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Janacek si alzò in piedi e batté forte per terra, sulla roccia scivolosa, per schiacciare il piede dentro lo stivale, «Non c’è bisogno di dire che lui scelse il combattimento singolo. Sarebbe stato tutto un altro duello se si fosse battuto anche con Bretan Braith e non solo con Chell Mani-Vuote. Lorimaar, anche se ferito, dispose del vecchio con relativa facilità. Scelsero il quadrato della morte e le spade. Chell si prese parecchi tagli, troppi tagli, forse. Roseph pensa che ora si trovi moribondo a Larteyn. Bretan Braith è rimasto con lui e, cosa ancora più importante, è restato Bretan Braith», Janacek allargò il suo aeroscooter.

«Hai scoperto qualcosa su Ruark?», gli chiese Dirk.

Il Kavalar si strinse nelle spalle. «È più o meno come avevamo sospettato. Ruark si era messo in contatto con Lorimaar alto Braith per visichermo… Fra l’altro, pare che nessuno sappia dove si trovi il Kimdissi… e gli offrì di rivelare dove si nascondeva Jaan, se Lorimaar lo avesse nominato korariel in modo da garantirgli la sua protezione. Lorimaar lo fece volentieri. Per fortuna, Jaan era già dentro la sua aerauto quando quelli arrivarono. Per cui si limitò a decollare ed a scappare. Loro gli corsero dietro ed alla fine Raymaar lo raggiunse appena al di là delle montagne, ma sì trattava di nuovo di un vecchio e non aveva certo l’esperienza di volo di Jaan Vikary». C’era una nota di orgoglio e di derisione nella voce di Janacek, come di un genitore che vanta l’abilità del suo bambino. «I Braith scesero per combattere, ma la macchina di Jaan era stata danneggiata pure, per cui fu costretto ad atterrare ed a scappare. Lui era già fuggito, quando gli altolegati scoprirono dove lui era precipitato. Avevano sprecato del tempo cercando di assistere Raymaar». Agitò una mano con impazienza.

«Perché ti sei separato da Lorimaar?», chiese Dirk.

«Tu cosa pensi? Jaan adesso è vicino. Devo raggiungerlo io, prima che lo raggiungano loro. Saanel insisteva che sarebbe stato più facile attraversare scendendo a valle ed io mi sono preso la libertà di pensarla diversamente. Lorimaar adesso è troppo stanco per essere sospettoso. Pensa solamente ad uccidere. La sua ferita è ancora infiammata, t’Larien! Penso che non veda altro che Jaan Vikary steso davanti a lui in un lago di sangue e si è perfino dimenticato chi è che va cacciando. Per cui io mi sono allontanato da loro e sono andato contro corrente e per una volta ho avuto paura di aver fatto uno sbaglio. Era più facile attraversare verso valle, che ne dici?».

Dirk annuì di nuovo.

Janacek rise. «Per cui è stata una fortuna che tu sia arrivato».

«Devi avere ancora un bel po’ di fortuna per riuscire a trovare Jaan», lo mise in guardia Dirk. «A quest’ora i Braith devono aver attraversato il fiume e loro hanno anche i cani».

«La cosa non mi preoccupa granché», disse Janacek. «Ormai Jaan corre diritto ed io so qualcosa che Lorimaar non sa. Io so verso cosa sta scappando. Una caverna, t’Larien! Il mio teyn è sempre stato attratto dalle caverne. Quando eravamo tutti e due dei ragazzi, a Ferrogiada, mi portava spesso a fare esplorazioni sottoterra. Mi trascinò in tante di quelle miniere abbandonate, che alla fine non ce la facevo più. Parecchie volte andammo ad esplorare sotto le antiche città, nelle rovine infestate dai demoni». Sorrise. «Granleghe devastate, tra l’altro, nuclei anneriti in antiche alteguerre, ancora brulicanti di spiriti inquieti. Jaan Vikary conosceva tutti questi posti. Mi conduceva attraverso queste zone e mi raccontava la storia, senza mai smettere, storie di Aryn alto-Pietraluce e Jamis-Leone Taal e dei cannibali dei Siti del Carbone Profondo. Era sempre un bel narratore. Riusciva a rendere attuali quegli antichi eroi, come pure gli orrori».

Dirk sì accorse di stare sorridendo. «Lo faceva per spaventarti, Garse?».

L’altro rise. «Spaventare me? Sì! Mi terrorizzava, ma a suo tempo sono diventato inattaccabile. Eravamo tutti e due giovani, t’Larien. Più tardi, molto più tardi, furono le caverne sotto i Colli Lameranì, dove ci vincolammo con ferro-e-fuoco».

