Trehearne disse: «Ve l’ho detto, non siamo armati.»
«Misura di prudenza. Restate dove siete.»
Obbedirono e furono perquisiti.
«Benissimo» disse la voce dell’ufficiale. «Venite a bordo.»
«No.»
Una parola secca pronunciata pianamente da una voce che Trehearne conosceva. Una voce che non udiva da un tempo immemorabile, ma che ricordava. La voce di Kerrel. La mortale stanchezza che pesava su di lui si allentò un poco e subentrò l’ira. Gli uomini erano ritti nel fascio di luce, ma gli volgevano le spalle, faccia a faccia com’erano con i prigionieri. Il nitido bagliore li investiva lasciando tuttavia i loro visi nell’ombra, invisibili dietro il visore dei caschi. Trehearne cercò di identificare Kerrel, ma non vi riuscì.
L’ufficiale obiettò, seccato: «Ma non ha senso star qui fuori più a lungo.»
L’avventura era stata lunga e dura anche per lui. «Appena la squadra in perlustrazione ritornerà, decolleremo.»
«Sì» disse Kerrel. «Ma loro no. Loro resteranno qui.»
Le forme avvolte negli scafandri, inumane forme senza volto, che erano rimaste vicine, si scostarono un poco e si volsero l’una all’altra, come tentassero di perforare l’oscurità con le balenanti lenti dei caschi. Ci fu un silenzio di stupore e poi Edri disse. «Questo è un assassinio.»
La voce dell’ufficiale, alterata dall’ira, domandò: «Kerrel, che diavolo… Sei impazzito?»
«La giustizia è una pazzia.» C’era qualcosa di strano nella voce di Kerrel. Era sorda e atona, priva di passione, la voce di un uomo che non può resistere a quello che gli grava dentro, a cui non basta più per trovar scampo nessuna normale via di sfogo. «Può darsi che siano riusciti nell’impresa. Lo capite? Può darsi che abbiano attuato i loro piani. Sapete che cosa significherebbe tutto ciò?»
«Lo so quanto te e non preoccuparti della giustizia, saranno puniti. Ma, secondo le leggi, sarà il Consiglio a far giustizia, a Llirdis.»
«Le leggi» ripeté Kerrel a bassa voce. «Trehearne ha già beneficiato una volta delle nostre leggi. Io dissi allora ai membri del Consiglio che avevano torto a favorirlo. Le leggi sono giuste, le ho servite tutta la vita. Ma ci sono casi in cui si deve andare oltre la lettera della legge, se si vuol continuare a servirla. Lasciali qui.»
Trehearne parlò, per la prima volta. «Non sarebbe bene che io ritornassi a Llirdis, vero, Kerrel? Non sarebbe bene che in pieno Consiglio raccontassi come e perché Yann morì.»
La voce di Kerrel gli rispose e non avrebbe saputo dire quale fosse a parlare delle forme avvolte negli scafandri parlasse forme dal viso celato. Era pazzesco non saperlo.
«E avevo torto, Trehearne? Potresti presentarti in pieno Consiglio e dimostrare che avevo torto nel tentare ciò che tentai?»
«Ascolta» riprese l’ufficiale. «Non sono né un giudice né una giuria. Sono stato inviato dal Consiglio per riportare a Llirdis questi uomini e intendo eseguire gli ordini. Per amor di Dio, Kerrel, smetti di volerti caricare sulle spalle il peso dell’intero universo. Nessun uomo ne è in grado. Venite, voi tre… salite a bordo.»
«No.»
Una delle figure si staccò. Una delle figure abbandonò il resto del gruppo e si frappose tra esso e l’astronave, il disgregatore tra le mani.
«Non vedi abbastanza lontano. Supponi che non siano riusciti. Se venissero processati, secondo una legge e un sistema per abbattere il quale hanno rischiato la vita, se fosse loro permesso di rivelare a tutta la Galassia quanto hanno fatto, di divenire eroi e martiri, una sorgente di sventura per tutti i tempi a venire?»
«Ci sono stati in passato altri processi a Orthis.» L’ufficiale si dirigeva verso Kerrel. «Penso faresti meglio a darmi quell’arma, prima che ti faccia portar via di qui.»
