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Trehearne vibrò il pugno. La testa dell’uomo batté contro il selciato. Giacque immobile e Trehearne si impadronì della chiave. Poi un grave peso piombò su di lui da dietro, schiacciandogli il viso contro il cemento. La mano con cui teneva la chiave fu stretta in una morsa d’acciaio. Si divincolò cercando di liberarsi dal suo assalitore e nel frattempo Edri aveva afferrato la mano di questi, lottando e avvinghiandosi con l’accanita determinazione di impadronirsi della chiave.

Vi riuscì. Trehearne cercò di infilare le ginocchia sotto il corpo dell’uomo e di liberarsene. Vide il volto di Kerrel vicino al suo. In un secondo i due uomini si afferrarono per la gola. S’aggrapparono l’uno all’altro, petto contro petto come due amanti. Calpestati e schiacciati dai piedi degli altri, dimentichi di tutto. Edri riuscì a liberarsi e si alzò. Avrebbe voluto avventarsi contro Kerrel, ma Trehearne ansimò: «No, me ne occupo io!»

Kerrel sorrise, un ghigno angosciato. I suoi pollici s’affondarono nel collo di Trehearne. Trehearne lasciò andare la gola di Kerrel. Strinse i pugni e sferrò un colpo dal sotto in su. La testa di Kerrel ricadde indietro. Le sue mani allentarono la stretta. Trehearne se ne liberò. Si avventò sopra Kerrel, lo colpì con forza in viso finché la testa di Kerrel penzolò come la testa di un morto.

Mani lo afferrarono tentando di trascinarlo via. Ma egli sfuggì alla presa. Kerrel gemette e si voltò su un fianco. Trehearne lo colpì coi piedi calzati di sandali. «Questo è per Yann» grugnì. «E questo per i segugi e per Torin.»

Una voce gli urlò: «Lascialo andare, dannazione! Lascialo andare!» Un braccio possente lo allontanò. Riconobbe Joris. Si udivano grida lontane avvicinarsi. Gli uomini di Kerrel erano stesi a terra o dispersi. Quelli di Joris correvano verso la Mirzim, trascinando alcuni che erano tramortiti o parzialmente paralizzati. Edri con il viso sanguinante si affrettava allegramente urlando di fare presto.

Trehearne scosse il capo come per schiarirsi le idee. Corsero accanto a Joris inciampando su per la scaletta di metallo che conduceva alla piattaforma. Fu l’ultimo a salire a bordo. Joris abbassò una leva e lo sportello si chiuse ermeticamente con un sibilo d’aria compressa.

All’istante le luci si accesero. I grandi generatori si risvegliarono. Joris s’avviò pesantemente per il lungo corridoio seguito da Trehearne. C’era un altro uomo seduto là, ma Joris subentrò al posto del pilota.

Trehearne attese con ansia, ma Joris non toccò i controlli. Rimase seduto là a contemplarsi i pugni ammaccati.

«Che cosa diavolo, aspettate?» gridò Trehearne. «Abbiamo pochi minuti al massimo!»

Joris lo guardò calmo. «Abbiamo anche una sola vita. E possiamo perderla partendo al momento sbagliato e andando a urtare contro qualche nave in arrivo. Sono al corrente degli arrivi e delle partenze. Aspetta.»

Trehearne attese. Non li poteva udire dall’interno dell’astronave, ma sapeva che oramai gli allarmi dovevano risuonare per tutta la base. Era pazzia aspettare. Era un arrendersi da vigliacchi. Meglio correre il rischio di una collisione suicida che aspettare.

Ma Joris continuava ad aspettare, un occhio fisso sul cronometro finché attraverso la finestra Trehearne vide luci accendersi fuori e uomini accorrere e poi scorse l’ombra di una grande astronave calare dal cielo, e sorvolarli. Joris grugnì, premette i comandi. «Attenzione.»

La Mirzim si levò in un arco sibilante che schiacciò Trehearne contro il ponte. Si aggrappò a un sostegno. E pregò il cielo che Joris non avesse perduto la sua abilità.

