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Due scafi di macchine Kavalari erano posati sulla strada presso l’ingresso alla metropolitana. Pyr si fermò accanto ad una e Dirk venne deposto sul pavimento. Cercò di mettersi a sedere, ma non ottenne nessun risultato. Le sue membra erano debolissime ed era ritornato il dolore, per cui si arrese e rimase sdraiato sulla schiena.

«Chiama gli altri», disse Pyr. «Queste sono cose che si devono sistemare qui e subito, in modo che il mio korariel potrà essere pronto per la caccia al più presto». Lui era in piedi sopra Dirk mentre parlava. Tutti si erano radunati accanto alla lettiga, anche Gwen. Era imbavagliata. E stanca. E senza speranze.

Ci volle più di un’ora prima che tutti i Braith fossero radunati; per Dirk fu un’ora in cui la luce cominciò a scomparire e le forze cominciavano a ritornargli. Era il tramonto, si rese conto all’improvviso; al di là del cancello Grasso Satana affondava lentamente e spariva alla vista. L’oscurità diventava sempre più spessa attorno a loro e più densa ingigantendo finché i Kavalari furono costretti ad accendere i fari delle loro macchine. A questo punto il senso di vertigine di Dirk era completamente scomparso. Pyr lo aveva notato, per cui gli aveva legate le mani dietro alla schiena e lo aveva messo seduto contro un fianco di un’aerauto. Misero Gwen accanto a lui, ma non le tolsero il bavaglio.

Anche se Dirk non era imbavagliato, non fece nessun tentativo di parlare. Rimase seduto con il freddo metallo contro la schiena e con i polsi che sfregavano contro i legacci. Aspettava, osservava ed ascoltava. Ogni tanto guardava verso Gwen, che però stava accasciata con la testa abbassata e non gli ritornava lo sguardo.

Vennero soli o a coppie. I kethi di Braith. I cacciatori di Worlorn. Vennero dalle ombre e dagli angoli bui. Simili a pallidi spettri. In un primo tempo erano solo un rumore e pallide figure, prima che si spostassero nel piccolo cerchio di luce e si ritrasformassero in uomini. Anche allora erano più che umani e meno che umani.

Il primo che arrivò conduceva quattro cani dal muso di topo e Dirk lo riconobbe perché lo aveva visto durante la folle corsa lungo la strada esterna. Il tipo attaccò i cani al paraurti della macchina di Roseph, salutò velocemente Pyr, Roseph ed i loro teyn, poi si sedette con le gambe incrociate a pochi metri dai prigionieri. Non parlò, non subito. Teneva gli occhi fissi su Gwen e non li spostò mai. Dirk sentiva i suoi cani che ringhiavano lì accanto nel buio, mentre le loro catene di acciaio si torcevano e sferragliavano.

Poi vennero gli altri. Lorimaar alto-Braith, un gigante bruno con un vestito nerissimo di tessuto camaleontino allacciato con pallidi bottoni d’osso. Arrivò a bordo di una macchina massiccia, rosso scura. Dentro, Dirk sentì abbaiare una muta di cani Braith. Con Lorimaar c’era un altro uomo, un uomo grasso e squadrato due volte più pesante di Pyr, col corpo duro e solido come mattone, il viso pallido e porcino. Dietro di loro, a piedi, veniva un vecchio dall’apparenza fragile, calvo e rugoso e quasi senza denti. Una mano era di carne e di ossa e l’altra era formata da tre punte che costituivano un artiglio di nero metallo. Il vecchio aveva una testa di bambino appesa alla cintura; stava sanguinando ancora e su una gamba dei suoi calzoni bianchi c’era la traccia marrone del sangue che era gocciolato.

Alla fine arrivò Chell, alto come Lorimaar, con i capelli bianchi, con i baffi e stanchissimo, conducendo un unico cane Braith. Arrivato al cerchio di luce si fermò e sbatté gli occhi.

«Dov’è il tuo teyn?», domandò Pyr.

«Eccomi». Una voce gracchiante dall’oscurità. A pochi metri di distanza si vedeva scintillare un’unica pietraluce. Bretan Braith Lantry si fece avanti e si mise vicino a Chell. Il suo viso ebbe un guizzo.

«Siamo tutti», disse Roseph alto-Braith a Pyr.

