La notte mormorava intorno a lei, ed Erakoum beveva avidamente gli odori del suolo, odori di crescita e di decomposizione, di nettare e di sangue, di sforzi compiuti. Il calore proveniente da Mardudek trapelava nella fredda brezza a bagnarle il pelo, mentre le sagome appena intraviste o udite quando si spostavano fra i cespugli, erano quelle dei suoi compagni: essi non erano raccolti in un unico gruppo, ed avanzavano ciascuno a suo modo, ma si mantenevano sempre più o meno a portata d’orecchio, e quello che avesse per primo avvistato o fiutato un Volatore lo avrebbe segnalato con un fischio.
Erakoum era più separata degli altri dai suoi compagni, perché questi temevano di poter essere traditi dal raggio di luce che scaturiva dal piccolo contenitore sulla sua testa, cosa che lei riteneva improbabile, considerato quanto era debole quel raggio azzurrino. L’umano chiamato Hugh l’aveva pagata bene in termini di merci di scambio perché portasse il talismano ogni volta che lui glielo chiedeva e poi discutesse con lui le proprie esperienze. Da parte sua, Erakoum sperimentava in quelle occasioni un oscuro senso di eccitazione che non somigliava a null’altro al mondo, ed il sapere entrava in lei, come in sogno ma in modo più reale: questi vantaggi valevano bene una leggera difficoltà nel corso di qualche caccia occasionale… anche durante la caccia di stanotte.
Inoltre… c’era qualcosa che non aveva detto ad Hugh, perché lui non gliene aveva parlato per primo: si trattava di una delle cose che aveva appreso senza parole dall’involucro di luce, e cioè che anche uno dei Volatori portava un congegno simile e si teneva in contatto soprannaturale con un umano.
Le grosse e grottesche creature avevano francamente ammesso di essere neutrali nel conflitto fra il Popolo ed i Volatori, ed Erakoum non ne faceva loro una colpa: quella non era la loro patria e non si poteva pretendere che a loro importasse se diveniva desolata. Comunque, Erakoum aveva astutamente intuito che gli umani desideravano tenere nascosto il loro rapporto ugualmente intimo con membri di entrambe le razze.
Se Hugh era stato ansioso che lei fosse in contatto spirituale con lui, quella notte, indubbiamente anche un altro umano aveva chiesto la stessa cosa ad un Volatore, e sarebbe stata una gioia speciale per lei abbattere quel particolare Volatore, senza contare che, se avesse cercato d’individuare un raggio pallido fra i bagliori dei bachi di fuoco e delle stelle, sarebbe potuta arrivare ad individuare un intero gruppo di nemici.
Ormai riposata, Erakoum iniziò a correre verso l’interno: Erakoum stava cacciando.
Jannika Rezek provava da sempre un senso di nostalgia per una terra in cui non aveva mai vissuto.
I suoi genitori avevano offeso politicamente la Federazione Danubiana, ed erano stati di conseguenza informati che non sarebbero stati sottoposti a trattamento in un ospedale di reindottrinamento, se si fossero offerti volontari per rappresentare il loro paese a bordo della prima nave che avrebbe trasportato personale su Medea. Quella che era stata offerta loro non aveva rappresentato certo una scelta vera e propria; nondimeno, suo padre le aveva detto in seguito che il suo ultimo pensiero, mentre sprofondava in animazione sospesa, era stato l’ironica considerazione che, al suo risveglio, nessuno di coloro che lo avevano giudicato sarebbe più stato in vita e che nessuno avrebbe più ricordato quali erano state le sue opinioni né se ne sarebbe interessato. In effetti, una volta giunto a destinazione, suo padre aveva appreso che la Federazione Danubiana non esisteva più.
