Allora Joris rise. Alzò il capo, e la sua tonante risata echeggiò ripercossa dal soffitto a volta. Si volse vivacemente a Trehearne, Edri e Quorn e gli occhi gli splendevano ora. «Per Dio! Ce l’avete fatta dopotutto!»
Trehearne che ancora comprendeva solo a metà, sentì un brivido d’emozione. Edri era scosso da violenti tremiti.
La voce fredda di Ristin riprese: «Credetemi, la vostra esultanza è prematura, cionondimeno non avrebbe senso celare il fatto che le vostre azioni ci hanno messo di fronte a un problema di una gravità senza precedenti.»
Quorn si rivolse a Trehearne con voce roca: «Non capisci? Il nostro messaggio è arrivato!»
Allora Trehearne capi. La gravità dei visi in ascolto, l’odio profondo che si leggeva in alcuni di essi, la dimostrazione d’autorità che il vecchio presidente stava dando per dominare la crisi, tutto ciò incrinava l’apparenza quotidiana, normale di Llirdis che era stata come una campana a morto per le sue speranze.
Ristin stava dicendo: «Finora non si tratta che di voci vaghe, di dicerie. I radiotelegrafisti che possono aver sentito la trasmissione sono stati diffidati dal ripeterla, ma è indubbio che tra essi vi siano degli Orthisti. Il fatto che mondi non appartenenti ai Vardda siano in possesso di ricevitori ultrasonici di cui si servono normalmente per i rapporti commerciali con noi, è un fatto anche più grave. Sta di fatto che, malgrado il servizio informazioni d’attualità agisca in cooperazione con noi, la notizia che il segreto di Orthis è stato scoperto e trasmesso sta diventando di pubblico dominio. Sono state rinvenute finora tre registrazioni in dischi e due scritte. Possiamo esser certi che ne esistono altre.»
Joris intervenne, con voce dura: «In altre parole il segreto è svelato, e presto tutti sapranno che… e che cosa farete voi?»
«Il Coordinatore della base ha fatto il punto della situazione» disse Ristin freddamente, annuendo. «Che cosa faremo noi?»
Un Vardda di alta statura balzò in piedi e gridò: «Propongo di uccidere per prima cosa questi traditori!»
Ci fu un vivace coro di assenso di una mezza dozzina di voci. Ristin richiamò energicamente all’ordine.
«Vi ho ricordato che in questo momento noi dobbiamo pensare soprattutto ai veri interessi del nostro popolo! Che simili interruzioni non si ripetano.»
Un Vardda più anziano si alzò tra i banchi e disse pianamente: «Prima di fare la mia proposta devo ammettere di aver sempre avuto una segreta simpatia per gli Orthisti. Non credo di essere il solo qui dentro a poter fare questa affermazione. Dovete ammetterlo.» Proseguì: «Da tempo mi sono auspicato la fine di questo assurdo monopolio. Ora ci hanno forzato la mano. A mio parere la migliore e più saggia linea di condotta che possiamo adottare è di agire subito, di dichiarare pubblicamente che noi Vardda intendiamo rivelare il segreto a tutta la Galassia.»
S’interruppe per dare più enfasi alla sua affermazione. «Il segreto è ormai di pubblico dominio in ogni caso. Ma agendo prontamente possiamo guadagnarne in credito. Possiamo affermare che la trasmissione è stata fatta con il nostro consenso. Ricordate: che a noi piaccia o no, nel giro di alcune generazioni gli abitanti di altri mondi saranno in grado di volare negli spazi interstellari, e non vogliamo che allora coltivino contro di noi un retaggio di odio.»
Trehearne, ascoltando, sorrideva amaramente: «La politica è la stessa in ogni parte della Galassia.»
«Ma è proprio quanto avevamo sperato» bisbigliò Edri. «E avrà anche il suo effetto!»
Si erano scatenate dispute e aspri dibattiti, che continuarono ininterrottamente, in un clamore di voci che accusavano e negavano, mentre Ristin manteneva fermamente l’ordine, riportando di volta in volta la discussione al tema principale. Infine, approfittando di una pausa, Joris si fece improvvisamente avanti ad affrontare il Consiglio.
