Un puro riflesso dei nervi tesi indusse Trehearne ad afferrare la pistola e a girarsi rapidamente. Chi aveva parlato, dovette vedere il suo gesto, perché disse con calma: «Non ce n’è bisogno. Venite con me, voglio parlarvi.»
«Chi…?»
«Abbassate la voce! Venite.»
Trehearne seguì l’indistinta figura dell’uomo in tunica gialla e pantaloni scuri. Anche nell’oscurità riusciva a vedere che la cintura intorno alla vita dell’uomo era incastonata di gemme e i fermagli dei sandali scintillavano come lucciole nell’erba umida. Un rapido brivido contrasse di nuovo i nervi di Trehearne ed egli tenne la mano in tasca sopra la confortante solida massa dell’arma.
Aveva dapprima pensato che l’uomo fosse Kerrel, ma era troppo piccolo e aveva una voce diversa. Non parlarono più finché ebbero raggiunto un angolo deserto del torrione, ben fuori di vista dalle rimesse. Allora l’uomo si fermò e si volse a Trehearne che disse: «Come fate a conoscermi?»
La debole luce di una feritoia cadde sul viso dello straniero. Era il volto di un Vardda, ma era privo di bellezza. Era brutto e senile, gli occhi pieni di malizia e una bocca astiosa, che non era realmente allegra neppure quando rideva. Stava sorridendo, appunto.
«La vostra fama vi ha preceduto.» Fece un cenno verso le mura e quel che vi era al di là. «Kerrel dice che non verrete, Shairn dice di sì. Stanno tutti facendo scommesse su di voi, là dentro.» Esaminò Trehearne da vicino alla luce fioca e scosse il capo. «Non ci avrei mai creduto se non l’avessi visto. Siete davvero straordinario.»
«Mi è già stato detto» replicò Trehearne acidamente e gettò una occhiata al muro di pietra, ricordando ciò che Shairn gli aveva detto nella baia. Gli occhi gli balenarono d’ira. «È sicura di se stessa.»
«Shairn è sicura di tutto, e di se stessa più di ogni altra cosa.» L’uomo doveva aver bevuto, ma non era affatto ubriaco. Il suo tono era serio.
«Ora ascoltatemi, amico. Me ne sono stato in giro a lungo sotto la pioggia ad attendervi mentre avrei dovuto badare ai fatti miei, e proprio ora sto infrangendo una legge molto importante. Nessun altro vi ha visto. Prendete il vostro cavallo, andatevene al galoppo lontano di qui e io dimenticherò di avervi visto.» Pose una mano sulla spalla di Trehearne come incitandolo. «Può esservi difficile crederlo, ma sto offrendovi di salvarvi la vita.»
Le voci degli uomini giungevano portate dal vento e Trehearne pensò alle ceste e alle casse che stavano portando su dal sotterraneo come se si preparassero a caricarle, e improvvisamente gli si formulò una spiegazione.
«Contrabbando» disse. «Potreste atterrare qui con degli aeroplani e nessuno ne verrebbe mai a sapere nulla.»
«Si tratta proprio di contrabbando. Ora ve ne andrete? Non ho alcun diritto di comportarmi in questo modo, ma mi ripugna vedere un uomo andare incontro alla morte per il piacere di una donna.»
«Perché siete così sicuro che io morirò?»
«Perché voi non siete un vero Vardda e più di questo non posso dirvi. Per amor di Dio, andatevene.»
Trehearne pensò: "È sincero, sa quello che dice e il contrabbando non spiega tutto, questi non sono criminali comuni. Vi è qualcosa di strano, di molto strano e forse ha ragione…". Il senso di paura che lo aveva assalito prima, si rinnovò in lui, ed era fisica e razionale insieme, un gelido presagio del disumano. Esitò e l’uomo dal brutto viso disse piano: «Bene! Mi occuperò del vostro cavallo.»
Ci fu un cigolio, un rimbombo e un colpo secco, mentre la imponente porta di quercia della torre si spalancava. Lo straniero spinse Trehearne contro il muro. L’ingresso non si vedeva, ma Trehearne udiva distintamente le voci. Parlavano la loro strana lingua, così che non comprendeva quel che dicevano, ma capì che parlavano di lui. Udì il suo nome e la voce che lo pronunciava era quella di Shairn. Poi ella rise. Non era necessario che ridesse. Il suono della sua voce sarebbe stato sufficiente. Trehearne sfuggì alla stretta dello straniero e si allontanò dal muro.