«No», obiettò qualcuno. «Manca Koraat».

Il cacciatore silenzioso parlò seduto presso il pavimento. «Non è più. Ha chiesto di morire. Io lo ho accontentato. Per la verità aveva una brutta frattura. È stato il secondo keth che ho visto morire oggi. Il primo è stato il mio teyn, Teraan Braith Nalarys». Mentre parlava non smise mai di fissare Gwen. Terminò con una frase lunga in Antico Kavalar, detta tutta d’un fiato.

«Tre dei nostri se ne sono andati», disse il vecchio.

«Dovremmo rispettare una pausa di silenzio per loro», disse Pyr. Teneva sempre in mano il suo bastone, con il pomo di legno duro ed il corto pugnale e lo batteva continuamente contro la gamba mentre parlava, proprio come faceva nella galleria.

Gwen cercò di gridare malgrado il bavaglio. Il teyn di Pyr, il Kavalar linfatico con i capelli neri, le fu subito sopra minaccioso.

Ma Dirk, che non era imbavagliato, aveva afferrato l’idea. «Non me ne starò zitto», gridò. O per lo meno tentò. La sua voce non era assolutamente in grado di gridare. «Erano degli assassini, tutti quanti. Con l’unico scopo di uccidere».

Tutti i Braith lo stavano guardando.

«Imbavagliatelo e fatelo smettere di strillare», disse Pyr. Il suo teyn si mosse rapidamente per eseguire l’ordine. Quando ebbe finito, Pyr parlò ancora. «Avrai tutto il tempo di strillare, Dirk t’Larien, quando scapperai nudo per la foresta e sentirai abbaiare i miei cani dietro di te».

La testa e le spalle di Bretan si voltarono goffamente. La luce scintillava sulla sua pelle devastata. «No», disse. «Sono stato io il primo a reclamarlo».

Pyr lo affrontò. «Sono stato io a catturare il falsuomo. È mio».

Bretan ebbe uno scatto. Chell, che teneva sempre il grosso cane per la catena avvolta attorno ad una delle grosse mani, posò l’altra mano sulla spalla di Bretan.

«Questa è una cosa che non mi interessa», disse un’altra voce. Il Braith che era seduto sul pavimento. Fissava. Immobile. «Che ne facciamo della puttana?».

Gli altri spostarono malvolentieri la loro attenzione. «Lei non è disponibile, Myrik», disse Lorimaar alto-Braith. «È di Ferrogiada».

Le labbra dell’uomo si ritrassero di scatto; per un momento il suo viso placido fu distorto da un’espressione selvaggia, diventò la faccia di una bestia, un rictus di emozioni. Poi passò. La sua espressione diventò di nuovo tranquilla, completamente sotto controllo. «Ammazzerò questa donna», disse. «Teraan era mio teyn. È stata lei che ha lasciato il suo spettro a vagare per un mondo senz’anima».

«Lei?». La voce di Lorimaar era incredula. «Dici la verità?».

«L’ho visto», rispose l’uomo sul pavimento, quello chiamato Myrik. «Le ho sparato addosso quando si è lanciata contro di noi, lasciando Teraan morente. Questa è la verità, Lorimaar alto-Braith».

Dirk cercò di alzarsi in piedi, ma il Kavalar smunto lo spinse di nuovo giù, violentemente e gli fece battere la testa contro il fianco metallico dell’aerauto, per sottolineare l’azione.

Allora parlò il fragile vecchio… il patriarca artigliato, che portava la testa di bambino. «Allora prendila come tua preda personale», disse, con la voce sottile e acuta come la lama del coltello da scuoiatore che portava appesa alla cintura. «La sapienza delle granleghe è vecchia e sicura, fratelli. Lei non è più una vera donna, ammesso che lo sìa mai stata, non è più una quasi-moglie e nemmeno una eyn-keth. C’è qualcuno che la reclama? Ella ha abbandonato la protezione del suo altolegato per scappare con un falsuomo! Anche se una volta è stata carne di uomo, adesso non lo è più. Voi conoscete i sistemi dei falsuomini, i bugiardi, i lupi mannari, i grandi truffatori. Solo con lei nel buio, questo falsuomo Dirk l’avrà sicuramente uccisa ed al suo posto avrà messo un demonio come lui, costruito con l’apparenza di lei».