Quorn disse bruscamente: «Questo posto può andare. Se non altro ci offrirà un po’ più di riparo.»
Fece planare cautamente la lancia verso l’antico letto piatto di un fiume. Il fondo era ora coperto d’aria gelata, ma in tempi remoti l’acqua aveva scavato un profondo canyon nella roccia lasciandovi cavità d’erosione e sporgenze. Quorn fece atterrare la lancia in uno di questi luoghi corrosi dalle onde, sotto la parete del canyon.
Edri continuava ad accanirsi sul libro, accertandosi di alcuni passaggi, abbagliato dallo stordimento della stanchezza e preoccupato dalla necessità di non sbagliare. Non si permetteva incertezze o errori neppure nella lettura di una singola cifra. Non ci sarebbe stato tempo per correzioni o controlli. Il peso della responsabilità era così grave in lui che sembrava contrarsi fisicamente sotto di esso. Le sue labbra continuavano a muoversi. Trehearne non gli invidiava il suo compito.
Quorn brontolò qualcosa al suo indirizzo e insieme andarono a poppa ad arrabattarsi con l’apparecchio ultrasonico. Trehearne era posseduto dal demone dell’urgenza e non aveva la più pallida idea di che cosa stesse facendo. Quorn dava ordini ed egli obbediva ciecamente, talvolta a ragione, talvolta a torto. I loro nervi erano logorati oltre ogni umana resistenza e prima di essere riusciti nell’intento si trovarono a digrignare i denti l’uno contro l’altro come cani. Inserire i conduttori di energia nei generatori della lancia fu il compito più arduo, ma in un modo o nell’altro lo portarono a termine. Fecero alzare in piedi Edri per farlo sedere di nuovo, sempre con il libro in mano, davanti alla trasmittente. Quorn si curvò sulle leve di comando. I generatori fremettero fornendo l’energia necessaria. Edri continuava a fissare il libro. Trehearne lo scosse. «Avanti» esclamò «parla.»
Edri sbatté gli occhi e corrugò la fronte, guardandoli da sotto in su come avesse dimenticato completamente quel che doveva fare. Quorn prese il volto di Edri tra le mani e gli parlò, battendogli leggermente le guance mentre gli diceva: «Ascolta, mi sono messo sull’onda di emergenza che include tutte le linee. Ogni apparecchio ultrasonico compreso entro la sua portata la riceverà, compresi i centri di comunicazione non-vardda. Edri, mi capisci? Il momento in cui la intercetterà Kerrel sarà in grado di individuare la nostra posizione e di interferire. Così devi far presto. Presto!»
Edri sbatté gli occhi di nuovo e tremò. «Benissimo. Tenterò.» Guardò Trehearne nervosamente. Quom sistemò l’ultima leva e poi parlò nel trasmettitore.
«G-Uno! G-Uno! Emergenza. Sgombrate tutte le linee. Usate registratori. Usate registratori! G-Uno! Sgombrate tutte le linee…»
Fece un cenno energico a Edri che si curvò in avanti. «Forse non potrò ripetere. Abbiamo trovato la nave di Orthis. Seguono le formule per la mutazione vardda.»
21
Edri aveva cominciato la lettura del taccuino. Andava veloce, ma facendo sforzi disperati per pronunciare ogni sillaba chiaramente. Quom era curvo disperatamente sulle leve. Trehearne sedeva immobile, ma i suoi muscoli fremevano. Il sudore gli colava negli occhi. Era stanco. Era così stanco che la figura di Quorn, lontana da lui un passo, gli appariva vaga e indistinta come fosse sperduta nella nebulosità della distanza. La voce di Edri scandiva le parole senza interruzione.
Quorn disse con voce roca: «Il caccia ci ha intercettati. Stanno già tentando di interferire. Fa in fretta.»
Il volto di Edri divenne quello di una persona braccata. La sua voce si alzò stridula in una gara disperata. Voltò l’ultima pagina. La finì, e poi ritornò al principio e cominciò a ripetere. Quorn si alzò.
«Non serve, ormai, siamo tagliati fuori. Ciò significa che il caccia è vicino; abbastanza vicino da…»
Non ebbe il tempo di pronunciare la frase fino in fondo. La lancia fu scossa improvvisamente come da una mano gigantesca. Quorn fu lanciato contro una parete e Trehearne cadde sul pavimento. Solo Edri curvo sul trasmettitore parlava ancora.
