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Rise, con una nota quasi crudele.

«Non chiedetemi in che modo sono troppo bravo. Ho un fisico eccezionale, ma questo vale solo per me. Non ho mai stupito il mondo per le mie facoltà intellettive. Non ho inclinazione al genio. In effetti si insinua in me il sospetto di non essere bravo abbastanza. Comunque sia, qualcosa è sempre mancato a me o al mondo.»

Shairn annuì e di nuovo egli avvertì in lei una strana saggezza che non si confaceva alla sua giovane età. Ella sorrise, un breve sorriso pieno di segreti.

«E pensate che se conosceste l’origine del vostro sangue, capireste meglio anche voi stesso…»

«Forse. Mio padre era un ometto sparuto dai capelli rossi. Giurava che non ero suo figlio. Né somigliavo ai parenti di mia madre. Finché non ho incontrato Kerrel e voi, non ho mai trovato nessuno che mi somigliasse. La stranezza diventa un peso, specialmente quando non sapete perché dobbiate essere strano.» Soggiunse: «I contadini della Cornovaglia dicevano che ero una creatura venuta da un mondo di magia. Quando vidi voi, ebbi lo stesso pensiero.»

«Così siamo della stessa razza. Potreste vivere con me, Michael?»

«Voi non siete una donna, siete una strega. Non ho mai incontrato una strega prima d’ora.»

Gli rise in faccia. «Sciocchezze. Strega, creatura fatata: sono parole per i contadini e gli ignoranti.»

«Chi sono i Vardda, Shairn?»

Ella scosse il capo. «Ve l’ho detto la scorsa notte. È il nome di una tribù. Dicevate a Kerrel che siete venuto in Bretagna per ricercare le origini della vostra famiglia. Sapete da dove incominciare?»

«In Cornovaglia ho saputo che i miei venivano da un luogo chiamato Keregnac.»

Gli sembrò di vederla trasalire a quel nome, ma ella non disse nulla ed egli le chiese: «Conoscete questa città?»

«Non è una città» rispose lentamente «È solo un piccolo villaggio al limite di una vasta brughiera. Sì, conosco Keregnac.» Raccolse un pezzetto di legno levigato dalle onde e cominciò a disegnare sulla sabbia segni senza significato. «Non credo verrete a sapere un gran che là. Il villaggio è antichissimo, e ora sta scomparendo.»

«Ma» disse lui «ora non me ne devo più preoccupare, non è vero?»

«Che cosa volete dire?»

«Voi, Shairn. Voi conoscete il mistero della mia famiglia, della mia razza. Non è più necessario che vada a Keregnac. Voi mi direte tutto.»

Ella lasciò cadere il pezzetta di legno. «Io?»

«La notte scorsa diceste…»

«Non ricordo ciò che dissi. E comunque, di notte, si dicono cose che alla luce del giorno possono sembrare insensate.» Si alzò. «Forse, Kerrel aveva ragione.»

«Su che cosa?»

«Su di voi. Quando lo raggiunsi, mi fece una scenata. Disse molte cose e alcune erano vere.»

«Per esempio?» chiese Trehearne, calmo.

«Per esempio che l’ereditarietà vi ha giocato un tiro piuttosto crudele e che è meglio non veniate a sapere nulla sulla vostra origine. Il vestito, Michaeclass="underline" devo andarmene.»

Ma egli allungò la mano ad afferrarle il polso e la sua stretta non era delicata. «Voi non potete farlo» disse. «Non potete rifiutarvi di dirmelo ora.»

«Oh» ella replicò a bassa voce «certo che posso. E lo farò.»

«Ascoltate» insistette Trehearne «Ho fatto un lungo viaggio e ho sopportato molte traversie. Voi siete una bella donna, avete diritto ai vostri capricci, ma non ora.»

Abbassò gli occhi a guardare la mano di lui che le serrava forte il polso e poi li alzò a fissarlo, ed erano lucidi e ardenti.

«Sono questi i vostri mezzi di persuasione?»

«Volete dirmelo?»

«No.» Gli mostrò i denti silenziosamente in un ghigno felino. «Kerrel mi aspetta.»

«Lasciatelo aspettare.»

