Per un momento le belve dimenticarono Trehearne. Egli si liberò a fatica dal groviglio ringhiante e si diresse verso la capanna. L’uomo gli passò accanto di corsa urlando. Raccolse un ramo e cominciò a battere i segugi in lotta, tentando disperatamente di separarli. La donna lamentandosi corse ad aiutarlo. Il ragazzo si avvicinò a Trehearne.
Doveva avere poco più di sedici anni, era alto e ben fatto. Passò un braccio intorno alla vita di Trehearne, lo condusse nella capanna e lo fece sedere. Trehearne si lasciò cadere su una panca. La camera vacillò e si oscurò intorno a lui. Quando la vista gli si schiarì, il ragazzo aveva portato delle bende e un unguento bruciante ed era intento a medicargli le ferite.
«Come ti chiami?» chiese Trehearne nella lingua franca.
«Torin.»
«Mi hai salvato la vita, Torin. Non lo dimenticherò.»
«Farei qualunque cosa per i Vardda.» Invece di odio vi era in quel viso di non-Vardda un’ammirazione come per un eroe. Era evidente che agli occhi del ragazzo Trehearne era una figura gloriosa. Trehearne ne fu colpito.
Torin lo fissava attonito, dimenticando la fasciatura. E fece la domanda, la vecchia e immutabile domanda che era sempre sulle labbra dei ragazzi. «Che cosa si prova, che cosa si prova esattamente a volare tra le stelle?»
Trehearne posò una mano sull’esile spalla del ragazzo e mentì. «È lungo e faticoso e neppure la metà avventuroso come la caccia. Scommetterei che sei un buon cacciatore come tuo padre.»
«Non ancora» disse Torin. «Un giorno…» Si chinò di nuovo sulle bende. Le sue dita passavano sulla carne di Trehearne, toccando i muscoli, spalmando leggermente le ferite con il denso unguento. Si accigliò, assorto in qualche suo problema. «Al tatto è come la mia» disse. «Sanguina come la mia. Qui vi è una vecchia cicatrice e ve ne saranno delle nuove. Non è una carne diversa, fatta di ferro o di qualche altra cosa.»
Balzò su. «Guardate» gridò. «Io sono forte, molto forte. Guardate, la mia carne è dura come la vostra. Certo non è vero che solo i Vardda possono volare nelle grandi astronavi! Certo io sono forte abbastanza per avventurarmi tra le stelle.»
Trehearne evitava d’incontrare i suoi occhi ansiosi. Disse:
«Ci vuole un tipo diverso di forza.» Tentò di spiegargli e vi rinunciò. Poté solo dire: «Mi dispiace.»
Si alzò. «Vorresti farmi strada fino alla base, Torin? E pensa a che cosa ti piacerebbe avere di tutte le cose che sono là. Tu mi hai salvato la vita e io voglio darti qualcosa in cambio, un piccolo regalo tra amici.»
Torin sussurrò: «Voglio vedere l’astronave.»
Trehearne aggrottò la fronte e nell’intervallo di silenzio che seguì, udì rumori provenire dalla radura, il brontolio lamentoso dei segugi e l’improvviso levarsi di voci umane.
«Sono i tuoi genitori?»
«No» disse Torin. «Stanno ancora cercando di rintracciare i nostri segugi nella foresta.»
«Da’ un’occhiata fuori per vedere chi è venuto, Torin.»
Si rintanò nell’angolo dietro la porta, il ragazzo l’aprì e sbirciò fuori.
«Due uomini» bisbigliò. «Un cacciatole a nome Kurat, e un Vardda.» Tornò dentro e gettò un’occhiata a Trehearne. «Vi davano la caccia?»
Trehearne annuì. Il suo viso si era teso in un’espressione crudele. «Dammi un coltello.» Torin gli tese un coltello per la concia delle pelli dalla lama di cristallo affilata come quella di un rasoio. Trehearne disse: «Va’ a dir loro che io sono morto sbranato dai segugi. Di’ al Vardda di venire ad aiutarti a portar fuori il mio corpo.»
Torin esitò, poi si mosse. Trehearne lo udì dare una voce per la radura. Il chiacchiericcio si fece più litio ed echeggiò la familiare risalta di Yann. Il ragazzo stava narrando i particolari della morte di Trehearne.
Yann entrò nella capanna.
Avanzò sicuro. Non aveva nulla da temere. E poi il braccio di Trehearne gli fu intorno alla gola e la punta del coltello gli penetrò tra il collo e la mascella.
«Non muoverti» sibilò Trehearne «non muoverti!»
Yann rimase immobile. Il sangue gli colava lungo il collo. «Reciderai la vena» mormorò. «Non di più, ti prego, non di più.»
