In breve, i maghi lì radunati non sapevano che pesci prendere. Ci fu un mormorio generale di assenso.
— E perciò propongo di eseguire il Rito di AshkEnte — disse Galder in tono drammatico.
Doveva ammettere di avere sperato in una reazione migliore, qualcosa come, be’: "No, non il Rito di AshkEnte! L’uomo non è stato fatto per immischiarsi in cose del genere!".
Invece ci fu un mormorio generale di approvazione.
— Buona idea.
— Sembra ragionevole.
— Va’ avanti, allora.
Un po’ sbalestrato, Galder convocò una processione di maghi minori che trasportarono nella sala vari strumenti magici.
Si è già accennato che all’epoca la confraternita dei maghi era in disaccordo sul come praticare la magia.
Specie i maghi più giovani andavano intorno a dire che era tempo che la magia aggiornasse la propria immagine; che loro dovevano smettere di pasticciare con pezzetti di cera e con le ossa; che dovevano piuttosto procedere su una base bene organizzata, con programmi di ricerca e assemblee di tre giorni in buoni alberghi, dove leggere documenti con titoli quali "Dove va la geomanzia?" e "Il ruolo degli stivali dalle sette leghe in una società responsabile".
Trymon, per esempio, non eseguiva quasi nessuna magia in quei giorni ma gestiva l’Ordine con l’efficienza di una clessidra, scriveva una quantità di promemoria e teneva sulla parete del suo ufficio una grande mappa, ricoperta di chiazze colorate e bandierine e linee, incomprensibili agli altri, ma di grande effetto.
I maghi dell’altro tipo ritenevano che tutto ciò fosse soltanto una sciocchezza e non volevano avere niente a che fare con una immagine. A meno che non fosse fatta di cera con gli spilli conficcati.
Tutti i maghi dell’ottavo grado la pensavano allo stesso modo, tradizionalisti com’erano. E gli utensili ammucchiati intorno all’ottogramma avevano decisamente un aspetto occulto molto serio. Corna di caprone, teschi, stravaganti arnesi di metallo e grosse candele in quantità, malgrado i maghi più giovani avessero scoperto che si poteva benissimo eseguire il Rito di AshkEnte con tre pezzetti di legno e quattro centilitri di sangue di topo.
Di solito i preparativi richiedevano parecchie ore ma furono notevolmente abbreviati dal potere combinato dei maghi più anziani, così che, dopo soli quaranta minuti, Galder cantò le parole finali dell’incantesimo. Che rimasero sospese per un attimo davanti a lui prima di dissolversi.
Al centro dell’ottogramma l’aria vibrò e si ispessì e racchiuse a un tratto un’alta figura scura, quasi interamente nascosta da una tunica e un cappuccio neri. E probabilmente era meglio così. Essa teneva in una mano una lunga falce. Impossibile non notare che al posto delle dita c’erano delle ossa bianche.
L’altra mano scheletrica reggeva uno spiedino con cubetti di formaggio e pompelmo.
— ALLORA? — disse la Morte. La sua voce aveva il calore e il colore di un iceberg. Vide l’occhiata dei maghi e abbassò lo sguardo sullo spiedino.
— ERO A UN RICEVIMENTO — disse, con l’ombra di un rimprovero.
— O Creatura di Terra e di Oscurità, noi ti intimiamo di abiurare da… — cominciò Galder, con voce ferma e piena di autorità.
La Morte annuì. — SÌ, SÌ, LO SO A MEMORIA, PERCHE MI AVETE CONVOCATA?
— Dicono che tu puoi vedere tanto il passato che il futuro — asserì Galder un po’ imbronciato, perché gli piaceva il solenne discorso dell’impegno e dell’evocazione e la gente diceva che se la cavava molto bene.
— È ASSOLUTAMENTE ESATTO.
— Allora forse puoi dirci che cosa precisamente è accaduto questa mattina? — domandò Galder. Poi si riprese e aggiunse a voce alta: — Te lo ordino in nome di Azimrothe, di T’chikel, di…
— VA BENE, TI SEI SPIEGATO — lo interruppe la Morte. — CHE COSA DI PRECISO VOLETE SAPERE? QUESTA MATTINA SONO SUCCESSE UN SACCO DI COSE, DELLE PERSONE SONO NATE, ALTRE SONO MORTE, TUTTI GLI ALBERI SONO DIVENTATI UN PO’ PIÙ ALTI, SUL MARE LE INCRESPATURE HANNO DISEGNATO INTERASSANTI MOTIVI…
— Io intendevo parlare dell’Octavo — ribatté freddamente Galder.