«Bene», disse Dirk. «Sicché a Jaan piacciono le caverne…».

«Vicinissimo a Kryne Lamiya si apre un sistema di grotte», disse Janacek, ritornando ai fatti del momento, «con una seconda entrata vicinissima al punto in cui stiamo adesso. Le abbiamo esplorate tutti e tre, durante il primo anno di nostra permanenza a Worlorn. Ora penso che Jaan voglia concludere la sua fuga passando sottoterra, se gli sarà possibile. Per cui lo possiamo intercettare». Raccolse il fucile.

Dirk sollevò la sua arma. «Non potrai mai trovarlo nella foresta», disse. «I soffocatori lo nascondono troppo bene».

«Io lo troverò», disse Janacek, con la voce un po’ rotta e piuttosto adirata. «Ricordati del nostro vincolo, t’Larien. Ferro-e-fuoco».

«Solo ferro, al momento», disse Dirk, osservando vistosamente il polso destro di Janacek.

Il Ferrogiada rise con la sua risata dura e caratteristica. «No», disse. Mise la mano in tasca, la tirò fuori e l’aprì. Sul palmo della mano c’era una pietraluce. Un unico gioiello, tondo e rozzamente sfaccettato, circa due volte più grande della gemma mormorante di Dirk. La pietra era nera e quasi opaca nella luce rossa del mattino.

Dirk lo fissò, poi la toccò leggermente con un dito, sicché si mosse un poco nella mano di Janacek. «Pare… fredda», disse.

Janacek si accigliò. «No», disse. «Brucia, invece, proprio come fa sempre la luce del fuoco». La pietraluce scomparve di nuovo nella tasca. «Ci sono racconti, t’Larien, poesie in Antico Kavalar, fiabe che si raccontano ai bambini negli asili delle granleghe. Anche le eyn-kethi conoscono quelle storie. Le raccontano con le loro voci da donna, ma Jaan Vikary le racconta meglio. Ascoltalo qualche volta. Ascolta le cose che un teyn ha fatto per il suo teyn. Lui ti darà risposte di grandi magie e di più grandi eroismi, delle antiche glorie impossibili. Io non sono capace di raccontare le storie, altrimenti te le racconterei io. Forse allora riusciresti a capire in parte che cosa significhi essere teyn di un uomo e portare il vincolo del ferro».

«Forse l’ho già capito», disse Dirk.

Scese tra di loro un lungo silenzio mentre erano in piedi sulla roccia scivolosa di muschio, a mezzo metro l’uno dall’altro e si fissavano negli occhi. Janacek sorrideva leggermente, con lo sguardo abbassato verso Dirk. Sotto di loro il fiume scorreva instancabile ed il rumore dell’acqua li invitava ad affrettarsi.

«Tu non sei un uomo terribilmente debole, t’Larien», disse alla fine. «Sì, sei debole, lo so, ma nessuno ti ha mai chiamato forte».

In un primo momento pareva quasi un insulto, ma pareva anche che il Kavalar volesse dire qualcos’altro. Dirk si soffermò a pensarci e trovò anche un secondo significato. «Dà un nome ad una cosa?», disse. sorridendo.

Janacek annuì. «Ascoltami, Dirk. Non lo ripeterò un’altra volta. Ricordo quando per la prima volta da ragazzo a Ferrogiada, venni messo in guardia dai falsuomini. Una donna, una eyn-kethi… tu la chiameresti mia madre, anche se tale distinzione non ha alcun peso sul mio mondo… questa donna mi ha raccontato la leggenda. Però me ]’ha raccontata in maniera diversa. I falsuomini contro cui mi mise in guardia non erano demoni di cui avrei appreso più tardi dalle labbra degli altolegati. Questi erano semplici uomini, mi disse lei, non mostri alieni, non parenti di licantropi o succhiatori d’anima. Eppure erano persone che cambiavano aspetto, in un certo senso, dato che non avevano una vera forma. Erano uomini di cui non ci si poteva fidare, uomini che avevano dimenticato i loro codici, uomini senza vincoli. Non erano reali; erano semplici illusioni di umanità prive di sostanza. Mi capisci? La sostanza dell’umanità… è un nome, un vincolo, una promessa. È qualcosa che si ha dentro eppure la portiamo tra le braccia. Così mi disse. Ecco perché i Kavalari prendono un teyn, aveva aggiunto, ed escono a coppie… perché… perché l’illusione si può materializzare in fatti se viene vincolata nel ferro».