Non aveva raccolto per via altre armi. Non ne aveva infilate alla cintura e neppure in mano. Trehearne estrasse la punta del coltello dalla gola di Yann e poi lo colpì. Yann cadde bocconi sul pavimento. Cominciò a lamentarsi e Trehearne gli sferrò, con tutta la forza dei suoi piedi nudi, due calci nelle costole, per udire le ossa frantumarsi. Il respiro di Yann era affannoso. Da sopra la spalla Trehearne disse a Torin attonito sulla soglia: «Stai in guardia e dimmi se viene qualcuno.»
«Sono affaccendati intorno ai segugi e stanno chiacchierando» disse il ragazzo. E poi: «Lo ucciderete?»
«Mi piacerebbe.» Trehearne colpì ancora Yann con un piede. «L’avevi già tentato anche l’altra volta non è vero? Dannazione, rispondimi! Non è vero?»
Tossendo, il viso contro il pavimento Yann mormorò: «Sì.»
«Mi seguisti strisciando tra quei funghi. Svitasti il mio respiratore e scomparisti prima che potessi voltarmi. Ti sei preso tanta pena. Perché mi hai salvato la vita?»
Yann mugolò e si contrasse in un accesso di vomito. «Sto male.»
«Starai anche peggio.» Trehearne lo afferrò per i capelli pronto a prevenire qualsiasi mossa improvvisa e lo sollevò a metà da terra. «Siediti e parla come un uomo. Perché mandasti a monte tutto il tuo lavoro? Avresti potuto lasciarmi morire là.»
Yann scosse il capo. «Ti dirigevi alla cieca proprio verso gli altri. Qualcuno ti avrebbe salvato comunque e pensai che tanto valeva lo facessi io. Se tu avessi avuto qualche sospetto l’avresti rivolto a qualcun altro. Così la prossima volta sarebbe stato più facile.» La bocca gli si contorse nel grottesco tentativo di un ghigno. «E lo fu veramente.»
Trehearne disse: «Sei un accidente di ragazzo in gamba.» Mosse la mano e la luce balenò sul coltello di cristallo. Gli occhi di Yann caddero su di esso.
«Non fu un’idea mia» si giustificò. «Non facevo che eseguire un incarico. Non devi uccidere me.» Pronunciò il pronome con enfasi.
«Non è che io lo debba. La questione è se lo voglio o no. Di chi fu l’idea, Yann?»
«Promise di darmi un’astronave» mormorò Yann. «Un’astronave tutta mia. Qualunque uomo farebbe quello che ho fatto io per una simile posta. Lo faresti tu stesso, Trehearne. È una questione di senso comune.»
Trehearne insistette: «Chi ti offrì l’astronave?»
«Kerrel. Veditela con lui. Io non ho nulla contro di te, Trehearne. Kerrel mi spiegò che sopprimerti non era un assassinio, ma un servizio reso all’intera comunità dei Vardda e che questo era l’unico modo in cui poteva renderlo. Ma a me la politica non interessa. Questo per me era solo un affare. Una vita, un’astronave.»
«Kerrel non è ricco. Come avrebbe fatto a procurarsi un’astronave da dare a un altro?»
«Penso che avesse in mente un piano. Forse la cosa dipendeva anche dal tuo mancato ritorno. Non lo so. Comunque, posso provare che è stato Kerrel. Ecco, ho tutto scritto qui. Non sono un idiota. Agente del Consiglio o no, un uomo è un uomo.» Continuando a parlare con lo stesso sguardo torvo, Yann affondò una mano nella tasca della tunica. Un attimo dopo, un attimo troppo tardi, Trehearne si rese conto che era assolutamente impossibile che Kerrel avesse mai messo cose simili per iscritto. Si mosse, rapido.
Dalla tasca di Yann uscì un disgregatore, l’arma che non faceva vedere perché Kurat se ne sarebbe adontato, l’arma che non aveva lasciato al centro. Trehearne lo colpì prima che l’estremità prismatica dell’arma sbucasse dalla seta della tunica di Yann. Lo colpì con tutte e due le mani e non è che si fosse dimenticato del coltello da caccia dalla lama sottile di rasoio, ma non ci pensava ora, non voleva cadere stordito e privo di sensi sotto la fatale radiazione cosicché Yann potesse avere la sua astronave e Kerrel potesse avere Shairn e i segugi potessero saziarsi di carne. Lo colpì con forza e lo fece rotolare e rotolò con lui. L’arma saltò via urtando contro la parete con un secco suono metallico. Trehearne arrancò affannosamente per alzarsi in piedi per primo, ma non c’era bisogno che si affrettasse. Yann non si sarebbe alzato in piedi mai più. Il lucente manico del coltello spuntava dal petto di Yann, che si sollevò e ricadde un paio di volte per poi irrigidirsi. Non c’era molto sangue intorno.