«La mia parola» rispose Trehearne. «O ti fidi o falla saltare in aria subito con tutti noi.»
Ci fu un altro lungo, intenso momento di silenzio. E poi Kerrel disse: «Benissimo.» Pronunciò la parola come se acquistasse sulla sua lingua un sapore di vetriolo.
Joris uscì dalla cabina di trasmissione con un solo lungo passo. Kerrel guardò Shairn e gridò: «Aspettate, dovete trasmetterci la vostra posizione quando la lascerete a terra.»
«Va bene.»
Trehearne chiuse l’interruttore. Lo schermo rimase vuoto. I generatori frementi sollevarono l’astronave in un turbine e dal caccia non giunsero colpi di cannone. Trehearne allentò la stretta su Shairn. La reazione e il sollievo gli facevano tremare le ginocchia così che gli era difficile resistere ai sobbalzi dell’astronave.
Shairn si volse a guardarlo: «Sei un idiota, Michael» sibilò. «Ma te lo concedo: non sei un vigliacco.»
La richiuse nella cabina e ritornò sul ponte. Joris osservava attentamente la proiezione in microfilm della carta del pianeta.
«Qui» decise, indicando un vasto deserto. «Qui starà al sicuro finché non la raccoglieranno; in queste solitudini non ci sono animali da preda.» Gettò un’occhiata a Trehearne. «Sei in gamba» disse. «Io ero finito.»
Trehearne abbozzò un sorriso. «Io ho soltanto tentato un bluff. D’ora in poi, Joris, tutto ricade sulle tue spalle. Dov’è Edri?»
«Chiuso nella sua cabina con Arrin. Conoscono la vasta zona che si stende agli estremi confini della Galassia. Ora stanno tentando insieme di tracciare la rotta esatta.» Joris sbuffò. «Rotta! Se riesco a tenermi avanti di stretta misura a quel caccia, sarò soddisfatto.»
La Mirzim sorvolò il tenebroso pianeta di Thuvis lanciandosi nella notte senza stelle. Trehearne sedeva immerso in profonda riflessione: pensava a Shairn, pensava ai due uomini curvi sui calcoli definitivi di un sogno che da mille anni deludeva l’uomo. Pensava a quel che un sogno può essere per un uomo, a come lo può portare lontano dalla tranquilla vita del senso comune negli abissi ultimi della creazione. Sperava che egli e Arrin potessero trovare quanto volevano. Sperava che potessero vivere tanto da trovarlo.
«Scendiamo» disse Joris. «Meglio dare a Shairn una coperta. Fa freddo laggiù,»
Trehearne trovò una morbida coperta nel guardaroba e la portò nella cabina di Shairn. Ella se la mise addosso ed egli vide quanto il suo viso fosse oscurato dalla stanchezza e dalla tensione.
Shairn chiese pianamente: «Mi ami ancora, Michael?»
La domanda lo colse di sorpresa e la risposta venne da sé. «Sì» rispose. «Ti amo.»
«Allora dobbiamo smetterla di comportarci come due bambini stizziti e non gettar via la vita che possiamo vivere insieme.»
Egli chinò il capo. «Mi dispiace che tu sia immischiata in tutto questo.»
«È colpa mia quanto tua. Sono stata troppo impulsiva. Avrei dovuto trattenermi riflettendo che il mondo dei Vardda era così nuovo per te che avevi pochi elementi in base ai quali giudicarlo.»
In quel momento non era più la Shairn beffarda di un tempo. La sua voce era piena di una oscura passione, di una supplica che egli avrebbe dovuto intendere.
«Michael, avevi i tuoi buoni motivi; fedeltà a un amico, reazione a quanto ti pareva un’ingiustizia. Ma certamente ora tu vedi di che impresa disperata si tratti. So che cercate l’astronave di Orthis. Non la raggiungerete mai. Kerrel vi abbatterà. Tutto questo sarà avvenuto per nulla.»
Parve a Trehearne che quanto ella diceva fosse assai vicino al vero. Ma rispose soltanto: «È troppo tardi per pensarci ora.»
«No, Michael! Puoi ancora salvarti.» Lo afferrò per le spalle, premendogli le mani ansiose sulla carne. «Scendi dalla nave con me! Lascia che Kerrel ci raccolga entrambi!»
Trehearne sorrise tristemente. «A Kerrel piacerebbe ricondurmi a Llirdis per gettarmi in prigione.»
«Ma non sarebbe necessariamente prigione!» esclamò Shairn. «Potresti dire di aver finto di unirti a Joris e a Edri solo per salvare me. Io ti appoggerei e né Kerrel né nessun altro potrebbe portare prove contrarie. Sbarcheresti libero a Llirdis.»
