Per cui Ruark bevve da solo. «La follia», disse il Kimdissi dopo aver sorseggiato un po’ di roba verde, «consiste nel duellare come i Kavalari. L’ho già detto, me ne ricordo bene, non riesco a crederci! Jaantony, sì, Garsey di sicuro e naturalmente quei Braith. Animali xenofobi, gente violenta. Ma lei, ah! Dirk, lei, un uomo di Avalon, non è cosa degna di lei. Possibile che parli seriamente? Ma mi dica un po’, non riesco a capire. Uno di Avalon! Lei che è cresciuto assieme all’Accademia della Sapienza Umana, sì, assieme all’Istituto di Avalon per lo Studio delle Intelligenze Non-Umane, anche quello. Il mondo di Tommaso Chung, il posto in cui è nato il Rilevamento Kleronomas, tutta quella storia e quella sapienza che le stava attorno, più di quanta ce ne sia in tutti gli altri posti tranne forse Vecchia Terra o Newholme forse. Lei ha viaggiato, è colto, ha visto un mucchio di pianeti diversi, un sacco di gente sparsa qui e là. Sì! Lei lo sa meglio di me. Deve saperlo, no! Sì!».
Dirk si accigliò. «Arkin, lei non capisce. Non sono stato io a cercare questo duello. È stato uno sbaglio, o qualcosa del genere. Ho cercato di chiedere scusa, ma Bretan non mi ha voluto ascoltare. Che cosa accidenti potevo fare?».
«Fare? Ma come, filarsela, si capisce. Poteva prendersi la dolce Gwen e filarsela; lasciare Worlorn il più in fretta possibile. Lei appartiene a Gwen, Dirk, lei lo sa, vero? E Gwen ha bisogno di uno come lei, sì, nessun altro andrebbe bene. E lei come la aiuta quella ragazza? Comportandosi in modo riprovevole come fa Jaan? Suicidandosi? Eh? Me lo dica Dirk, me lo dica».
La cosa si faceva di nuovo tutta confusa. Quando aveva bevuto con Janacek e Vikary, tutto era sembrato così chiaro e semplice da accettare. Ma adesso Ruark diceva che era tutto sbagliato. «No so», rispose Dirk. «Voglio dire, ho rifiutato la protezione di Jaan. Per cui devo proteggermi da solo, le pare? In fondo di chi è la responsabilità? Sono io che ho fatto le scelte, eccetera; il duello è ormai combinato. Non posso ritrarmi facilmente ormai».
«Ma certo che può», disse Ruark. «Chi è che la può fermare? La legge, eh? Non c’è nessuna legge su Worlorn, no, nessuna. Assolutamente vero! Ci potrebbero forse dare la caccia queste bestie se ci fosse una legge? No, ma non c’è legge, per cui ci sono guai per tutti, ma lei non è costretto al duello se non lo vuole».
Si apri la porta e Dirk si voltò nel momento in cui entrava Gwen. Dirk aggrottò la fronte e Ruark si illuminò. «Ah, Gwen», disse il Kimdissi, «vieni qui con me, cerca di riportare un po’ di buonsenso in t’Larien. Questo gran sciocco ha intenzione di duellare, vero, peggio che se fosse Garsey».
Gwen venne avanti e rimase in piedi in mezzo a loro. Indossava pantaloni di tessuto camaleontino (al momento erano grigio scuro) ed un maglione nero, con una sciarpa verde allacciata ai capelli. La faccia profumava ancora di foresta ed era seria. «Ho detto loro che venivo giù ad elaborare dei dati», disse e la punta della lingua si muoveva nervosamente sulle labbra. «Non so cosa dire. Ho chiesto a Garse di Bretan Braith Lantry. Dirk, ci sono buone possibilità che lui ti uccida».
Le sue parole lo raggelarono. Chissà perché, ma sentirselo dire da Gwen gli pareva diverso. «Lo so», disse. «Non cambia niente Gwen. Cioè, se volevo starmene al sicuro, avrei potuto restare korariel di Ferrogiada, giusto?».
Lei annuì. «Sì. Ma tu hai rifiutato. Perché?».
«Che cosa avevi detto nella foresta? E dopo, anche? Sui nomi? Non volevo diventare proprietà di qualcuno, Gwen. Io non sono korariel».
