«No.»
«Lo pensa soltanto» disse Shairn sdegnosamente. Si alzò e andò a mettersi di fronte a Kerrel. «A che cosa non te la senti di rinunciare; a me o alle mie trenta astronavi?»
Kerrel balzò in piedi. Alzò la mano e la schiaffeggiò con violenza sulla guancia. Per un momento nessuno si mosse, mentre gli occhi di Shairn fiammeggiavano sempre più grandi e poi Trehearne la spinse da parte e si fece avanti. Kerrel non aveva bevuto un solo bicchiere, la sua reazione fu pronta. Quando riuscì a vedere qualcosa, pur tra un vortice di nebbia, Trehearne scorse Kerrel che si allontanava, lasciando piccole orme sul tappeto erboso là dove i suoi tacchi affondavano.
«No» lo trattenne Shairn. «Non questa volta, Michael. Lascialo andare.»
La testa gli doleva. Il vino lo appesantiva e provava un senso di vergogna. Avrebbe voluto uccidere Kerrel e non poteva.
Shairn disse penosamente: «Non sono arrabbiata. È comico, Michael. Non sono affatto arrabbiata, ho solo paura.»
«Di che?»
«Di lui.» Accennò alla nera figura che scomparve tra gli alberi.
«Non potrà mai farti del male.»
«Non direttamente. È a te che sto pensando. Non te la perdonerà. Mi ha dato l’avvertimento. Non può perdonartela, e non solo a causa di me o del suo orgoglio. L’ho lasciato altre volte, ma ora è diverso. Tu sei diverso. Sa che abbiamo mentito al Consiglio.»
«Che cosa può fare?»
«L’hai visto con Edri. Non so, Michael, ma sta’ attento. Non dargli l’appiglio di un’opportunità contro di te. Ho cambiato idea. Sono contenta che tu debba partire. E, nel frattempo, è meglio che tu non veda molto spesso Edri.»
«Mi ami, Shairn?»
«Mi sembra di aver fatto abbastanza per provartelo!»
«Non prendertela. Me lo chiedevo soltanto. Davvero saresti passata agli Orthisti per aiutarmi?»
Ella rise. «Era una minaccia sicura. Sapevo che Joris non l’avrebbe mai raccolta.»
Come se il suono del suo nome l’avesse deciso, Joris si afflosciò tranquillamente su un fianco e incominciò a russare. Trehearne si curvò su di lui e gli parve di vedere, al chiarore delle lune, qualcosa di molto strano. Gli parve di vedere lacrime sulle guance del vecchio. Pensò di essere completamente ubriaco. Shairn gli toccò lievemente il braccio. «Andiamo, Michael.»
«Dove?»
«Alla casa dei miei avi, la Torre d’argento. Vi è così poco tempo per essere felici prima che tu parta.»
Due settimane più tardi, vestito dell’abito nero e scarlatto dei trasvolatori dello spazio, Trehearne lasciò Llirdis a bordo dell’astronave Saarga diretta a Ercole.
10
La Saarga non assomigliava all’astronave a bordo della quale Trehearne era giunto dalla Terra. Era più goffa e male in arnese, una vecchia carcassa di nave con una enorme capacità di carico e niente spazio per i passeggeri. Gli ufficiali e l’equipaggio erano ammassati in locali funzionalmente ridotti al minimo indispensabile, e non vi erano lussi come saloni e osservatori a cupola. Ma per Trehearne essa era qualcosa di bello, di miracoloso, di meraviglioso. Ogni traccia, ogni segno sulle sue vecchie pareti, ricordava un viaggio a un astro senza nome. Le stipate e odorose volte della stiva erano magazzini di esotiche ricchezze. La Saarga era diretta a Ercole ed egli ne faceva parte. Non era più semplicemente un avido spettatore. Le apparteneva. La venerava.
