— Sì, qualcuno della Terra! — La voce di Jannika era raggiante.
— Le cose non andavano bene sulla Terra quando sono partita — replicò Chrisoula, sussultando, — anche se forse in seguito sono migliorate. Per favore, ve ne parlerò più tardi, ma ora mi piacerebbe considerare quello che mi aspetta.
Hugh le batté qualche colpetto su una spalla, pensando che era una ragazza decisamente carina, anche se non rientrava nella stessa categoria di Jan, categoria in cui ben poche donne rientravano, e che comunque gli sarebbe piaciuto se la loro conoscenza si fosse sviluppata in una direzione più intima: la varietà, dopo tutto, era la spezia della vita.
— Sei stata proprio sfortunata, oggi, vero? — mormorò. — Sei stata costretta a tardare fino a quando Roberto… uh, il Dr. Venosta… è uscito nei campi, ed il Dr. Feng è tornato al Centro con un mucchio di campioni… — Hugh si riferiva al capo biologo ed al capo chimico. Chrisoula era specializzata in biologia, e si sperava che proprio lei, appena giunta con l’ultimo dei rari astrotrasporti, avrebbe contribuito in modo significativo alla comprensione della vita su Medea.
— Bene — sorrise Chrisoula. — Allora conoscerò prima gli altri, a cominciare da voi due.
— Mi dispiace — obiettò Jannika, scuotendo il capo, — ma anche noi abbiamo da fare, e presto ce ne andremp per non tornare prima del sorgere del sole.
— Cioè… fra quanto? Circa trentasei ore? Ma non è un periodo piuttosto lungo da trascorrere in… com’è che avete detto…? in questo strano ambiente?
— Questo è il compito di uno xenologo, cosa che noi siamo entrambi — rise Hugh. — Credo di poter trovare un po’ di tempo per accompagnarti in giro, presentarti e farti sentire più a tuo agio.
Essendo arrivata in un periodo del ciclo di turni di guardia in cui la maggior parte della gente dell’avamposto stava ancora dormendo, Chrisoula era stata condotta negli alloggi di Hugh e Jannika, i quali si erano alzati presto per prepararsi alla loro spedizione.
Jannika lanciò uno sguardo duro al marito; quello che vide fu un uomo alto, che stimava la propria età in termini di anni terrestri, quarantuno di essi, massiccio, leggermente goffo nei movimenti, con un accenno di pancia. I lineamenti erano rozzi, i capelli color sabbia, gli occhi azzurri; i capelli erano tagliati corti ed il volto sbarbato, ma tunica, calzoni e stivali trascurati denotavano lo stile dei minatori fra cui Hugh era cresciuto.
— Io non ho tempo — affermò Jannika.
— Certo, continua pure, cara. — Hugh ebbe un gesto espansivo, quindi prese Chrisoula per il gomito. — Avanti, facciamo un giro.
Stupita, la ragazza lo accompagnò fuori dalla capanna ingombra; all’interno del recinto, si arrestò per guardarsi intorno, come se quella fosse la prima volta che vedeva Medea.
Port Kato era decisamente piccolo. Per non turbare l’ecologia locale con apparati ed installazioni di lampade ultraviolette sui campi o di canali di scolo provenienti da essi, l’avamposto traeva i suoi generi di sostentamento da più vecchi e grandi insediamenti collocati sulla terraferma del Nearside. Inoltre, per quanto vicino alle coste orientali di Hansonia, l’avamposto era rientrato di alcuni chilometri nell’interno e costruito su un terreno elevato, come precauzione contro le maree dell’Oceano Circolare che potevano assumere proporzioni mostruose. Così, la natura circondava, sormontava e gravava sul piccolo gruppo di costruzioni dovunque la ragazza posasse lo sguardo… o ascoltasse, fiutasse, toccasse, assaporasse o andasse. La gravità leggermente inferiore a quella della Terra conferiva una certa elasticità al suo passo, mentre la maggiore quantità di ossigeno sembrava darle maggior energia nelle stesse proporzioni, anche se le membrane mucose non avevano ancora smesso di dolerle. Nonostante la latitudine tropicale, l’aria era balsamica e non troppo umida, perché l’isola si trovava abbastanza vicino al Farside per esserne rinfrescata. L’aria era piena di odori pungenti, e Chrisoula riusciva a trovare un paragone familiare come il muschio e lo iodio solo per alcuni di essi, ed anche sconosciuti le giungevano i suoni… fruscii, trilli, gracidii e mormorii… che la densa atmosfera le faceva risuonare con forza negli orecchi.