«Ora ascoltatemi» tuonò il vecchio. «Dal modo come qualcuno di voi ha parlato pare siate convinti che questo significa la fine dei Vardda, la fine di Llirdis, la fine di tutto. È una poderosa sciocchezza. In primo luogo, le mutazioni non si compiono da un giorno all’altro. Ci vorranno una o due generazioni prima che altre razze comincino ad avventurarsi tra le stelle.»
Trehearne notò che il discorso faceva il suo effetto. Il Consiglio dei Vardda, essendo composto di esseri umani, non poteva preoccuparsi profondamente di un lontano futuro di cui non sarebbero stati spettatori.
«E inoltre» urlò Joris «quando tutte quelle mezze intelligenze dei popoli della Galassia intraprenderanno il volo interstellare, questo significherà forse che il grande commercio dei Vardda sarà rovinato per sempre? Ascoltate! Noi Vardda fummo i primi ad avventurarci tra le stelle. I primi! Pensate che tutti quegli zotici popoli della Galassia possano competere con noi lassù? Lo pensate?»
Li incantò con questo, con l’orgoglio dei Vardda, la gloria dei Vardda.
Trehearne vide i volti contratti mutare espressione. Non tutti, ma molti.
Joris fece una pausa, prima di concludere: «Pensate che verrà mai un tempo in cui i Vardda perderanno la loro autorità?»
Non si parlò molto, dopo questo. Vi furono domande, proteste, dubbi, ma poche discussioni. Tutti i punti principali erano già stati toccati.
«Dobbiamo deciderci ora o mai più» disse Ristin. «Se indugiamo troppo non vi sarà più possibilità di scelta.»
Trehearne udì la lettura della delibera, la votazione e il risultato. I Vardda non potevano piegarsi tanto facilmente! Quarantatré furono i voti contrari alla delibera. Ma settantanove erano in favore.
Infine Ristin proclamò: «Stasera verrà annunciato con una trasmissione su tutte le linee che, in vista dei progressi della civiltà sui pianeti di molti sistemi solari, i Vardda ritengono giunto il momento di far partecipi del segreto della mutazione altre razze scelte.»
Quom esultò: «È fatta, Trehearne, è fatta.»
Trehearne non poteva ancora afferrare in tutta la sua realtà il fatto che quella semplice affermazione segnava un definitivo cambiamento nella Galassia. Che con essa tutte le razze umane cominciavano il grande mutamento verso l’Uomo Galattico.
«E questi criminali che ci hanno obbligati ad adottare questa risoluzione?» domandò un Vardda riluttante, fissando Trehearne e i suoi compagni.
«Non abbiamo scelta» disse Ristin seccamente. «Se li punissimo per quanto hanno fatto, sveleremmo le vere ragioni del nostro annuncio. Le accuse di procedura normale vengono considerate nulle.»
«Così che non saranno puniti del loro crimine?»
Ristin sospirò con rammarico: «Gli interessi dello stato lo richiedono. No.»
I compagni di Trehearne stavano per venir meno a metà sbigottiti, a metà increduli della vittoria che avevano creduto impossibile. Ma stranamente Trehearne non pensava alla conquista che avevano fatto in nome delle razze della Galassia, sentiva in sé l’orgoglio che la frase di Joris "Noi Vardda" vi aveva acceso.
Noi Vardda, ed egli era uno di loro. Era uno dei signori delle stelle, i primi, i più grandi degli stellari.
Edri pensava a qualcos’altro. Si era spinto avanti tra il frastuono generale per parlare a Ristin. «C’è un’altra cosa. Orthis…»
«Abbiamo inviato un caccia a sorvegliare la sua astronave» lo interruppe Ristin.
Edri annuì tristemente. «Ma Orthis non era neppure figlio di un pianeta. Era figlio delle stelle, ha sempre vissuto tra le stelle. È rimasto tanto tempo su quel remoto pianeta. Se la sua astronave potesse di nuovo librarsi nello spazio…»
Ristin annuì pensosamente: «Una buona idea. Dando alla sua astronave un’orbita intorno al nostro sistema creeremo un monumento che ricorderà a tutta la Galassia che furono i Vardda a dar loro la possibilità di volare tra le stelle.»