La polvere portata dal vento sferzò Trehearne, penetrandogli nella carne come una miriade di piccoli pugnali gelidi. Il cielo era fosco, pur in pieno giorno, ma vi era qualche stella. Anche di notte non vi sarebbero state che quelle rade stelle. Il tetro bagliore di Thuvis si rifletteva rosso su quel sabbioso mondo deserto e là, dove un profondo burrone incideva il tavolato, l’ombra s’insinuava fitta come sangue rappreso. Trehearne non poteva immaginare un luogo più simile all’inferno.
Edri si era affrettato verso l’orlo del burrone. Trehearne lo seguì e guardò giù. Ai piedi delle ripide pareti, ai piedi delle paurose pietraie vi erano un groviglio di anemica vegetazione, alberi stenti e macchie che fumavano come piccoli crateri nell’aria gelida. C’era un abitato laggiù, tre o quattro costruzioni in plastica circondate da un muro e al di là del muro una patetica distesa di terra coltivata.
«Vengono» gridò Edri. «Hanno visto l’astronave…»
Uno stretto sentiero saliva ripido dal fondo del burrone. Alcuni uomini vi si stavano inerpicando. Trehearne li contò. Otto, dieci, undici uomini, tutti gli abitanti di questo mondo di estremo esilio.
Edri urlava. La sua voce echeggiava nel burrone con un sordo rimbombo. Altre urla gli risposero. Gli uomini sul sentiero cominciarono a correre. Scivolavano e incespicavano nella fretta, arrancando con le mani e coi piedi. Trehearne scorse i loro pallidi visi tesi verso di lui.
Li osservò arrivare: smunte disperate figure d’uomini battute dal vento con il grigiore della morte vivente addosso, faticosamente emergenti da quella profonda prigione illuminata di rosso in risposta ai richiami di Edri. Vide i loro occhi, gli occhi di uomini risveglati improvvisamente da quel terribile intorpidimento della mente che è peggiore di una completa distruzione.
Edri gettò le braccia al collo dell’uomo che si inerpicò per primo sull’orlo del precipizio. Non si trovava là da molto tempo, come gli altri, e l’effetto non era così profondo in lui. Si voltò e gridò ai suoi compagni di affrettarsi. La sua barba e i suoi capelli scarmigliati si gonfiavano al vento e la sua voce suonava selvaggia.
Edri gli gridò: «Non c’è tempo per parlare ora, Arrin, siete tutti qui?»
C’erano tutti. La fila di quei barbuti fantasmi s’affrettò verso la Mirzim. Mani si stesero prontamente ad aiutarli.
La voce di Quorn urlò nell’altoparlante: «Sono proprio sopra di noi. Fate in fretta!»
Joris si era precipitato sul ponte. Stava al suo posto, attendendo che il portello si chiudesse.
«Preparatevi alla partenza! State attenti!»
La sua mano si alzò per trasmettere i segnali. E poi Trehearne la vide esitare e ricadere. Dalla porta aperta della cabina di trasmissione giunse un’altra voce perfettamente intelligibile a quella breve distanza. La voce metallica del ricevitore.
"Abbiamo la vostra posizione. Non tentate di partire. Abbiamo la vostra posizione. Non tentate…"
Al di sopra delle spalle improvvisamente incurvatesi di Joris, Trehearne scorse attraverso l’oblò della cabina di comando la lunga forma agile di un astrocaccia, planare verso uno spiazzo non lontano.
18
Il volto di Kerrel apparve sul piccolo schermo. Non vi era bisogno ora di ultraonde, bastava la comunicazione per mezzo di un normale videofono. Edri e Joris gli risposero. Trehearne rimase sulla soglia in ascolto. Alle sue spalle c’erano gli esuli liberati, e un senso di nera disperazione gravava su di loro.
Kerrel fissava Edri e Joris con un’espressione di stanchezza e di odio insieme. Pareva avesse imparato che essere agente del Consiglio ha i suoi lati brutti. Ma non vi era il minimo segno di umanità nel tono della sua voce.
«I cannonieri hanno l’ordine di aprire il fuoco esattamente entro quindici minuti» disse. «In questo frattempo dovete sgomberare la nave senza portare con voi né armi né oggetti personali di alcun genere.» Ripeté: «Quindici minuti esatti.»