Rimaneva comunque in vigore la legge per cui, fatta eccezione per il personale di volo, nessun passeggero poteva tornare da dove era venuto: i viaggi spaziali erano troppo costosi perché si potessero trasportare persone che sarebbero arrivate sulla Terra solo per diventare inutili rifiuti della storia del passato, e così marito e moglie si erano adattati meglio che potevano al loro esilio. Essendo entrambi medici, erano stati accolti con entusiasmo ad Armstrong e nel suo circondario agricolo, e là avevano prosperato, secondo i modesti parametri di Medea, ottenendo infine un raro privilegio. La popolazione umana sul pianeta era stata ormai stabilizzata legalmente, ed un numero maggiore di coloni avrebbe affollato in modo eccessivo le aree limitate destinate agli insediamenti ed avrebbe provocato enormi danni all’ambiente naturale che la colonia aveva lo scopo di studiare. Tuttavia, per controbilanciare vuoti creatisi nel programma riproduttivo, ad alcune coppie, ogni generazione, veniva dato il permesso di avere tre figli, ed i genitori di Jannika erano rientrati in quel numero ridotto.
In questo modo, tutti i bambini, Jannika compresa, ritenevano che la loro fosse un’infanzia felice ed anche altamente civilizzata. Nelle molecole delle bobine conservate nel Centro era racchiuso quasi l’intero ammontare della cultura della razza umana; l’industria era sviluppata quanto bastava perché le famiglie abbienti potessero disporre di apparecchi che ricevevano i dati con il massimo di dettagli ologrammici e stereofonici desiderati, ed i genitori di Jannika avevano approfittato di questa possibilità per placare la nostalgia, senza mai pensare all’effetto che questo poteva avere su cuori più giovani. Jannika era cresciuta fra spettri viventi: le vecchie torri di Praga, la primavera nel Böhmerwald, il Natale in un villaggio che i secoli avevano appena sfiorato, una sala per concerti dove la musica risuonava gloriosa intorno ad una folla vestita sfarzosamente e superiore di numero all’intera popolazione di Armstrong, repliche di eventi che avevano fatto un tempo tremare la Terra, canzoni, poesie, libri, leggende, favole… Talvolta Jannika si chiedeva se non si fosse dedicata alla xenologia perché gli uranidi erano leggeri, luminosi e magici esseri da fiaba.
Quel giorno, dopo che Hugh era uscito con Chrisoula, Jannika li aveva seguiti con lo sguardo per un momento: d’un tratto, la stanza si era come ristretta intorno a lei, soffocandola. Jannika aveva fatto del suo meglio per rallegrare l’ambiente con tende, quadri, oggetti cari, ma in quel momento essa era costellata di equipaggiamenti e lei odiava il disordine, mentre ad Hugh non importava nulla.
L’interrogativo sorse di nuovo in lei: quanto ancora importava ad Hugh di qualsiasi cosa? Quando si erano sposati erano innamorati, naturalmente, ma anche allora Jannika era stata consapevole che si trattava di un matrimonio dettato in buona parte dalla convenienza: entrambi erano a caccia di un incarico in un avamposto dove avrebbero viste accresciute le loro probabilità di effettuare ricerche significative ed originali, ed in quei casi erano preferite coppie sposate, in base alla teoria che queste sarebbero state distratte dal loro lavoro meno degli individui scapoli. Quando avessero avuto i primi figli, sarebbero stati trasferiti in una città, com’era d’uso.
Jannika e Hugh litigavano su questo argomento: la pressione sociale… osservazioni, suggerimenti, un imbarazzante evitare l’argomento… stava crescendo sempre più per spingerli alla riproduzione perché, all’interno dei limiti di popolazione, era preferibile mantenere il patrimonio genetico il più ampio possibile. Adesso, Jannika cominciava ad essere di età un po’ avanzata per la maternità, ed Hugh era più che disposto ad avere figli, solo che dava per scontato che lei si sarebbe occupata della casa ed avrebbe svolto un lavoro da scrivania, mentre lui avrebbe continuato le ricerche sul campo…
Non lo doveva rimproverare quando sarebbe tornato dalla sua passeggiata amorosa; le capitava di perdere le staffe un po’ troppo spesso in quei giorni, e di diventare davvero insopportabile, fino a che Hugh usciva tempestosamente dalla capanna oppure si attaccava ad una bottiglia di whisky. Non era un uomo cattivo… nel profondo dell’anima era un brav’uomo, si corresse in fretta Jannika… impulsivo in molti modi ma benintenzionato, e lei, in quello stadio della sua vita, non avrebbe certo potuto fare di meglio.
Eppure… Jannika sentì il calore salirle alle guance e fece un gesto come per allontanare il ricordo, senza riuscirvi: era una cosa che risaliva a due giorni prima.