— Mascalzone. Anche tu puzzeresti dopo aver portato per dodici ore la tuta a pressione. L’autobus era orribile. Farò in fretta.
— Un momento, Wyoh. Quella roba che ti sci messa addosso si scioglie con l’acqua? Ne avrai ancora bisogno quando te ne andrai… Se riuscirai a farlo e ovunque vorrai andare.
— Sì, si scioglie. Ma ne hai comprato tre volte il necessario. Mi dispiace, Mannie, di solito me ne porto una scorta, quando faccio viaggi politici. Non si sa mai. Ma questa volta non ho avuto tempo; ho anche perso una capsula della metropolitana e per poco non perdevo l’autobus.
— Allora, vai a ripulirti.
— Sì, signor Comandante. Ah, non ho bisogno di aiuto per la schiena… ma lascerò la porta aperta, così potremo chiacchierare. Solo per la compagnia, nessun invito implicito.
— Fa’ come vuoi. Ho già visto una donna.
— Chissà come dev’essere stato eccitante per lei! — Fece una smorfia e mi diede un altro pugno nelle costole, pensate… Poi entrò nel bagno e aprì il rubinetto della vasca. — Mannie, vuoi fare tu il bagno per primo? L’acqua di seconda mano sarà più che sufficiente per togliermi di dosso la tintura e la puzza di cui ti lamenti.
— Acqua a volontà, cara. Riempi pure la vasca.
— Oh, che lusso! A casa uso la stessa acqua per fare il bagno tre volte consecutive. — Fischiò dolcemente e in tono felice. — Sei ricco, Mannie?
— Non sono ricco, ma nemmeno piango miseria.
Il montacarichi cigolò. Aprii lo sportello e preparai due cocktail a base di Martini e vodka, e con ghiaccio abbondante. Entrai nel bagno e le porsi il suo bicchiere, poi uscii e mi sedetti, in modo da non poterla vedere. Ma nemmeno nel bagno avevo visto molto, era immersa fino alle spalle nella schiuma. — Pawlnoi Zheeni! — le augurai.
— Una vita felice anche a te, Mannie. Proprio la medicina di cui avevo bisogno. — Dopo una breve interruzione per bere un sorso della medicina, disse: — Mannie, sei sposato, vero?
— Sì. Si vede?
— Molto. Con le donne sei gentile ma non ansioso; anzi, molto indipendente. Ho dedotto che sei sposato, e da molto tempo. Bambini?
— Diciassette, divisi per quattro.
— Matrimonio di clan?
— No, di linea. Sono stato optato all’età di quattordici anni e sono il quinto di nove mariti. Così, dire diciassette bambini ha valore solo nominale. Una grossa famiglia.
— Dev’essere bello. Non ho visto molte famiglie di linea, ce ne sono poche a Hong Kong. Ci sono matrimoni di clan e di gruppo, ma la linea non ha mai preso piede laggiù.
— È bello. Il nostro matrimonio ha quasi cento anni. Risale ai tempi di Johnson City e dei primi deportati… ventuno coniugi, nove vivi attualmente, mai un divorzio. Diventa la casa dei matti, quando parenti, nipoti e congiunti si riuniscono per un compleanno o un matrimonio. Molto più di diciassette bambini, naturalmente; non li contiamo più dopo che si sono sposati, altrimenti avrei dei bambini vecchi da poter essere miei nonni. Un modo felice di vivere, pochi problemi. Prendi il mio caso. Nessuno fa scenate se me ne sto lontano per una settimana, senza nemmeno dare un colpo di telefono. Benvenuto quando torno a casa. I matrimoni di linea raramente hanno divorzi. Come potrei stare meglio?
— Non vedo proprio come. Applicate il principio dell’alternanza? E qual è l’intervallo?
— Per l’intervallo non c’è nessuna regola, facciamo come ci conviene. Abbiamo seguito l’alternanza fino all’ultimo coniuge, lo scorso anno. Ma allora sposammo una ragazza quando l’alternanza avrebbe richiesto un uomo. È stato però un caso speciale.
— Perché speciale?
— La mia più giovane moglie è nipote della più vecchia coppia di marito e moglie del nostro matrimonio. Per lo meno è nipote di Mum (la moglie più anziana viene chiamata Mum o a volte Mimi dai suoi mariti) e probabilmente lo è del marito anziano che chiamiamo Granpà; non ha però alcuna consanguineità con gli altri coniugi. Ludmilla era cresciuta nella nostra famiglia perché sua madre l’aveva messa al mondo senza essere sposata e se ne era poi andata a Novylen lasciando da noi la bambina.