La vide dapprima ormeggiata in tutta la sua massa nel dock, la lamiera dello scafo corrosa e bucherellata rifletteva l’opaco splendore del sole. Alzò lo sguardo su di essa e poi lo volse intorno all’assordante fragore del porto, infine scese a grandi passi lungo il passaggio, orgoglioso e felice come un ragazzo a carnevale. Si presentò a bordo, fu notificato secondo le regole e gli venne assegnata una cabina piccolissima con quattro anguste cuccette, dove egli di buon grado si lasciò relegare nella cuccetta superiore, la meno desiderabile. I suoi compagni di cabina erano tutti più giovani di lui, ma veterani ed egli fu costretto ad ammettere che quello era il suo primo viaggio professionale.
«Trehearne» disse il giovanotto dai capelli neri della cuccetta inferiore numero due, storpiando il nome nella sua lingua e aggrottando la fronte «Che nome comico, l’ho sentito da qualche parte.»
Il giovanotto dai capelli color rame — il più giovane — nella cuccetta superiore numero uno, disse: «Lo so io. Mio zio parlava di lui. È quello che hanno trovato sulla Terra. Non è vero, Trehearne?»
Il giovanotto dai capelli neri emise un fischio. «Hai avuto una bella fortuna! C’era un milione di probabilità su una che incontrassi un Vardda. Com’è sulla Terra? Non ci sono mai stato?»
«Meraviglioso» rispose Trehearne «per i Terrestri.»
Risuonò il primo dei segnali di partenza. Si sistemarono nelle cuccette imbottite e il lungo ragazzo smilzo dall’aspetto allegro della cuccetta inferiore numero uno, la cui giovinezza era già stata provata da molte esperienze, gettò un’occhiata a Trehearne e osservò: «Non ci sei abituato, vero?»
«No.» Lo stomaco di Trehearne si era improvvisamente contratto in un duro nodo e la pelle era fredda di sudore rappreso. L’angoscia del suo primo volo lo riassalì con violenza. Sapeva che questa volta non sarebbe stato così terribile. Una volta che ci si abituava, tutto andava bene. Tutti lo dicevano. Ma non cambiava niente. Aveva paura.
Il giovane della cuccetta inferiore numero uno disse tranquillamente: «Non prendertela. A proposito, il mio nome è Yann. Personale addetto al radar.»
«Piacere.»
Suonò il secondo segnale. I denti di Trehearne si serrarono di scatto e i muscoli delle mascelle si tesero.
Testa-rossa della cuccetta superiore numero uno disse: «Sono Perri. Personale ausiliario nella camera generatori.»
La voce dell’uomo della cuccetta inferiore numero due proprio di sotto a lui, disse: «Se cadi giù, ti prendo. Sono il tecnico calcolatore dell’astronavigazione, di seconda classe. Un nome grosso che riempie la bocca, però tutto quello che faccio è premere bottoni. Il mio nome è Rohan.»
Trehearne disse penosamente: «Sulla Terra vi era un cardinale…»
Terzo segnale. Silenzio. Uno strappo, un sussulto, un balzo…
«Trehearne, Trehearne, sei ancora lì?»
«Sì…» "Schiacciato, oppresso, sbalordito, ma non è così terribile, nient’affatto così terribile, non molto peggio che riemergere dopo un tuffo. E l’astronave si alza, oh Dio, si alza!"
Le vibrazioni dell’aria cessarono. Il silenzio dello spazio avvolse lo scafo e all’interno il tranquillo e possente pulsare, che Trehearne ricordava, si faceva più rapido, più alto. Gli sfuggì un sospiro e il suo corpo si rilassò. Sorrise. Era dove desiderava essere.
Il lungo viaggio verso Ercole fu privo di avvenimenti e gli altri lo trovarono monotono. Ma per Trehearne ogni minuto era pieno di magia. Fu chiamato alla presenza del capitano che lo fissò duramente e disse: «Joris mi raccomandò di badare che lavorassi e sarà necessario che tu faccia degli esami per fare carriera presto o tardi. Ecco, studia questi. E se hai tempo libero, impara tutto quello che puoi sull’astronave.»
Così dicendo gli consegnò testi sulle leggi che regolavano il commercio dei Vardda, dell’espansione transgalattica della razza vardda durante i mille anni della sua esistenza. Sapeva che Joris doveva aver fornito i libri ed era contento di averli. I codici commerciali, come le leggi di qualunque paese, erano piuttosto noiosi e interessavano solo per il campo fantasticamente vasto che includevano.