In realtà Joris sapeva il fatto suo. Anche la carne di un Vardda ha delle possibilità limitate. Così pure il metallo e l’ossatura di un’astronave. Joris conosceva perfettamente il loro limite di resistenza. Il percorso era già stato calcolato. Uscì dal sistema di Aldebaran, tracciò le coordinate e trasmise i segnali alle cabine dei generatori. Il loro gemito si levò alto e l’ago sul quadrante dell’accelerazione salì. Trehearne osservava con gli occhi fuori dall’orbita, ansimando sotto la pressione, contenendo a fatica l’impulso di gridare. Il secondo ufficiale era aggrappato alla sedia, il viso bianco.

Joris osservava il quadrante. In quel preciso momento premette di nuovo i tasti di trasmissione. L’ago cessò di oscillare nella sua pazza ascesa, e prese a salire con lenta regolarità.

Joris si volse, guardò i suoi compagni e scoppiò in una risata. Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, il suo volto era quello di un uomo completamente felice.

Trehearne si alzò barcollando. Trasse di tasca un fazzoletto e si asciugò il viso. Era bagnato di sangue e di sudore. «Ebbene» disse «siamo in volo. Ma se non vi spiace dirmelo ora, Joris: dove diavolo siamo diretti?»

«Mhmm» fece Joris. «Ti può sembrare un po’ strano dato il complesso delle circostanze.»

Rise ancora con sincera allegria.

«Te lo dirò, Trehearne, siamo diretti a Thuvis.»

17

Trehearne fissò Joris attonito. Un rivoletto di sangue gli scendeva dal naso alla bocca. Dimenticò di asciugarlo.

«Scherzate» disse.

«Affatto.» Fu Edri che rispose. Era salito sul ponte dietro Trehearne. Gridò di buon umore: «Maledetto te, Joris, che cosa cerchi di fare, ucciderci tutti prima di partire?»

«Ci inseguiranno subito» disse Joris. «Dobbiamo prendere il massimo vantaggio possibile.»

Trehearne domandò: «Perché andiamo a Thuvis?»

«Un poco» disse Edri semplicemente «per salvare gli uomini che se ne stanno là a marcire, ma soprattutto perché dobbiamo prendere con noi Arrin. Vedi, Trehearne, egli fu arrestato prima di poter finire i suoi calcoli. Quando tentai di continuarli, vi aggiunsi parte del mio materiale, ma l’elemento che manca non vi è contenuto. Arrin è l’unico che ne sia a conoscenza. Deve essere così, altrimenti non avrebbe potuto arrivare tanto lontano. Ora, se riuniamo quanto ciascuno di noi sa…» Edri sospirò. «È stata una lunga, interminabile lotta. Mille anni trascorsi a mettere insieme dicerie, leggende e voci popolari, a dar la caccia a frammenti di lettere e documenti segreti, a scavare in un mucchio di corbellerie in cerca di un piccolo brandello di verità. Le autorità vardda di quel tempo soppressero o distrussero ogni testimonianza connessa con l’ultimo viaggio di Orthis. E fecero un buon lavoro. Finora nessuno ha mai saputo in quale zona della Galassia avvenne l’ultimo inseguimento.»

Tacque assorto. «Sì, una lunga lotta. E se ci sbagliassimo, ciò significherebbe la fine di ogni speranza per la nostra generazione. Altri dovrebbero ricominciare da capo le ricerche.»

La domanda gli parve crudele, ma Trehearne non poté astenersi dal farla.

«Vi sono le prove che l’astronave di Orthis esista ancora?»

«No. Sappiamo soltanto che al tempo in cui Orthis sfuggì ai suoi inseguitori e scomparve non era stata distrutta. Perché, come ti ho detto, molto tempo dopo una delle scialuppe della sua astronave fu ritrovata nello spazio con l’ultimo messaggio di sfida che Orthis indirizzò alla Galassia.»

Edri tacque, poi soggiunse: «Ti meravigli che veneriamo un simile uomo?»

«Penso» disse lentamente Trehearne «che tu abbia il suo stesso coraggio.»

«Può darsi» rise Edri «So soltanto che ho una sete spaventosa. Non hai dimenticato di far provvista di vino, Joris?»

«Dio mi guardi!»

«Andiamo a bere.» Edri prese Trehearne per un braccio. «E ora puoi raccontarmi una storia: da dove vieni, che cosa diavolo fai qui?»

«Non ora» disse Trehearne senz’alcun entusiasmo. «Penso che sarebbe meglio per me andare a vedere che ne è di Shairn.»