«Non aspetterà. Partiamo da Saint-Malo oggi, e vi assicuro che non se ne andrà senza di me.» Egli abbandonò la presa e le lasciò libero il polso.

«Vi seguirò.»

Gli occhi di lei fiammeggiavano.

«Sarà un lungo cammino.»

«La Bretagna non è molto grande.»

«Vi ho forse detto che vivo in Bretagna?» Raccolse l’abito e se lo gettò sulle spalle, e poi disse: «Va bene, Michael, seguitemi. Mi piacerebbe. Seguitemi fin dove potete!»

Lo lasciò, avviandosi rapida su per le rocce scoscese. Trehearne la seguì con lo sguardo finché gli fu possibile, senza muoversi dal suo posto.

Fu solo più tardi che la sua attenzione fu attratta dai segni che Shairn aveva tracciato sulla sabbia. Tra i ghirigori senza senso, stava a grandi lettere chiare una parola: KEREGNAC.

3

Trehearne prese a nolo una macchina con il suo autista che, per una somma esorbitante, lo condusse a Keregnac. Il primo giorno trovarono strade praticabili e le percorsero a una discreta velocità. Il secondo giorno la piccola vettura dovette arrancare faticosamente lungo piste segnate da carri. Il mare era lontano alle loro spalle e il guidatore si lagnava continuamente dei pazzi desideri degli americani. Perché uno doveva desiderare di recarsi a Keregnac, un luogo che persino i bretoni avevano dimenticato?

Trehearne era di uno strano capriccioso umore. Aveva negli orecchi il suono del nome di Shairn e rimuginava nella sua testa tutto quello che ella aveva detto e fatto, e più vi pensava più cresceva il suo odio per lei, e più la desiderava. E più odiava Kerrel, che l’aveva in suo potere e che non era estraneo a quella sua vita segreta. Ma Shairn e tutto ciò che la riguardava non erano che una parte dei suoi pensieri. Era giunto quasi al termine delle sue ricerche. Era stato sul punto di trovare quanto cercava e all’ultimo ciò gli era stato negato dal volubile impulso di una donna. Non l’avrebbe più permesso. Shairn aveva dato inizio a qualcosa che non si poteva fermare, non importa dove conducesse.

L’autista si smarrì tra le piste fangose e i borghi selvaggi di pietra.

Quando chiedeva indicazioni, i contadini guardavano Trehearne, chiudendosi in un ostinato silenzio, né si poteva costringerli a rispondere.

Era impossibile persino riuscire a sapere se altri prima di loro avessero percorso lo stesso cammino.

Trehearne lo aveva previsto. Aveva incontrato già simili difficoltà in Cornovaglia. Si era procurato una carta geografica e aveva chiesto informazioni a Saint-Malo e ora spronava il disgraziato autista a proseguire con un incalzarsi di raccomandazioni. Era già notte quando si trovarono in una piazza melmosa, selciata solo a metà di antiche pietre, e scorsero le luci di una mezza dozzina di case raggruppate attorno a essa.

«Portatemi là, alla casa più grande. Domandate se questo è Keregnac e dite al padrone che lo pagheremo bene se ci darà alloggio.»

L’autista, che ormai era anche lui di umor nero, eseguì l’ordine e nel giro di pochi minuti Trehearne si trovò in una casupola a tre stanze di pietra sgretolata, le pareti tutte annerite dal tempo e dal fumo. Un magro fuoco ardeva nel caminetto e due candele di rozza fattura erano l’unica fonte di luce. Bastò che il viso di Trehearne apparisse in quella casa.

Stranamente, il contadino dalle mani incallite cui apparteneva la casa non mostrò né timore né ostilità. E non parve neppure sorpreso. Una certa espressione astuta incrinò la cupa staticità del suo volto, ma fu tutto.

«Vi daremo il letto migliore monsieur» disse in cattivo francese e indicò un monumentale lit-clos incavato nella parete. «Ho anche un buon cavallo. Gli altri sono andati avanti nelle landes. Immagino desidererete raggiungerli.»

Trehearne cercò di celare la sua eccitazione. «Monsieur Kerrel e mademoiselle Shairn?»

Il contadino si strinse nelle spalle. «Voi dovete sapere meglio di me i loro nomi. Io non sono un tipo curioso. Io godo buona salute e me ne sto contento.»