati Vardda non possono venire alla luce in nessun altro luogo che a Llirdis!»
Trehearne si ficcò in tasca il foglietto. «Vorrei dire tante cose, ma…» S’interruppe e Edri gli mise in mano un bicchiere. «Non provatevi neppure» disse. «Diteci francamente che noi siamo meravigliosi e saremo soddisfatti. Tra parentesi, non giudicatemi un bugiardo. Non ho fatto che riferire i particolari più interessanti che voi stesso mi avete raccontato sulla vostra infelice infanzia di trovatello.»