La bocca del disgregatore si alzò, e Kerrel disse: «Aspetta, non ho finito.» L’ufficiale fece un altro passo e poi esitò e parve che un improvviso disagio invadesse lui e gli altri uomini del caccia. Il ventre di Trehearne si contrasse in un fremito di furia impotente e le sue mani si tesero in un inutile gesto avido, come ad afferrare qualcosa. Quorn imprecava in tono monotono, così basso che la sua voce era come la trama in cui si inserivano le voci degli altri.
Kerrel disse: «Il caso di questi uomini è diverso. Hanno trovato l’astronave, il loro reliquiario. Vi sono penetrati, hanno toccato i taccuini, per quel che ne so, hanno visto il corpo stesso di Orthis. Hanno dimostrato che l’impresa era possibile. Tutto ciò sarà mai dimenticato?»
«Non me ne importa un accidente» sbottò l’ufficiale. «Nessuno deve uccidere dei prigionieri. Dammi l’arma.»
Kerrel arretrò, di poco, un passo o due. Quel gruppetto d’uomini cominciò ad allargarsi lentamente, lasciando a uno a uno il fascio di luce finché ne rimasero soltanto tre, un piccolo schermo tra Kerrel e i prigionieri. Le gambe di Trehearne si piegarono. Teneva gli occhi fissi sul disgregatore.
Kerrel non si arrese: «Supponi che non abbiano fallito. Supponi che sia tutto finito, i mille anni di vita dei Vardda. Dovremmo permetter loro di godersi quanto hanno conquistato?»
«Sante parole» interloquì Trehearne. L’oscurità era profonda e fitta, fuori dal fascio di luce. «Nobili parole. Quasi ti credo. Ma tu hai altri motivi.»
«Lo ammetto. Ma non c’entra con questo. Nessuna donna è mai stata così importante da interferire in faccende come questa.» Chiese pianamente all’ufficiale. «Li lasceremo qui?»
«Vuoi deporre quell’arma?»
Arretrò di un altro passo. «Voi tre, in faccia ai prigionieri, scostatevi.»
«Benissimo» esclamò l’ufficiale. «Prendetelo!»
Trehearne balzò nell’oscurità. Vide i tre uomini di faccia a lui scomparire. L’arma crepitò e fece fuoco, contro nessuno in particolare: un avvertimento. E poi la notte fu tutta un trambusto frenetico.
Disteso sulla roccia nera, sulle dure creste di aria congelata, Trehearne osservava la goffa danza di quegli uomini avvolti in informi scafandri e tondi caschi bruniti, dentro e fuori il nitido fascio di luce in cui ormai rimanevano soltanto loro. Avevano accerchiato Kerrel nell’oscurità e, silenziosi, l’avevano sorpreso alle spalle, ma avevano le mani impacciate dai guanti ed era difficile tenere la presa sul liscio tessuto della tuta di Kerrel. Egli sfuggì loro, e poi fu di nuovo parte del gruppo e non si riconoscevano l’un l’altro e le loro voci si levarono in mozze grida furibonde. Solo Kerrel non parlava. Trehearne strisciò pancia a terra lontano dal fascio di luce e le ombre che erano Quorn e Edri lo seguivano. D’un tratto Edri gli batté sul casco e poi fece un cenno e Trehearne vide la solitaria figura di un uomo lasciare la zona illuminata e addentrarsi nell’oscurità, pur rimanendo distinguibile nei suoi contorni dalla loro posizione, verso il luogo dove prima si trovavano i prigionieri.
Trehearne gridò forte: «Parla Trehearne. Sta dirigendosi verso di noi, alla nostra destra, proprio fuori della zona illuminata.»
Gli uomini cominciarono a correre, disseminandosi qua e là e poi il disgregatore fece fuoco più volte, insistente, sistematico; rastrellando tutto il terreno dove avrebbero dovuto trovarsi i prigionieri, i lampi azzurri crepitavano negli interfonici come violente tempeste.
Trehearne e gli altri fuggirono ancor più lontano, arrancando sull’aspro terreno e i lampi azzurri li inseguivano. Poi due uomini si gettarono su Kerrel prendendolo alle spalle. Cadde e il disgregatore gli sfuggì di mano
I due uomini si rialzarono dopo un momento con una certa lentezza. Qualcuno si avvicinò con una torcia e poi altri, e poi tutti, compresi Trehearne, Quorn ed Edri. Rimasero tutti a guardare la figura che giaceva ancora dove era caduta, immota. C’era una sporgenza rocciosa che finiva in un dente acuminato, emergente da uno strato d’aria congelata.