Qualcosa non andava in Edri. Forse il vino aveva acuito la sensibilità di Trehearne, o forse si trattava soltanto del fatto che gli stimoli esterni avevano raggiunto una così folle intensità che egli ne rifuggiva infine, inconsciamente rivolgendosi a quelli familiari personificati dai suoi amici. Comunque fosse, si riscosse un poco dal suo stupore e si rese conto che mentre egli stesso e Shairn e Joris erano divenuti sempre più allegri, Edri s’era fatto sempre più serio rinchiudendosi in se stesso. Edri non era sobrio d’abitudine, ma Trehearne non l’aveva mai visto veramente ubriaco. Ora lo era, e continuava a bere come se su Llirdis non esistesse abbastanza vino da saziarlo, seduto in silenzio, gli occhi fissi su qualche lontananza interiore. Un’espressione preoccupata sul volto privo di bellezza. Trehearne gli rivolse la parola ed egli rispose, ma fu solo un riflesso meccanico, un suono senza significato.
Si trovavano in un luogo d’alberi e colonne di cristallo con pergolati fioriti e il cielo aperto al di sopra. Trehearne guardò gli altri. Erano felici, senza un pensiero al mondo. Poi osservò di nuovo il volto di Edri cupo e triste con lo sguardo vuoto e si accigliò. Era affezionato a Edri. Come d’improvviso, questo affetto per Edri lo invase. Chinandosi in avanti chiese: «Che cosa c’è, Edri? Che cosa c’è che non va?»
«Non ha bevuto abbastanza» rise Joris. «Ha bisogno di un po’ di vino.» Prese la bottiglia e versò un liquido color rubino nel bicchiere di Edri. Bruscamente Edri scosse il capo e respinse il bicchiere Ora egli stava fissando qualcosa dietro Trehearne. «No» disse. «Me ne vado a casa.»
«Non c’è fretta, Edri. Fermati un momento.» Era la voce di Kerrel. Trehearne trasalì e voltandosi lo vide lì fermo come se vi fosse stato da lungo tempo. Ora si fece avanti e sedette con loro. Trehearne non avrebbe potuto dire a che cosa stesse pensando. Non gli piaceva aver a che fare con persone di cui non poteva neppure approssimativamente immaginare i pensieri.
«Congratulazioni» disse Kerrel. «Non ne credo una sola parola, naturalmente, ma quella storia di Trehearne è davvero una bella trovata strategica.»
Joris si mise a ridere. «Il Consiglio ci ha creduto. Per di più io ci credo, Shairn ci crede… anche Trehearne ci crede, non è vero, Trehearne?»
«Ma certo.»
«Bene, ormai è fatta» disse Kerrel come se la cosa non avesse più importanza.
Shairn raccolse uno di quei fiori fragranti e lo lanciò sulle ginocchia di Kerrel. «Mi hai dimenticata?» gli chiese con insinuante dolcezza. «Lo so. Sei un cattivo giocatore, ed è inutile affermare il contrario. Inoltre, ti ho visto di questo umore altre volte. Cosa stai rimuginando ora nella tua piccola mente?»
«Nient’altro che le solite profonde speculazioni sulla vita. È curioso quali alti e bassi presenta. Prendi oggi. Uno sfugge al bando, e un altro, un rispettabile membro della nostra comunità, vi incorre.»
«Chi?» chiese Joris, scrutando acutamente Kerrel come attraverso una nebbia.
«Arrin.»
Cadde un breve silenzio. Poi Shairn disse: «Una volta io l’ho conosciuto. È una brava persona. Non potete mandarlo a Thuvis.»
«Temo non vi siano dubbi su ciò. È uno dei capi orthisti, non lo sapevate questo, no?»
La domanda non era diretta ad alcuno in particolare. «Lo sospettavamo da qualche tempo e oggi l’hanno preso. Strano comunque. Non sono riusciti a trovare nessuna delle sue carte.» Si rivolse casualmente a Edri. «Arrin è vostro amico, non è vero?»
«Lo conosco.»
«Ma come! Lo conoscete da anni.»
Edri rispose rudemente: «Conosco anche voi da tanto tempo. Non giocate al gatto e al topo con me, Kerrel. Se dovete dirmi qualcosa, ditemela.»
Kerrel si strinse nelle spalle. «Stavo solo pensando che si possono avere troppe amicizie disgraziate…»
«Volete comprendere anche me nel numero?» sbottò Trehearne, balzando in piedi.
