«Da allora abbiamo duellato assieme parecchie volte. Siamo vincolati per la vita, ne abbiamo passate tante assieme e non la voglio sentire sputar sentenze e far confronti con l’insignificante «amore» che affascina voi stranieri, questo vincolo falsumano che va e viene secondo il capriccio del momento. Lo stesso Jaantony è stato malamente corrotto da questo concetto negli anni che ha passato su Avalon ed è stata anche un po’ colpa mia, perché l’ho lasciato andare da solo. È vero che su Avalon non avrei avuto nessuna funzione né collocazione, eppure avrei dovuto seguirlo. In questo ho sbagliato con Jaan. Ma non farò altri sbagli con lui. Io sono il suo teyn e sarò sempre il suo teyn e non permetterò a nessuno di ucciderlo o ferirlo, nemmeno di stranirgli la mente, o di carpirgli il nome. Questi sono i miei vincoli ed i miei doveri.
«Troppo spesso in quei giorni Jaan ha permesso che il suo nome fosse malversato da gente come lei e Ruark. Sotto molti aspetti Jaan è un uomo perverso e pericoloso ed i suoi ghiribizzi mentali ci mettono spesso in pericolo. Perfino i suoi eroi… mi venivano in mente, giorni fa, alcune delle storie che mi aveva raccontato durante la mia infanzia. Rimasi colpito dal fatto che tutti gli eroi preferiti da Jaan erano uomini solitari che alla fine venivano sconfitti. Aryn alto-Pietraluce, per esempio, che dominò un’intera epopea storica. Governò con la forza della sua personalità la più potente granlega che Alto Kavalaan abbia mai conosciuto, Monte Pietraluce; poi quando i suoi nemici fecero lega contro di lui nell’altaguerra, quando tutte le braccia erano sollevate contro di lui, egli pose spade e scudi in mano alle sue eyn-kethi e le portò in battaglia per aumentare il volume del suo esercito. I suoi nemici vennero sbaragliati ed umiliati secondo ciò che mi raccontava Jaan. Ma più tardi seppi che Aryn alto-Pietraluce non aveva conosciuto alcuna vittoria. Seppi che molte eyn-kethi della sua granlega vennero uccise quando non riuscirono più a dare alla luce nuovi guerrieri. Monte Pietraluce declinò presto in potenza e in popolazione e quarant’anni dopo l’audace sortita di Aryn, i Pietraluce caddero e gli altolegati di Taal, Ferrogiada e Bronzeopugno, catturarono le loro donne e i bambini, lasciando le caverne deserte. La verità è che Aryn alto-Pietraluce non fu altro che un fallimento ed uno stolto, uno dei paria della storia, come tutti i folli eroi di Jaan».
«Aryn mi sembra abbastanza eroico», disse Dirk acido. «Su Avalon si sarebbe detto probabilmente che aveva per lo meno eliminato la schiavitù, anche se non aveva vinto».
Janacek gli lanciò uno sguardo di fuoco: gli occhi erano scintille azzurre poste in due fessure del cranio. Si tirò la barba rossa con aria infastidita. «t’Larien, questa è una di quelle osservazioni contro cui l’avevo messa in guardia. Le eyn-kethi non sono schiave, sono eyn-kethi. Lei giudica le cose in modo sbagliato e le sue traduzioni sono false».
«Secondo lei», disse Dirk. «Secondo Ruark…».
«Ruark». Il tono di Janaceck era sprezzante. «La fonte di tutte le sue informazioni su Alto Kavalaan è dunque il Kimdissi? Vedo che ho sprecato tempo e parole con lei, t’Larien. Lei ormai è contagiato e non le interessa affatto comprendere. Non è altro che uno strumento dei manipolatori di Kimdiss. Non la disturberò più con altre conferenze».
«Bene», disse Dirk. «Mi dica solo dove si trova Gwen».
«Gliel’ho detto».
«Quando ritornerà, allora?».
«Tardi e sarà anche stanca. Sono sicuro che non avrà nessuna voglia di vedere lei».
«È lei che la tiene lontano da me!».