«Idiota!» sussurrò l’uomo, rabbioso, e fece per trattenerlo, ma Trehearne ricordava cose, parole, sguardi e il furore bruciava in lui la paura. Avanzò nella luce che dalla porta filtrava nel cortile. Kerrel e un gruppo di altre persone, per lo più donne, erano là, ma l’unica che vide fu Shairn, avvolta in una tunica color della fiamma, fermata alla cintura da gioielli, con in mano un calice colmo di vino. Cadde il silenzio e lo sguardo di Shairn era fisso su di lui. Neppure così poteva leggerlo.
Ella sorrise e disse: «Grazie, Michael. Ho vinto la mia scommessa.»
4
Una mano s’abbatté, sulla spalla di Trehearne da dietro. Era l’uomo in tunica gialla che negli ultimi minuti si era trasformato in un allegro ubriaco. Egli diede a Trehearne un’amichevole spinta verso la porta e gridò alla gente riunita là dentro: «L’ho trovato qui fuori che cercava il modo di entrare… e sono sicuro che si tratta di un Vardda.»
Sottovoce disse rapidamente all’orecchio di Trehearne: «Tenete la bocca chiusa o passeremo dei guai tutti e due!»
Entrarono nella torre. Gli uomini fissarono intensamente Trehearne e le donne parlarono di lui nella loro lingua. E Kerrel si rivolse a Shairn: «Sei soddisfatta ora che l’hai portato qui?»
«Non l’ho portato io» ribatté lei. «Sarebbe andato a Keregnac comunque, e nulla l’avrebbe potuto trattenere.» Si avvicinò a una tavola dove c’erano bottiglie e cibi e versò del vino in un bicchiere. «E poi non è un bambino. Sa quel che vuole fare. Non è vero, Michael?»
Gli porse il bicchiere. Egli lo prese e disse: «Oh, grazie. È così. Fareste bene a farvi pagare la scommessa.»
«Penso» ella disse «che vi rinuncerò.» Alzò il bicchiere per bere un sorso di vino e in quel gesto una manica le si scostò un poco scoprendo il cerchio scuro che la sua stretta le aveva lasciato intorno al polso.
L’uomo dalla tunica gialla disse qualcosa nel suo linguaggio ed ella socchiuse gli occhi. Ma si volse a Kerrel e osservò pianamente: «Edri non mi approva.»
«Penso che nessuno di noi ti approvi in questo momento» fece Kerrel. «Avresti dovuto lasciarlo in pace.»
«Michael non la pensa così; non è vero, Michael? Non lo indussi io a seguirmi. Fu una sua iniziativa.»
«Bene, egli vi seguì» disse Edri e c’era un’ira profonda nella sua voce.
«Ma non fin qui» mormorò Shairn e sorrise, gli occhi fissi negli occhi di Trehearne. «Solo il primo passo, Michael. Vi irritaste contro di me perché non vi volli rivelare il segreto dei Vardda, vi irritaste davvero, così ora siete sul punto di sapere.» Alzò una mano e gli sfiorò una guancia. «Voi sembrate un Vardda, vi comportate come tale, la pensate perfino come un Vardda. Ma lo siete?»
Kerrel disse, rabbiosamente: «È impossibile; e lo sai.» Cominciò a parlare con Edri e gli altri uomini in quella lingua che Trehearne non aveva mai inteso prima. Parevano turbati e a disagio, come gente assillata da un problema che sia impossibile risolvere. Il loro atteggiamento e il modo particolare in cui lo guardavano le donne tolsero alla sua eccitazione ogni lato piacevole. «Hanno l’aria» disse a Shairn «di decidere dove seppellirmi.»
Ella alzò le spalle. «Oh, stanno discutendo tutte le possibili alternative, ma c’è una sola risposta attendibile.» Sedette sull’orlo della tavola, scrutandolo con quella sua aria da gatto. «Nervoso?»
«Freddo. La pioggia mi ha tutto inzuppato.» Non era del tutto vero, ma sarebbe morto piuttosto che confessarglielo. «E sono curioso. Da dove venite, voi tutti? Che fate qui? Che cos’è questo vostro mistero?»
«Non siate impaziente. Non si può dire tutto in una volta.» Aveva ascoltato attentamente le parole degli uomini e ora si alzò, di nuovo. «Penso sia tempo che io intervenga. Gli uomini parlano sempre in gruppetti.»