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«Ha battuto forte» disse uno degli uomini. «Proprio sul viso e la glassite si è infranta.»

L’ufficiale imprecò con rabbia. «Che disgustoso pasticcio! Perché doveva comportarsi così? Doveva essere pazzo.»

«Non so» disse Edri lentamente. «Qual è il limite esatto tra la pazzia e la fede? Se ci fossero stati più uomini come lui, non avremmo potuto fare quello che abbiamo fatto.»

Sollevarono il corpo di Kerrel e lo trasportarono sul caccia e Trehearne seguì lentamente secondo gli ordini. A bordo egli e gli altri furono spogliati degli scafandri e perquisiti di nuovo. Poi le guardie li portarono giù per un corridoio: stanchi uomini amareggiati che avevano resistito troppo a lungo a una estenuante fatica. Una di esse disse: «Abbiamo catturato la Mirzim. Tutti i vostri amici sono qui.» E poi soggiunse: «È un peccato dover salvare la vita di uomini come voi.»

Giunsero dinanzi a una pesante porta e si fermarono, e Shairn era lì davanti. Aveva un aspetto patito, gli occhi cerchiati e intorno alla bocca segni che non vi erano mai stati prima. Non era la vecchia Shairn. Era una persona nuova. Non vi fu gioia in questo incontro. Ella guardò Trehearne e disse: «Michael, che cosa hai fatto?»

Egli scosse il capo e rispose: «Al diavolo! È come se non avessimo fatto nulla.»

22

Il viaggio stava per finire. Dalla lunga fase di decelerazione si erano resi conto che stava per finire e ora le ultime scosse, e i lievi sussulti del caccia che si adagiava dentro il suo dock li avvertirono che erano di nuovo a Llirdis. I campanelli risuonarono e al fremito dei generatori subentrò uno strano silenzio.

Attesero, allora. E nulla accadde. Passarono le ore e nulla accadde.

Infine Trehearne disse: «Non hanno neppure l’intenzione di farci scendere dal caccia. Ci porteranno dove ci hanno destinato senza neppure ascoltarci.»

Edri scosse il capo. «No. La legge dei Vardda non condanna nessuno senza processo formale.»

Non potevano vedere nulla, udire nulla. Finché, infine, la porta si aprì. Vi erano ufficiali e guardie, molte guardie, tutte armate. I loro volti non esprimevano nulla.

«Venite con noi» ordinò il giovane capitano delle guardie.

«Dove?» domandò Joris «Alla prigione di Llirdis o…?»

«È proibito comunicare con i prigionieri» disse seccamente il giovane capitano. «Venite con noi.»

Parve strano a Trehearne camminare ancora su pavimenti, corridoi, ponti immobili, su un pianeta. Aldebaran splendeva nel suo fulvo bagliore quando scesero dal caccia. L’aria pareva umida in modo innaturale, pesante dell’odore del mare.

Egli, Joris e Edri, il primo a uscire, si guardarono attorno con un fremito d’ansia, quasi di speranza. Non potevano vedere gran che. Il caccia era atterrato in un settore isolato e altre guardie erano in attesa là fuori accanto ad alcune macchine lucenti.

Ma Trehearne poteva udire. Poteva udire tutto il consueto brusio, frastuono e rumoreggiare della grande base, il cigolio delle gru e il rombo dei carrelli, il sibilo di una veloce astronave planetaria in arrivo. E poi il ruggito più possente di una grande mole librata in volo, un’astronave in partenza per soli lontani. E all’orizzonte le torri splendenti della città di Llirdis sfidavano ancora i cieli con la loro magnificenza.

Trehearne sentiva un amaro senso di inutilità. Tutto questo ordinato turbinio di organizzazione e di attività, tutto il traffico galattico che si accentrava qui, la millenaria solidità del monopolio commerciale dei Vardda: come aveva potuto sognare che un appello radiofonico, pietosamente debole e mal trasmesso, potesse mai scuotere tutto ciò? I volti dei suoi amici gli rivelarono che la loro estrema speranza stava per svanire.

«Le macchine» disse il giovane capitano. «Voi quattro salirete sulla prima.»

Edri ritrovò la voce. «E Arrin?»