"Milla non voleva nemmeno sentir parlare di sposarsi fuori casa, quando raggiunse l’età nuziale. Si mise a piangere e ci chiese, per favore, di fare un’eccezione per lei. L’accontentammo. Granpà non deve essere più preso in considerazione sotto il profilo genetico. Ormai il suo interesse per le donne si limita a qualche galanteria verbale. Nella sua qualità di marito anziano ha trascorso con lei la prima notte, ma è stata una consumazione puramente formale. Se ne occupò, la notte dopo, il marito numero due, Greg, e facemmo finta di niente. Furono felici tutti quanti. Ludmilla è una fanciulla deliziosa, appena quindici anni e già incinta."
— E tuo il bimbo? — mi chiese Wyoming.
— Di Greg, credo. Oh, potrebbe anche essere mio: però a quel tempo mi trovavo a Novy Leningrad. Probabilmente è di Greg, a meno che Milla non abbia avuto aiuti all’esterno. Ma certamente non ne ha avuti; è una ragazza tutta casa. E una magnifica cuoca, per di più.
Arrivò il montacarichi; presi il vassoio, disposi tavolo e sedie pieghevoli, pagai il conto e rimandai indietro il montacarichi.
— Devo gettare questa roba ai porci?
— Vengo subito! Ti dispiace se non mi rifaccio il trucco?
— Per quanto mi riguarda, puoi anche venire nuda.
— Varrebbe proprio la pena, con un uomo sposato come te!
Uscì dal bagno rapidamente, bionda di nuovo e con i capelli ancora umidi, raccolti dietro. Non si era messa il completo nero da viaggio; era ancora con l’abito che le avevo comprato io. Il rosso le donava. Si sedette e sollevò il coperchio che copriva il vassoio del pranzo. — Fantastico! Mannie, credi che la tua famiglia accetterebbe di sposarmi? Mi sembri la mano della provvidenza.
— Chiederò. L’approvazione deve essere unanime.
— Non c’è bisogno che ti agiti. — Prese le posate e si diede da fare con il pasto. Circa un migliaio di calorie più tardi, disse: — Ti ho detto che sono una Donna Libera… Non è sempre stato così.
Attesi. Le donne parlano quando ne hanno voglia. Se no, stanno zitte.
— Quando avevo quindici anni sposai due fratelli: erano gemelli e avevano il doppio della mia età. Fui terribilmente felice.
Giocherellò con un boccone sul piatto, poi parve voler cambiare argomento. — Mannie, facevo solo per dire quando ho detto di volermi sposare nella tua famiglia. Non hai niente da temere da me. Se mai mi risposerò… ed è poco probabile… voglio un uomo solo, un piccolo matrimonio a due, in stile terrestre. Oh, non voglio dire, con questo, che sarò una moglie autoritaria. Non credo che importi molto dove un marito pranzi; basta che torni a casa per cena. Cercherei di renderlo felice.
— I gemelli non andavano d’accordo?
— Oh, no, al contrario. Rimasi incinta e fummo tutti felici… ebbi il bambino ed era un mostro; fummo costretti a eliminarlo. Sono stati entrambi molto gentili con me. Ma io so leggere fra le righe. Annunciai il divorzio, mi feci sterilizzare, mi trasferii da Novylen a Hong Kong e mi rifeci una vita come Donna Libera.
— Non è stata una decisione troppo drastica? Più spesso è colpa del padre che della madre; gli uomini sono molto più esposti a incidenti.
— Non nel mio caso. Lo stabilì la maggiore esperta di ginecologia matematica di Novylen… la più alta autorità in quel campo dell’Unione Sovietica, prima che venisse deportata. So io come avvenne. Ero una colonizzatrice volontaria, o meglio lo era mia madre, dato che avevo solo cinque anni. Mio padre era stato deportato e mia madre aveva scelto di seguirlo e mi aveva portato con sé. C’era la minaccia di una tempesta solare quando stavamo per atterrare, ma il pilota dell’astronave pensò di potercela fare lo stesso, oppure non se ne preoccupò: era un Cyborg, lui. Lui riuscì ad atterrare, ma la tempesta ci colse al suolo. Mannie, questo è uno dei motivi che mi spinse verso la politica; quella nave rimase ferma per quattro ore prima che ci lasciassero scendere. Burocrazia, forse una forma di quarantena; ero troppo giovane per capire. Ma dopo non ero più troppo giovane per immaginare che avevo dato alla luce un mostro perché all’Ente non interessa che cosa succede a noi deportati.