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«No, t’Larien, non direi così. L’unica scelta stupida, penso sarebbe stata quella di scappare verso la Città nella Palude Senzastelle, dove si sapeva che i Braith erano a frotte. Sfida era una scelta sottile, sia che fosse stata fatta apposta o no. Pareva una scelta così sbagliata che in effetti era l’unica giusta. Mi capisci? Non riesco a vedere come abbiano fatto i Braith a scoprirlo con un semplice processo deduttivo».

«Forse», disse Dirk. Ci pensò un momento. «Ricordo che il primo che abbiamo sentito è stato Bretan, che ci ha parlato. Lui… Be’, non stava verificando una teoria. Lui sapeva che noi eravamo là da qualche parte».

«E non hai nessuna idea di come facesse?».

«No. Nessuna idea».

«Allora dovremo vivere con la paura che ci trovino anche qui. Altrimenti, a meno che i Braith non possano ripetere il miracolo, saremmo al sicuro.

«Devi capire, però, che la nostra posizione non è priva di difficoltà. Abbiamo un tetto e acqua a volontà, ma non abbiamo cibo di nessun genere. La prossima volta che usciamo all’aperto — dobbiamo andare allo spazioporto ed abbandonare Worlorn al più presto possibile, non c’è altra possibilità — la prossima volta che usciamo sarà molto difficoltoso. I Braith ci anticiperanno. Noi abbiamo la mia pistola a laser e due laser da caccia che ho trovato nell’aerauto. Più la macchina, armata e corazzata bene, che dovrebbe appartenere probabilmente a Roseph alto-Braith Kelcek…».

«Uno dei relitti sulla terrazza è ancora parzialmente funzionante», intervenne Dirk.

«Allora abbiamo due aerauto, se dovessimo averne bisogno», disse Vikary. «Contro di noi ci sono otto dei cacciatori Braith ancora vivi e probabilmente nove… Non sono sicuro, di aver colpito gravemente Lorimaar Arkellor. È possibile che l’abbia ucciso, ma sono propenso a dubitarne. Probabilmente i Braith possono mettere in cielo otto macchine, se lo credono opportuno, benché sia più tradizionale volare assieme, teyn-e-teyn. Tutte le macchine saranno corazzate. Hanno delle riserve, energia, cibo. Ci superano di gran numero. Può darsi, dato che io sono un fuorilegge infrangi-duello, che facciano pressione su Kirak Rossacciaio Cavis e sui due cacciatori della Fortezza di Scianagate perché si uniscano a loro nella mia ricerca. Infine, c’è Garse Janacek».

«Garse?».

«Io spero — prego — che si tolga la pietraluce dal braccio e ritorni su Alto Kavalaan. Si vergognerà, sarà solo se porterà solo il ferro. Non è un destino facile, t’Larien. È in disgrazia per causa mia, come tutta Ferrogiada. Mi dispiace che lui sia nei guai, però spero che vada a finire così. Però c’è anche un’altra possibilità, vedi».

«Un’altra…?».

«Potrebbe cacciarci. Lui non può abbandonare Worlorn fino a quando non verrà la nave. E per questo ci vorrà un po’ di tempo. Non so cosa farà lui».

«Non si unirà di sicuro ai Braith. Loro sono suoi nemici e tu sei il suo teyn e Gwen è la sua cro-betheyn. Può darsi che voglia uccidere me, questo è certo, ma…».

«Garse è più Kavalar di me, t’Larien. Lo è sempre stato. E adesso ancor più di prima, dato che io non sono più un Kavalar dopo quello che ho fatto. I vecchi usi insegnano che il teyn di un uomo debba portare la morte ad un infrangi-duelli, non meno degli altri. È un uso che può essere seguito solo dai più forti. Per molti, il vincolo del ferro-e-pietraluce è troppo stretto, per cui li si lascia da soli a piangere. Comunque Garse Janacek è un uomo molto forte, in un certo senso anche più forte di me. Non so. Non so».

«E se ci venisse dietro?».