«Oh, che vada al diavolo» disse Edri. Si alzò barcollando e gettò una occhiata di fuoco a Kerrel, ma fu a Trehearne che si rivolse. «È un instancabile e degno investigatore, un buon poliziotto, come si direbbe sulla Terra, ma prende troppo gusto al suo lavoro. Me ne vado.»
Si allontanò, vacillando un poco, ma sforzandosi di tenersi rigidamente eretto. Trehearne seguì con lo sguardo la solitaria figura che scendeva per il viale alberato, chiazzato di ombre e di luci dorate. Esitò un attimo e poi lo seguì.
Edri si fermò quando si sentì toccare dalla mano di Trehearne. Lo guardo in un modo curioso come se non l’avesse mai visto prima. E ora che era lì, Trehearne non sapeva che cosa dire. Piuttosto goffamente gli chiese: «Posso fare qualcosa?»
«No. Grazie.»
«Mi rincresce per il vostro amico.»
«Perché mai? È un Orthista, un traditore. Merita di essere mandato a Thuvis.» Ricordando il desolato quadro di quel mondo ai confini della Galassia, e come per poco egli stesso vi fosse sfuggito, Trehearne rabbrividì. «Non ha importanza per me. Non mi sembra giusto mandare nessuno a marcire per sempre in quel cimitero. Oltretutto, poi, non riesco a convincermi che gli Orthisti siano così nocivi.»
Edri pose le mani sulle spalle di Trehearne. «Odiali» disse in un tono serio. «Odiali con tutto te stesso.»
Si girò e Trehearne disse quasi esasperato: «Odiarli o no, non vedo come possano costituire un così grave pericolo.»
«Vi è stato un messaggio, Trehearne. Molto tempo dopo la scomparsa di Orthis una delle scialuppe della sua astronave fu ritrovata nello spazio. Non vi era nulla in essa se non un messaggio, scritto a grandi lettere sulle pareti. Era rivolto ai suoi nemici e diceva: "Non mi avete eliminato. Ai popoli della Galassia sarà data un giorno la libertà delle stelle". Capisci? C’è ancora speranza dal punto di vista di un Orthista.»
Continuò, un ubriaco che non parlava a Trehearne ora, ma a se stesso al vento, alle lune vagabonde, e a un mondo che si era fatto amaro intorno a lui. «Arrin lavorava. Tutta la vita ha lavorato, come tanti prima di lui. Studiava i documenti, le carte segrete che nessuno ha il permesso di consultare, e poi lo hanno preso. Non ha trovato ciò che cercava, ma avrebbe potuto trovarlo. Ancora un po’ di tempo e avrebbe potuto scoprirlo!» Alzò lo sguardo al cielo, il cielo vuoto che si stendeva fino al limite dell’Universo. «In qualche luogo lassù, Orthis sta nella sua nave ad aspettare, ad aspettare di essere ritrovato. Ma dove? Questa è la domanda a cui nessuno ha risposto in centinaia di anni. Dove?»
Si scostò un poco, e d’improvviso fu assalito da un violento urto di vomito. Trehearne attese. Poi Edri borbottò: «È curioso, le cose che uno dice quando è ubriaco.»
«Non so niente» disse Trehearne. «Non ho sentito niente.»
«Non sentire mai niente, per il tuo bene e per il mio.» Cercò di sorridere. «Grazie. Ora sto bene. Vado a casa.»
Si allontanò lentamente e Trehearne ritornò dagli altri. I fumi del vino erano un poco svaniti e la sera aveva perduto parte della sua magia. Era preoccupato per Edri.
Shairn alzò lo sguardo su di lui, gli occhi annebbiati. «Te ne sei stato via un bel po’, Michael.»
«A reggere la testa a Edri.» Kerrel era ancora lì. Un umore tetro sembrava gravare su tutti. Joris sedeva con la testa chinata in avanti. Teneva gli occhi aperti, fissi tristemente sul vino rovesciato, ma evidentemente era sul punto di perdere coscienza. Shairn aveva fatto a pezzetti i pallidi fiori che aveva in grembo, spargendoli sull’erba. Nessuno parlava. Kerrel non aveva toccato il vino. Guardava Shairn, sedeva immobile e la guardava. Trehearne gli chiese: «Non avete rinunciato a lei, non è vero?»