Janacek tacque per un istante. «Sì», disse alla fine, con la bocca atteggiata in un ampio sorriso. «È la cosa migliore, t’Larien, per lei come per Gwen, anche se non mi aspetto che lei ci creda».
«Lei non ha nessun diritto».
«Secondo la sua cultura. Ma ne ho tutti i diritti nella mia. Non le sarà mai più permesso di restar solo con Gwen».
«Gwen non fa parte della vostra maledetta e bacata cultura Kavalar», disse Dirk.
«Non è nata in quella cultura, ma ha acquisito la giada-e-argento, oltre al nome di betheyn. Ormai è Kavalar».
Dirk tremava, non riusciva più a controllarsi, «E lei che ne dice di questo?», domandò, facendosi più vicino a Janacek. «Che cosa ha detto ieri notte? Ha minacciato di abbandonarvi?». Puntò il dito contro il torace del Kavalar. «Ha detto che sarebbe venuta con me, non è vero? Così lei l’ha colpita e l’ha portata via!».
Janacek aggrottò la fronte ed allontanò bruscamente la mano di Dirk. «Sicché oltre tutto ci spia. E lo fa anche male, t’Larien, comunque è una cosa offensiva. Un secondo errore. Il primo errore lo ha fatto Jaan, che le ha detto ciò che le ha detto, che ha avuto fiducia di lei e che le ha dato la sua protezione».
«Io non ho bisogno della protezione di nessuno!».
«Lo dice lei. Un orgoglio fuori posto da idiota. Solo quelli che sono fortissimi possono rifiutare le protezioni; quelli che sono deboli ne hanno assolutamente bisogno». Si girò dall’altra parte. «Non sprecherò altro tempo con lei», disse, avviandosi verso la sala da pranzo. C’era un bauletto portatile messo sul tavolo. Janacek lo aprì facendo scattare simultaneamente entrambi i chiavistelli e spalancando il coperchio. All’interno Dirk vide cinque file di banscee a spilla in ferro nero incastonate nel velluto rosso. Janaceck ne prese una. «È ben certo di non volere una di queste? Korariel?». Fece un largo sorriso.
Dirk incrociò le braccia e non lo degnò di una risposta.
Janacek aspettò un momento per sentire se rispondeva. Visto che l’altro non parlava, ripose la banscea al suo posto e chiuse la scatola. «I bambini di gelatina non sono di gusti così difficili come i suoi», disse. «Adesso devo portare queste cose a Jaan. Se ne vada».
Erano le prime ore del pomeriggio. Il Mozzo bruciava fioco al centro del cielo, assieme alle deboli luci sparse dei quattro soli Troiani che lo circondavano irregolarmente. Da est soffiava un forte vento, sembrava che stesse per diventare bufera. La polvere roteava per i viali grigi e scarlatti.
Dirk si era seduto su un angolo della terrazza, con le gambe che penzolavano verso la strada, e pensava.
Aveva seguito Garse Janacek fino al terrazzo d’atterraggio e lo aveva visto partire, portando la cassetta con le banscee e volando via con la sua macchina spigolosa, residuato bellico, con l’armatura verde oliva. Le altre due aerauto, la manta con le ali grigie e la goccia gialla, se ne erano andate. Era arenato qui su Larteyn e non aveva la minima idea di dove fosse Gwen, né sapeva ciò che le avessero fatto. Per un attimo desiderò che ci fosse Ruark lì attorno. Desiderò di poter avere un’aerauto. Indubbiamente avrebbe potuto affittarne una a Sfida, se ci avesse pensato, oppure allo spazioporto, la sera in cui era arrivato. Invece era solo e senza possibilità. Non c’erano nemmeno gli aeroscooter. Il mondo era grigio, rosso ed inservibile. Si chiese cosa potesse fare.
Improvvisamente gli venne un’idea, mentre se ne stava seduto a pensare alle aerauto. Le città del festival che aveva visto erano tutte molto diverse tra di loro, ma avevano una cosa in comune: nessuna di loro aveva spazio sufficiente per parcheggiare le aerauto di tutta la popolazione. Il che significava che le città dovevano essere collegate da una qualche rete di trasporti. Il che significava che forse lui aveva una certa possibilità di azione, malgrado tutto.