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Edri si volse a Trehearne e a Joris. Aveva le lacrime agli occhi. Disse: «Orthis torna a casa.»

Il messaggio lasciato per Trehearne diceva semplicemente che Shairn sarebbe stata alla Torre d’argento. Glielo consegnarono quando finalmente uscirono dal Palazzo del Consiglio. Joris gli procurò una macchina e un autista. Trehearne esitò, con una improvvisa ripugnanza a separarsi dal vecchio. Edri, Quorn e gli altri avevano i loro tanto accarezzati piani. Ma per Joris la vittoria non rappresentava una gioia.

«Se tutto questo fosse accaduto una generazione fa, mio figlio sarebbe ora il capitano di un’astronave» mormorò in risposta alle incerte parole di Trehearne. «Bene…»

La macchina lo condusse fuori dalla città, lieve e veloce; la gran luce di Aldebaran s’immerse nel mare e calò il crepuscolo. Le stelle fiorirono nel cielo e Trehearne alzò lo sguardo a esse. Guardò la vaga scintilla remota del piccolo Sole e pensò alla Terra e a un trovatello di laggiù che per miracolo aveva ritrovato la via di casa.

Quella verde lontana Terra non sapeva ancora nulla delle battaglie combattute e vinte ai confini estremi della Galassia. Ma era stata una battaglia combattuta anche in suo favore ed essa l’avrebbe saputo in tempo. Tra una generazione le astronavi avrebbero cominciato a recarsi apertamente sulla Terra. E superati i loro mortali conflitti, anche i giovani della Terra si sarebbero avventurati tra le stelle per unirsi alla grande marcia dell’Uomo Galattico. Chi poteva mai dire dove questa marcia li avrebbe portati? Fino ad altre galassie, ad altri continenti astrali… I pensieri di Trehearne ritornarono alla realtà dalle immensità del futuro quando scorse la Torre d’argento balenare al lume delle stelle. Uscì dalla macchina e si avviò verso di essa e poi vide una pallida figura sulla spiaggia in ombra, accanto al lento sciacquio del mare e mutò direzione.

La prese tra le braccia, ma lei lo allontanò. Poi gli parlò, la voce chiara, il viso un’incerta macchia bianca nell’ombra. «Non voglio che tra noi rimangano dei malintesi. Voglio che tu lo sappia. Ti odio per quanto hai fatto ai Vardda. Ti odierò sempre per questo.»

Egli fece un passo indietro e lasciò cadere le braccia. «In questo caso» disse «sarà meglio che me ne vada.»

«No, aspetta.» Gli si avvicinò e gli prese il viso tra le mani, molto dolcemente e disse: «Ti amo, malgrado tutto, non so perché. La mia ragione continua a ripetermi i motivi per cui non dovrei, ma… è strano, Michael, non sono mai stata innamorata prima d’ora. Mi accetti a questi patti?»

Egli l’abbracciò questa volta, la tenne stretta contro di sé, sfiorandole le labbra con le sue, mentre rispondeva: «La vita con te non sarà certo un’oasi di pace. Ne sono sicuro, ma lo seppi subito quando t’incontrai.»

Indugiando con lei nella penombra, mentre il vento del mare le gonfiava l’abito bianco e le scompigliava i capelli, il gioco della memoria lo riportò a quella notte sulla spiaggia bretone, secoli prima. Da allora aveva percorso un così lungo cammino, eppure di tutto quanto era accaduto, questo era quasi il suo ricordo più nitido.

Seppe allora, con una saggezza che non aveva mai avuto prima, che a un uomo sarebbe accaduto sempre così, non erano i conflitti e la pena e il trionfo, non gli imperi e le stelle e lotte ciò a cui la memoria aderiva più a lungo. Erano le piccole cose, l’eco del riso di una ragazza, il grido degli uccelli portato dal vento marino, lo splendore di un lontano tramonto, che un uomo ricordava, che avrebbe sempre ricordato quando ogni altra cosa fosse scomparsa.

FINE