La tenne ferma ancora un momento, soffocando l’ira che lo invadeva, riflettendo. Non poteva lasciarla andare. Il momento in cui si sarebbe allontanato lei avrebbe dato l’allarme, l’avrebbe denunciato al Consiglio, mettendo fine alla sua libertà e a ogni più vaga speranza di salvare Edri.
Gli ci vollero pochi secondi per prendere una decisione. Nello stato d’animo in cui si trovava non gli fu difficile vibrare il colpo necessario, accuratamente calcolato a ottenere l’effetto.
La portò nella macchina tenendola tra le braccia. Se qualcuno dei servi li avesse visti sarebbe sembrato un atteggiamento affettuoso, romantico, la bruna testa di lei sulla sua spalla, le braccia intorno al collo. Non avrebbero potuto vedere che aveva i polsi legati.
La depose dolcemente sul sedile imbottito. Non si mosse, Aveva già l’ombra di un livido sul mento. Salì accanto a lei e mise in moto la macchina per l’ampia strada che conduceva in città.
Quando fu a una certa distanza dalla Torre si fermò. Legò ben bene Shairn con strisce di stoffa strappate dai suoi stessi abiti, mettendo una cura particolare nell’imbavagliarla. La stese sul fondo della macchina, meglio che poté, in modo che nessuno potesse vederla. Poi continuò a guidare e non si fermò più finché raggiunse la base.
Le luci erano ancora accese nell’ufficio di Joris. Probabilmente vi sarebbe rimasto fino a tarda notte per sorvegliare l’imbarco di Edri sull’astronave-prigione. Si sentiva colpevole nei riguardi di Joris, come se stesse tradendo il proprio padre. Il vecchio era stato buono con lui.
Shairn pareva priva di sensi, poteva star tranquillo. Trehearne lasciò la macchina in un luogo dove poteva essere poco notata ed entrò nel palazzo dell’Amministrazione. Aveva in mente soltanto i vaghi contorni di un piano ma, comunque volesse attuarlo, doveva partire di lì.
Il frastuono e la confusione della base non erano diminuiti per l’oscurità. Conosceva alcuni degli ufficiali vardda. Gli fecero cenni di saluto, mentre li sorpassava nei corridoi, congratulandosi con lui per il suo viaggio, chiedendogli quando sarebbe ripartito. Trehearne quasi esitò, pensando quanto era idiota a rinunciare a tutto questo per una vana speranza. E poi ripensò a Edri e proseguì. Edri aveva fatto quanto era in suo potere per lui, quando ne aveva avuto bisogno, senza considerare se fosse o no un pazzo. Non poteva far di meno per Edri, gli pareva.
L’ascensore lo condusse a quella camera lassù, in alto, che era come il ponte di una nave che non avrebbe mai volato. Joris c’era. Era solo. Doveva aver bevuto molto, ma non era ubriaco. Alzò lo sguardo quando Trehearne entrò e i suoi occhi erano velati e cerchiati di rosso.
«Che volete?» disse.
«Un favore.»
«Un’altra volta, Trehearne. Ora fuori. Fuori, accidenti.»
«Un’altra volta non servirebbe.» Trehearne si curvò sul tavolo. «Stanotte portano Edri a Thuvis. Voglio dirgli addio, Joris. Questo è tutto, soltanto una parola prima che parta. Ditemi di che astronave si tratta e da dove parte, o se non potete dirmelo, indicatemi il settore e andrò a salutarlo fuori dai cancelli.»
«Giusto» disse Joris. «Siete amico di Edri.» Prese la bottiglia del vino. Ce n’era una vuota lì accanto e un’altra era sul pavimento. «Fino a che punto, Trehearne? Vorrei saperlo. Fino a che punto?»
Il suo sguardo iniettato di sangue era acuto e penetrante. Trehearne si schermì, irritato: «Sapete che io non c’entro. Sapete dove sono stato.»
«Sì, lo so. Siete stato a veder morire un ragazzo, negli spazi. Che cosa avete pensato quando l’avete visto, Trehearne? Che cosa avete sentito?»
«Non parliamone» disse Trehearne con asprezza. «Ditemi dove posso vedere Edri e quando. Non chiedo molto, Joris, solo un minuto per dire addio.»