«È stata una bomba» disse Quorn, alzandosi di nuovo. «Ci prendono di mira dall’alto del canyon.» Afferrò il casco. La lancia sobbalzò una seconda volta, più forte. Trehearne arrancava faticosamente per rimettersi in piedi. Tentò di calcare il casco sulla testa di Edri, ma questi si ribellò, aggrappandosi al trasmettitore. Quorn lo prese per le spalle e gridò: «Non serve più! Vieni!» Tolse la corrente. Insieme liberarono le mani di Edri e gli misero in testa il casco. La lancia subì un’altra scossa e qualcosa si ruppe con un fragore di vetri infranti. Trehearne si agganciò il casco. Attraverso il microfono udiva Quorn gridare qualcosa a proposito della chiusura ermetica e dell’urgenza di andarsene prima che la lancia cadesse in pezzi con loro dentro. Quasi trascinando Edri tra l’uno e l’altro, cominciarono a correre. Qualche tavola del ponte era già saltata e si udiva uno spaventoso sibilo acuto di aria compressa. Raggiunsero la porta di sicurezza e la spalancarono.
Sul fondo del canyon una grande luce sbocciò e si spense. Frammenti di roccia urtarono silenziosamente contro la lancia. Il ponte saltò sotto i loro piedi e la porta di sicurezza li proiettò in avanti mentre lo scafo sobbalzava paurosamente. Batterono con violenza sul terreno. Per alcuni secondi giacquero dov’erano caduti e non si udirono altre esplosioni. Trehearne gemette e si mise a sedere. «Penso che sia stata l’ultima. Quorn? Edri? Qualcuno mi risponda.»
Edri taceva, ma Quorn disse con voce sorda: «Sanno che abbiamo interrotto la trasmissione. Dannazione mi sono tagliato il labbro sul bordo del casco e il sangue mi cola addosso.» Trehearne lo udì sputare. Si accostò a Edri e lo scosse. Finalmente Edri disse «Dov’è il taccuino?»
«È rimasto sulla lancia.»
«Dobbiamo andare a prenderlo…»
«Perché?»
«Forse hai ragione. Ci siamo riusciti, Quorn? Abbiamo finito?»
«Non so, non so! Ci hanno sorpresi così presto…»
Si alzò da terra, gli occhi fissi a qualcosa, e poi tese una mano verso il cielo nero. «Fuggiamo» chiese «o aspettiamo?»
Trehearne guardò su e giù per il letto del fiume ostruito da strati d’aria congelata e poi volse gli occhi alla dura nitida linea delle rocce sopra le loro teste. «Potremmo respirare per qualche ora, va bene, fino a esaurire la nostra riserva di ossigeno. Ma non credo ne valga la pena.»
Quorn tornò a sedere. «Penso sia bene aspettare, allora.»
Attesero, e il caccia calò silenzioso dal cielo. Le ripide pareti rocciose sovrastanti facevano da schermo alla luce della Galassia, e il canyon era buio, ma gli oblò del caccia splendettero di un vivido bagliore. Trehearne fu quasi lieto di vederli. Erano umani. Davano un senso di conforto, dopo tutta la notte e la desolazione di quel pianeta spento. Lo sportello si aprì e una nitida lama di luce ne uscì, diritta, senz’aria che ne diffondesse il riflesso, andando a colpire la parete opposta del canyon accanto alla lancia. Uomini in scafandro cominciarono a uscire dallo sportello. Trehearne si alzò in piedi. S’avviò per il vivido fascio di luce, muovendo lentamente incontro agli uomini. Edri lo seguì, Quorn pure.
Una voce sconosciuta gli giunse attraverso l’interfonico del casco. «Dite i vostri nomi.»
Dissero i loro nomi e Trehearne soggiunse: «Non siamo armati. Siamo sfiniti.» C’era un certo sollievo in quell’essere sfiniti. Qualunque cosa fosse accaduta da allora in poi non dipendeva più da loro. Potevano starsene tranquillamente passivi, rilassarsi, lasciare che qualunque cosa accadesse. Guardò l’astronave e pensò al calore, al cibo, al riposo, e a un buon sonno. A Shairn e Kerrel si poteva pensare più tardi.
Gli uomini del caccia erano armati di fucili disgregatori assai più pericolosi dei piccoli disgregatori a tubo che avevano come unico effetto la parziale perdita dei sensi. Avanzarono per un breve tratto verso le tre goffe figure che seguivano cautamente il fascio di luce. La prima voce che aveva parlato diede un ordine e i due uomini si accostarono alla lancia per perlustrarla, le torce oscillanti. Poi la voce si rivolse a Trehearne e agli altri. «Tenete le mani più in alto che potete. Benissimo, va bene così.»