— QUELLO? OH, QUELLO È STATO SOLTANTO UN RIAGGIUSTAMENTO DELLA REALTÀ. A QUANTO NE SO, L’OCTAVO ERA ANSIOSO DI NON PERDERE L’OTTAVO INCANTESIMO. PARE CHE STESSE CADENDO FUORI DAL DISCO.
— Aspetta, aspetta. — Galder si grattò il mento. — Stiamo parlando di quello nella testa di Scuotivento? Un uomo alto e magro, un po’ scarno? Quello…
— CHE LUI SI È PORTATO IN GIRO TUTTI QUESTI ANNI, SÌ.
Galder aggrottò la fronte. Gli sembrava fatica sprecata. Tutti sanno che quando un mago muore, gli incantesimi chiusi nella sua testa si liberano. Quindi, perché darsi la pena di salvare Scuotivento? Alla fine l’incantesimo sarebbe tornato indietro fluttuando.
— Hai idea del perché? — domandò senza pensarci e poi, rammentando in tempo chi era, aggiunse in fretta: — In nome di Yrriph e Kcharla, io ti ripudio e…
— VORREI CHE TU NON CONTINUASSI A FARLO — disse la Morte. — SO SOLTANTO CHE TUTTI GLI INCANTESIMI DEVONO ESSERE PRONUNCIATI INSIEME LA PROSSIMA NOTTE DELLA POSTA DEL CINGHIALE O IL DISCO SARA DISTRUTTO.
— Parla più forte! — domandò Greyhald Spold.
— Chiudi il becco! — ordinò Galder.
— IO?
— No, lui. Vecchio pazzo…
— Ho sentito! — urlò Spold. — Voi giovani… — Si fermò. La Morte lo guardava pensierosa, come cercasse di tenere a mente la sua faccia.
— Senti — disse Galder — ripeti l’ultimo pezzo, vuoi? Il Disco sarà cosa?
— DISTRUTTO — disse la Morte. — POSSO ANDARMENE ORA? NON HO FINITO IL MIO DRINK.
— Aspetta — disse in fretta Galder. — In nome di Cheliliki e Orizone e così via, cosa intendi per distrutto?
— È UN’ANTICA PROFEZIA SCRITTA SUI MURI INTERNI DELLA GRANDE PIRAMIDE DI TSORT. A ME SEMBRA CHE LA PAROLA DISTRUTTO NON ABBIA BISOGNO DI SPIEGAZIONI.
— Questo è tutto ciò che ci puoi dire?
— SÌ.
— Ma mancano soltanto due mesi alla Notte della Posta del Cinghiale!
— SÌ.
— Almeno puoi dirci dov’è adesso Scuotivento!
La Morte scrollò le spalle, un gesto per il quale lei era particolarmente adatta.
— NELLA FORESTA DI SKUND, AI PIEDI DELLE MONTAGNE RAMTOP.
— Che ci fa lì?
— SI LAMENTA DELLA SUA SORTE.
— Oh!
— POSSO ANDARE ORA?
Galder fece un cenno di testa distratto. Si era ripromesso con grande piacere di pronunciare il rituale della messa al bando, che cominciava "Vattene, ombra malvagia" e conteneva dei brani di grande effetto, sui quali lui si era esercitato. Però non gli riuscì di trovare l’entusiasmo necessario.
— Oh, sì — si limitò a rispondere. — Sì, grazie. — E poi, giacché tanto vale non farsi dei nemici neppure tra le creature della notte, aggiunse cortesemente: — Spero che sia un bel ricevimento.
La Morte non rispose. Fissava Spold come un cane fissa un osso, solo che nel suo caso le cose stavano più o meno al contrario.
— Ho detto che spero sia un bel ricevimento — ripeté’Galder.
— IN QUESTO MOMENTO SÌ. CREDO CHE A MEZZANOTTE POTREBBE PEGGIORARE MOLTO RAPIDAMENTE.
— Perché?
— È QUANDO PENSANO CHE MI TOGLIERÒ LA MASCHERA.
Svanì, lasciandosi dietro soltanto uno spiedino da cocktail e una bandierina di carta.
Un osservatore aveva visto di nascosto tutta la scena. La cosa naturalmente era contraria a tutte le regole, ma Trymon sapeva tutto delle regole e aveva sempre pensato che esse fossero fatte per essere stabilite, non per essere RISPETTATE.
Molto prima che gli otto maghi iniziassero seriamente a discutere di quanto aveva voluto dire l’apparizione, lui era sceso al piano principale della biblioteca dell’Università.