«Un ragazzo di sedici anni» mormorò Joris «pieno di speranza, pieno di desiderio, orgoglioso della sua forza… Dovrei odiarvi, Trehearne. Non siete neppure Vardda per metà, rispetto alla normalità, eppure siete riuscito a volare tra le stelle.»
Si riempì di nuovo il bicchiere e lo vuotò. Le sue mani erano ferme. Non era né ubriaco, né alticcio. Non pareva possibile che Joris sapesse piangere.
«Joris» disse dolcemente «dimenticatevi del ragazzo. Lasciatemi vedere Edri.»
Ancora lo sguardo iniettato di sangue, pesante, si fissò nel suo, valutando, misurando. «Mi piacete, Trehearne. Così ve lo ripeto: uscite. Andatevene. Dimenticatevi di essere venuto qui.»
Trehearne non si mosse. Di scatto Joris afferrò la bottiglia vuota e la scagliò non esattamente contro di lui, ma a breve distanza. «Uscite, idiota! Vi offro l’occasione di andarvene!»
Non c’era altro da fare che obbedire. Trehearne si avviò alla porta, pensando irritato che avrebbe dovuto rischiare.
Stese la mano alla maniglia e la porta si aprì e si trovò a guardare entro la lente prismatica di un disgregatore impugnato da una robusta guardia della base. Shairn era accanto alla guardia.
La guardia intimò: «Indietro.»
Trehearne arretrò. Guardò Shairn.
«Avrei dovuto darti un altro colpetto, tanto per essere più sicuro.»
«Davvero. Mi sono liberata i piedi con estrema facilità. Questa seta non è molto resistente.» Gli passò accanto dirigendosi verso Joris. La guardia entrò e chiuse la porta, appoggiandovisi col dorso.
Joris domandò: «Che succede?»
«L’ho trovata fuori dai cancelli» spiegò la guardia. «Era imbavagliata e aveva le mani legate.»
«Trehearne» disse Shairn a Joris «è un Orthista. È venuto qui per aiutare Edri a fuggire.»
«Davvero?» disse Joris. «Davvero!» Guardò Trehearne. «Rimanete dove siete. Non fate inutili tentativi.» Estrasse dal cassetto della tavola un altro disgregatore e puntò su di lui la lente prismatica.
«Orthista, eh?» ripeté piano. E cominciò a ridere.
16
Shairn sedette sul bordo del tavolo di Joris. Sorrise a Trehearne e in quel momento egli la odiò. Volse lo sguardo da Joris alla guardia e rimase immobile. Non c’era nulla da fare.
«L’avresti creduto, Joris» riprese Shairn. «Avresti pensato che sarebbe passato ai nostri nemici dopo tutto quanto abbiamo fatto per lui?»
Joris si appoggiò allo schienale della sedia. «Shairn» disse «mi dispiace che le cose siano andate a questo modo.»
«Sì» rispose lei, e soggiunse amaramente: «Kerrel aveva ragione, dopo tutto.»
Joris obiettò: «Non intendevo dire questo.»
Qualcosa nel tono della sua voce costrinse Shairn a voltarsi e a guardarlo. Egli continuò: «Mi dispiace che tu sia immischiata in questa faccenda. Tu stai semplicemente facendo quanto credi giusto. Ma così è anche per Trehearne. Così è anche per me.»
Lanciò la sua bomba con tanta tranquillità che per un istante né Shairn né Trehearne furono certi di aver capito.
Shairn saltò giù dal tavolo. Arretrò, gli occhi fissi su Joris in un’espressione di atterrita incredulità. «Tu, Joris! Tu, Orthista!» Il tono stesso delle sue parole negava il significato.
Ma Joris annuì: «Sì.»
D’improvviso Trehearne rise. Shairn si voltò. «Avete sentito?» disse alla guardia. «Arrestate Joris!»
La guardia scosse il capo e sorrise. «Difficile. Io sono agli ordini di Joris.»
Fu la volta di Shairn, ora, a sentirsi intrappolata, a cercare scampo e a non trovarlo.
Trehearne disse: «Posso muovermi, ora?» La sua voce tremava un poco di sollievo.
Joris sogghignò. «Non volevo che andaste in giro qui intorno. Qualcuno poteva aversene a male.»
Shairn sbottò: «Non riesco a capirlo, Joris! Tu, tra tutti… ma è pazzesco!»