La stazione stessa aveva un aspetto straniero: le costruzioni erano fatte con materiali locali e secondo progetti locali, e perfino il convertitore ad energia radiante non presentava lo stesso aspetto che avrebbe avuto a casa. Le ombre multiple avevano tonalità particolari, ed in effetti ogni colore mutava in quella luce rossiccia; gli alberi che si levavano al di sopra dei tetti erano sagome strane, con un fogliame nelle tonalità del giallo, dell’arancio e del marrone, e piccole creature svolazzavano fra essi o si muovevano sui rami. Occasionali frammenti luminosi trasportati dalla brezza non sembravano essere particelle di polvere.
Il cielo aveva una tinta scura, e le poche nubi erano rivestite di una tenue tonalità rosa ed oro. Il doppio sole Colchis… Castor C sembrava improvvisamente un nome troppo arido… stava tramontando verso ovest, ed entrambi i suoi dischi erano così opachi da poter essere osservati senza pericolo per un poco, Phrixus vicino alla sua massima separazione angolare da Helle.
Dalla parte opposta rispetto ai soli, Argo dominava il cielo, come sempre nell’emisfero di Medea rivolto verso l’interno. Qui il pianeta primario appariva basso nel cielo, e le cime degli alberi nascondevano buona parte del suo grande disco appiattito, mentre la luce del giorno attenuava il rossore del calore da esso emanato, che sarebbe divenuto smagliante con il buio. Nondimeno, quel pianeta era un colosso, tanto da apparire ad occhio nudo quindici o sedici volte più grande della Luna sovrastante la Terra; le bande e le macchie sottilmente cromatiche che solcavano la sua superficie in modo sempre mutevole, erano nubi più grandi di continenti e uragani vorticanti che avrebbero potuto inghiottire la luna su cui attualmente Chrisoula si trovava.
— Mi… colpisce più di qualsiasi luogo nei dintorni di Enrique — sussurrò, rabbrividendo, — o… o dell’avvicinamento dallo spazio. Sono giunta in un altro posto dell’universo.
Hugh le circondò la vita con un braccio, e, non essendo altrettanto sciolto nel parlare, si limitò a dire:
— Ebbene, questo è un posto differente, ed è proprio per questo che Port Kato esiste, sai? Per studiare in profondità una zona che è rimasta isolata per parecchio tempo. Mi hanno detto che l’istmo fra Hansonia e la terraferma è scomparso quindicimila anni fa; i dromidi locali, per lo meno, non avevano mai sentito parlare di esseri umani prima del nostro arrivo, e gli uranidi avevano solo udito voci in merito, che possono averli influenzati in qualche modo, ma non eccessivamente.
— Dromidi… uranidi… oh! — Essendo di origine greca, Chrisoula afferrò al volo il significato di quei nomi. — Volpi e globi, esatto?
— Per favore — si accigliò Hugh. — Quelli sono scherzi da poco, ti pare? So che ne devi aver sentiti parecchi in città, ma io credo che entrambe le razze meritino di ricevere nomi più dignitosi da parte nostra. Ricordati che sono dotate d’intelligenza.
— Mi dispiace.
— Niente di male, Chris. — Hugh le strinse leggermente la vita. — Sei nuova di qui, e con un lasso di tempo di un secplo fra domande e risposte, fra qui e la Terra…
— Sì, mi sono chiesta se valga realmente la pena di creare colonie al di là del Sistema Solare soltanto per trasmettere conoscenze scientifiche con tanta lentezza.
— Tu hai in proposito informazioni più recenti di quante ne abbia io.
— Ecco… planetologia, biologia e chimica stavano ancora fornendo nuovi elementi d’analisi introspettiva quando sono partita, e questo era un bene per ogni scienza, dalla medicina al controllo dei vulcani. — La donna si raddrizzò sulla persona. — Chissà, forse il prossimo passo sarà nel tuo campo, la xenologia. Se riuscissimo ad arrivare a comprendere una mente non umana… no, due tipi di menti non umane, su questo mondo, o addirittura tre, se è vero quello che ho sentito teorizzare in merito all’esistenza di due tipi del tutto differenti di uranidi… — Chrisoula trasse il fiato, — ebbene, allora avremmo la possibilità di arrivare a comprendere noi stessi. — Hugh ritenne che la ragazza fosse davvero interessata e non stesse soltanto cercando di compiacerlo quando soggiunse: — Cos’è che fate esattamente, tu e Jan? Ad Enrique mi hanno detto che si tratta di una cosa del tutto speciale.