Vikary parlò con calma. «Non potrei sollevare un’arma contro Garse. Lui è il mio teyn, anche se io non sono più il suo e gli ho fatto già abbastanza male, ho causato il suo fallimento, gli ho gettato addosso la vergogna. Per causa mia lui ha dovuto sopportare una dolorosa ferita per la maggior parte della sua vita da adulto. Una volta, quando eravamo giovani tutti e due, un uomo più anziano accusò offesa per uno dei suoi scherzi e lanciò la sfida. Il modo era il colpo-solo e combattemmo teynati e nella mia saggezza non proprio infinita, convinsi Garse che avremmo dimostrato il nostro onore se avessimo sparato in aria. Purtroppo facemmo proprio così. Gli altri due decisero di insegnare una lezione di umorismo a Garse. Con mia grande vergogna mi lasciarono illeso, mentre lui venne sfigurato a causa della mia stupidità.

«Eppure non mi ha mai rimproverato. La prima volta che lo vidi dopo il duello, quando stava ancora riprendendosi dalle ferite, mi disse: "Avevi ragione Jaantony, hanno proprio mirato in aria anche loro. peccato che abbiano sbagliato la mira"». Vikary rise, ma Dirk lo guardò e vide che aveva gli occhi pieni di lacrime, la bocca tesa e amara. Però non piangeva; con uno sforzo di volontà immenso riuscì a tenere indietro le lacrime.

All’improvviso Jaan si voltò e ritornò dentro, lasciando Dirk da solo sul balcone con i venti della bianca città del crepuscolo e la musica di Lamiya-Bailis. Lontano, sull’orizzonte si alzavano le bianche mani tese, che trattenevano la foresta usurpante. Dirk le studiò, pensoso, riflettendo sulle parole di Vikary.

Dopo qualche minuto il Kavalar ritornò, con gli occhi asciutti e la faccia priva di emozioni. «Mi dispiace», cominciò.

«Non è necessario…».

«Dobbiamo arrivare al punto cruciale, t’Larien. Che Garse mi dia la caccia o no, abbiamo sempre dei vantaggi formidabili. Abbiamo le armi, ammesso che ci sia da combattere, ma non c’è chi le può usare. Gwen è una brava tiratrice, abbastanza coraggiosa, ma è ferita e non sta bene in piedi. E tu… mi posso fidare di te? Te lo dico chiaro. Ho già avuto fiducia in te una volta e tu mi hai tradito».

«Come faccio a rispondere a questa domanda?», disse Dirk. «Tu non sei costretto a credere a tutte le promesse che faccio. Ma anche i Braith mi volevano uccidere, ti ricordi? E volevano uccidere anche Gwen. O magari credi che avrei tradito anche lei con la stessa…». Si fermò terrorizzato da ciò che stava dicendo.

«… con la stessa facilità con cui lo hai fatto a me», terminò per lui Vikary con un sorriso duro. «Sei piuttosto schietto. No, t’Larien, non penso che tu avresti tradito Gwen. Comunque non pensavo che tu ci avresti abbandonato, nemmeno quando io ti avevo nominato keth e tu avevi accettato il nome. Noi non avremmo duellato, se non fosse stato per te».

Dirk annui. «Lo so. Forse ho fatto un errore. Non lo so. Però sarei morto, se avessi avuto fiducia in te».

«Moriva un keth di Ferrogiada, con onore».

Dirk sorrise. «Gwen mi attraeva più della morte. Speravo che tu lo avresti capito questo».

«Infatti. Alla fine lei è ancora in mezzo a noi. Guarda in faccia la realtà, renditene conto. Prima o poi lei dovrà scegliere».

«Lei aveva scelto, Jaan, quando era venuta via con me. Tu devi tener conto di questa realtà». Dirk lo disse in fretta, cocciutamente; si chiese fino a che punto ci credeva lui stesso.

«Ma lei non ha tolto la giada-e-argento», rispose Vikary. Poi fece un gesto impaziente. «Ma questo non è importante. Per questa volta ti voglio credere».

«Bene. Che cosa vuoi che faccia?».

«Qualcuno deve volare fino a Larteyn».

Dirk corrugò la fronte. «Perché continui a volermi spingere al suicidio, Jaan?».

«Non ho detto che avresti dovuto essere tu, t’Larien», disse Vikary. «Ci andrò io. Sarà pericoloso, sì, ma bisogna farlo».

«Perché?».

«Il Kimdissi».

«Ruark?». Dirk sì era quasi dimenticato il suo antico ospite co-cospiratore.

Vikary annuì. «È stato amico di Gwen fin dai tempi di Avalon. Anche se non gli sono mai piaciuto, né lui piace a me, tuttavia non posso abbandonarlo completamente. I Braith…».