La osservò. Per un istante brevissimo il suo viso si oscurò e gli occhi le corsero alla giada-e-argento. «Capisco», disse con una voce che era quasi un sussurro.
«Be’, io no», disse Ruark sbuffando. «Allora, essere korariel. Che cosa sarà mai? Non è altro che una parola! In ogni modo si è vivi, eh?».
Gwen lo guardò, appollaiato in alto sullo sgabello. Pareva vagamente comico con la lunga vestaglia, aggrappato al suo bicchiere e con quel cipiglio. «No, Arkin», disse lei. «Anch’io ho fatto quest’errore. Anch’io pensavo che betheyn fosse solo una parola».
Lui arrossì. «Va bene, allora! Quindi Dirk non è korariel, bene, non è proprietà di nessuno. Ciò non significa che debba duellare, no, assolutamente no. Il codice di onore dei Kavalari è una cosa senza senso, veramente una grande, incommensurabile stupidaggine. Forse che lei vuole essere uno stupido, Dirk? Morire da stupido?».
«No», disse Dirk. Le parole di Ruark lo sconvolgevano. Lui non credeva nel codice di Alto Kavalaan. E allora? Non ne era affatto convinto. Forse voleva provare qualcosa, pensò, ma non sapeva che cosa e a chi. «Devo farlo, ecco tutto. È la cosa giusta da farsi».
«Parole!», disse Ruark.
«Dirk, non voglio vederti morto», disse Gwen. «Ti prego. Non farmi una cosa simile».
Il tozzo Kimdissi ridacchiò. «No, ne parliamo ancora, noi due, eh?». Sorseggiò il suo vino. «Mi ascolti, Dirk, vuol davvero fare una cosa simile?».
Dirk annuì cupamente.
«Bene. Ma prima, mi risponda a questo, lei crede nel codice duellesco? Crede che sia un’istituzione sociale? Una cosa morale? Me lo dica, la verità, lei lo crede?».
«No», disse Dirk. «Ma non credo che lo pensi nemmeno Jaan, a giudicare da alcuni commenti che ha fatto. Eppure, lui duella quando ci è costretto. Qualsiasi altra cosa sarebbe codardia».
«No, nessuno penserebbe che lei è un codardo, o che lo sia lui. Jaantony sarà sempre un Kavalar, con tutto il marcio che la cosa comporta, ma nemmeno io direi che è un codardo. Ma ci sono diversi tipi di coraggio, no? Se questa torre prendesse fuoco, rischierebbe la sua vita per salvare Gwen e magari anche me? Anche Garse forse?».
«Spererei di sì», disse Dirk.
Ruark annuì. «Vede dunque, lei è un uomo coraggioso. Non c’è bisogno di un suicidio per provarlo».
Gwen fece un cenno con il capo. «Ricordi cosa dicesti quella notte a Kryne Lamiya, Dirk, riguardo la vita e la morte. Non puoi andare e uccidere te stesso dopo tutto il discorso, non è vero?».
Dirk aggrottò le sopracciglia. «Maledizione, questo non è suicidio».
Ruark rise. «No? È la stessa cosa, quasi uguale. Pensa forse di batterlo in duello?».
«Be’, no, ma…».
«Se lui lascia cadere la spada, perché gli sudano le dita, o qualcosa del genere, lei lo ucciderebbe?».
«No», disse Dirk. «Io…».
«Sarebbe una cosa sbagliata, sì, vero? Sì! Bene, permettergli di ucciderla sarebbe ugualmente sbagliato. Anche solo dargli la possibilità. Stupido. Lei non è un Kavalar, per cui non mi porti l’esempio di Jaantony. Anche se ha delle buone intenzioni, resta sempre un assassino. Lei è migliore, Dirk. E poi lui ha una scusante, può darsi che lui creda di combattere forse per cambiare la sua gente. Ha il grosso complesso del redentore, Jaan, ma non siamo qui per prendere in giro lui, no. Ma lei, Dirk, lei non ha questo tipo di motivi. Non è vero?».
«Suppongo di no. Ma dannazione, Ruark, lui si comporta nel modo giusto. Lei non aveva un aspetto così tranquillo quando lui le ha detto che i Braith le avrebbero dato la caccia se non fosse stato per la protezione che lui le forniva».