Joris lo guardò con occhi profondi e infossati. Negli ultimi minuti era invecchiato di vent’anni. Pareva gli fosse difficile parlare. Le mani di Edri erano serrate con tanta forza che le dita avevano un biancore d’ossa. Si agitavano convulsamente cercando qualcosa contro cui avventarsi senza trovarlo. Anch’egli pareva un vecchio.
«Quattordici minuti» annunciò Kerrel senza emozione. «State perdendo tempo.»
Edri si voltò bruscamente e si lanciò alla cieca oltrepassando Trehearne che lo afferrò e lo trattenne sulla soglia.
«Lasciami andare» gridò Edri imprecando. «Quel burrone è profondo. Tanto vale che mi getti ora. Non voglio che mi riprendano.»
«Un momento» disse Trehearne. Una improvvisa selvaggia speranza lo aveva invaso. Alzò la voce: «Kerrel! Kerrel, mi senti?» Era fuori dal raggio visivo dello schermo.
«Sì, Trehearne, ti sento.»
«Allora ascolta! Di’ ai tuoi uomini di aspettare a far fuoco. Abbiamo Shairn a bordo!»
Joris alzò il capo vivamente. Edri smise di divincolarsi. E sul volto di Kerrel riflesso nello schermo, passarono tutte le sfumature della sorpresa e dello sgomento, poi l’intuizione e un bieco compiacimento.
«Sei furbo, Trehearne» disse. «Ma non me la fai. Tredici minuti.»
«Vai a prenderla, Edri» ordinò Trehearne. Aveva la bocca arida, il corpo molle di sudore freddo.
Edri si precipitò nel corridoio. Trehearne si mise in una posizione da cui Kerrel lo potesse vedere. Sorrideva e si chiedeva se Kerrel potesse udire il battere del suo cuore contro le costole. Joris rimase immobile in attesa. Kerrel contava i minuti, e a ogni numero la sua voce diveniva meno ferma e i suoi occhi più incerti.
Rimanevano sei minuti quando Edri ritornò con Shairn e la spinse davanti allo schermo.
«Vedi?» disse Trehearne. «Non mentivo.»
Kerrel si dimenticò di contare. Fissava attonito la ragazza, i forti lineamenti sconvolti dall’indecisione. Pronunciò il suo nome una volta. Si volse bruscamente e scomparve dallo schermo. Lo udirono urlare in lontananza: «Non fate fuoco! Non fate fuoco! Hanno un prigioniero a bordo.»
Trehearne seppe allora di non essersi ingannato sulla profondità della passione dell’altro e stranamente questa consapevolezza gli fu amara.
Kerrel riapparve, e Shairn gridò: «Kerrel, il loro obiettivo non è solo di liberare questi esuli orthisti! Penso che…»
Trehearne le tappò la bocca con la mano. «Non importa che cosa pensa. La cosa importante è la sua vita. Quanto vale per te, Kerrel?»
Kerrel si passò nervosamente la mano sul viso e non rispose subito. Trehearne non mosse il palmo dalla bocca di Shairn.
Kerrel scosse il capo. «Tu non saresti capace di ucciderla, Trehearne.»
«Io, no» rispose Trehearne. «Ma io sono uno soltanto e ci sono tanti altri a bordo. Undici uomini di Thuvis per i quali la vita di una sola persona è ben piccolo prezzo per pagare la fuga da questo buco d’inferno. Su, Kerrel, quanto vale per te Shairn? Puoi averla libera; sana e salva.»
Kerrel chiese: «Che cosa volete?»
«Un vantaggio sulla partenza.»
«Non vi servirà a nulla. Non potete battere un caccia.»
Joris disse: «Vogliamo tentare!»
Kerrel esitò di nuovo: «Quali condizioni fissate?»
Trehearne rispose: «Ci lascerete partire e noi vi garantiamo di deporre Shairn al sicuro sull’altra faccia di questo pianeta. Voi rimarrete qui con la vostra astronave finché non riceverete da noi il messaggio che la cosa è stata fatta. Potremo controllare a vicenda le nostre azioni per mezzo del radar e se i vostri generatori si metteranno in moto prima della nostra seconda partenza, lo sapremo.»
Kerrel rifletté e poi chiese cupo: «Che sicurezza posso avere io che la lascerete realmente a Thuvis?»