Gli balenò per la mente che era cosa fattibile. Tutto quadrava alla perfezione. Era una via d’uscita.
«E non sarebbe neppure un tradimento verso i tuoi amici» insistette Shairn. «Andranno avanti senza di te. Tu hai fatto per loro tutto quanto era in tuo potere.»
Si aggrappò a lui. La sua bocca lo invocò con un suo silenzioso linguaggio. Egli si liberò lentamente dalle sue braccia e la respinse, ed ella trattenne il respiro.
«No» disse. E di nuovo. «No, Shairn»
Ella rimase immobile e lo guardò fermamente. «Potresti tornare con me alla Torre d’argento, ma non ci tornerai, e perché? Perché gente che non hai mai conosciuto, di pianeti che non hai mai visto possano un giorno volare tra le stelle?»
«C’era una volta sul pianeta Terra un uomo chiamato Trehearne che sfidò la sorte per volare tra le stelle» disse. «Ho pensato che anche altri dovrebbero tentare quest’avventura. È una questione che voglio risolvere ora.»
Ella non parlò e poi la diminuzione di velocità dell’astronave li avvertì che tutto stava per finire. Trehearne la condusse alla camera di compressione. Rimasero insieme, senza trovar null’altro da dire e tutto quel che era stato tra loro tornò nel silenzio a beffarli con la malinconia dei giorni perduti.
La Mirzim strisciò dolcemente con la chiglia su una superficie cedevole e si arrestò. Trehearne aprì il portello, sporgendosi a guardare il buio deserto battuto dal vento.
Allora Shairn parlò. «Strano inizio tra noi, Michael, e ora una fine anche più strana.»
Stese la mano per aiutarla a scendere e fu come se la pressione delle dita di lei gli lacerasse il cuore. Ella alzò gli occhi a lui, ed era ormai una piccola figura sperduta nella vasta oscurità. Parve a Trehearne che le sue labbra si muovessero, ma il vento passò tra loro disperdendo le parole ed egli non seppe che rispondere.
Il campanello d’allarme squillò acuto. Chiuse il portello, e lei se ne era andata.
La voce di Joris tuonò dal ponte di comando attraverso l’altoparlante: «Acquattatevi, tutti! Questa partenza è l’unico vantaggio che ci possiamo prendere su Kerrel. E devo sfruttarla a dovere!»
La mano crudele dell’accelerazione schiacciò Trehearne contro il piancito. Giacque sulle logore tavole del ponte e quell’ultima visione del pallido viso di Shairn restò in lui a ricordargli tutto quanto aveva avuto e perduto. Ripeté il suo nome più volte nel silenzio della camera di compressione deserta. E la bocca gli si riempì di un amaro sapore di polvere. La Mirzim balzava attraverso gli spazi come una creatura selvaggia dirigendosi verso la zona che era l’obiettivo di millenarie speranze e ricerche, verso i confini della Galassia e le sponde della notte infinita.
19
Erano giunti ai limiti ultimi della Galassia, dove le stelle dell’orlo estremo si perdevano nel vuoto e gli astri spenti vagavano per sempre in un’oscurità di tomba, dove perfino la memoria della creazione era scomparsa, cancellata da un tempo inimmaginabile. Non vi era alcuna frontiera definitiva ma solo una vaga regione di confine tra il brulichio delle stelle scintillanti e il nero abisso al di là.
Trehearne cercava di ricordarsi quanto tempo era passato da quando erano partiti da Thuvis. Non ci riusciva. Il tempo sembrava stranamente elastico quando si erano perduti tutti i punti di riferimento familiari. Vi rinunciò. Non importava. Scrutava con dolenti occhi arrossati i mari senza luce che si stendevano tra le isole degli universi e cercava di ricordare perché era venuto fin lì. E anche questo si confondeva nella sua mente.
Edri era curvo su un tavolo sistemato sul ponte. Non sembrava più l’Edri di una volta. Pareva che avesse lavorato per un milione d’anni. Arrin gli sedeva accanto. Si teneva la testa tra le mani ossute, simile a una barbuta mummia, a malapena conservando una parvenza di vita. Vi erano carte tra le mani di Edri, interminabili fogli di calcoli e di grafici, interminabili serie di cifre. Joris le studiava, chinandosi accanto a Edri. Le sue larghe mascelle ricadevano flosce sul colletto spiegazzato. Gli occhi si erano infossati profondamente nell’orbita da cui balenavano come dal mondo di due caverne.