«Sono autorizzato a dirvi che il vostro compagno è stato portato all’ospedale ed è in buone condizioni.»

Joris non disse nulla. Trehearne vide i suoi occhi infossati vagare per la base e pensò che cosa dovesse essere per lui ritornare in quelle condizioni al luogo dove per anni aveva guidato con le sue mani l’andirivieni delle astronavi dei Vardda. Poi la macchina li portò fuori dalla base rapidamente. Trehearne notò che altre macchine con a bordo soltanto delle guardie li precedevano e li seguivano discretamente.

Nulla era cambiato a Llirdis. La città variopinta si pavoneggiava sotto il sole, iridescente, splendida, le strade affollate di Vardda sorridenti e dei rappresentanti di altre razze più strane, echeggianti di musiche, vivide di colori. Oltrepassarono un uomo e una ragazza vardda fermi a parlare e a ridere. E fu allora che Trehearne abbandonò ogni speranza.

«Stiamo andando verso il Palazzo del Consiglio» osservò Edri infine.

Joris annuì cupamente. «Avrei potuto dirvelo. Come membro del Consiglio, devo essere incriminato e destituito prima che si possano sostenere accuse a mio carico.» Aggiunse amaro: «Il vecchio Ristin, il presidente, non piangerà certo per questo. Ci siamo accapigliati piuttosto spesso in passato.»

Il Palazzo del Consiglio sorgeva tra una fitta massa di edifici governativi.

Dominava Llirdis non per imponenza, ma per antichità. Era costituito da un vecchio fabbricato grigio, che pur essendo privo di bellezza, aveva la massiccia solidità delle cose eterne. Trehearne intrawide solo vagamente i suoi cortili, i suoi corridoi e gli ufficiali che li seguivano con sguardi stupiti. Fu come se tutto ciò sfuggisse alla sua visione. E nulla gli parve veramente tangibile finché in un’anticamera il viso di Shairn balzò reale ai suoi occhi.

Aveva atteso per vederlo passare, immaginò. Aveva il viso pallido e tirato, e non parlò, ma i suoi occhi dissero: "Michael! Michael!". Si voltò a guardarla mentre passavano oltre, chiedendosi che cosa ella avesse letto nei suoi occhi. E poi si trovarono nella sala di deliberazione.

Non era vasta, né affollata: si trattava di un salone a forma di mezzaluna, in cui erano assisi poco più di un centinaio di Vardda. Del confuso ondeggiare di visi rivolti verso di lui, alcuni erano gravi, altri curiosi, altri esprimevano apertamente l’odio.

Ristin, il presidente, era un maestoso vecchio luciferino dai capelli bianchi, che sdegnava la meschina presunzione di trattare il caso come un affare di ordinaria amministrazione.

«Questo Consiglio non è un organo di giustizia» informò i quattro. «I crimini di cui vi si accusa — pirateria; resistenza all’autorità — verranno giudicati da corti regolari. Noi siamo qui riuniti per approfondire una questione di estremo interesse per lo stato.»

Joris si alzò, sporgendo in avanti la grigia testa simile a quella di un vecchio mastino. Brontolò: «Dal momento che si tratta di un’investigazione, non potete effettuarla legalmente, senza sentire noi.»

Ristin disse arcigno: «Il Coordinatore della base è sempre riuscito ottimamente a farsi ascoltare qui. Ma questa volta dovrete aspettare, Joris.» Alzò lo sguardo sui volti intenti dei Vardda, soggiungendo: «Il problema delle vostre colpe personali, non è il più importante. Quello che ci interessa più urgentemente è la politica generale che il Consiglio dovrà adottare.»

Trehearne udiva appena. La rapida visione di Shairn l’aveva profondamente colpito e la sua mente errava lontano. Confusamente si chiedeva perché Edri che fin allora era rimasto pesantemente afflosciato accanto a lui, si fosse irrigidito d’improvviso, perché gli afferrasse improvvisamente il polso.

Ristin continuava: «Perciò sottolineo di nuovo che noi del Consiglio non permetteremo che nessuna ombra di risentimento incida sul nostro giudizio. Noi siamo stati eletti per servire i veri interessi dei Vardda come comunità nel loro insieme e non dobbiamo permettere che considerazioni d’altro genere influenzino le nostre decisioni.»