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— Programma inserito — disse Mike.

— Molto bene. E ora Mannie, figliolo, calmati e fai la tua parte. Lascia ad altri il compito di combattere. Tu sei necessario qui, saremo costretti a improvvisare. Wyoh, per ora sganciati e avverti la compagna Cecilia di tenere gli Irregolari lontani dai corridoi. Mandate tutti i bambini a casa e fateceli stare, e dite alle loro madri di consigliare le altre mamme di fare lo stesso. Non sappiamo dove si combatterà, ma non vogliamo vittime fra i bambini, se è possibile evitarlo.

— Vado subito, Prof.

— Un momento. Parla con Sidris e mettete in azione gli stilyagi. Voglio disordini all’ufficio di Luna City dell’Ente… assalto e devastazione, molta confusione e molti danni… ma nessuna vittima, se possibile. Mike: avanti con l’Allerta Quattro Emme. Taglia tutte le comunicazioni dell’Ente meno le linee con cui sei collegato tu.

— Prof! — esclamai. — Che ragione c’è di creare disordini in città?

— Mannie, Mannie! Questo è il giorno della Rivoluzione! Mike, la notizia della violenza e dei due assassinii è giunta ad altre grotte?

— Che io sappia, no. Rimango in ascolto qua e là. Le stazioni della Metropolitana sono calme in tutta la Luna, meno che a Luna City. Da pochi istanti si combatte alla Stazione Ovest. Volete sentire il rumore?

— Non ora, vai alla Stazione Ovest e segui i combattimenti. Ma non immischiarti e tienti vicino a un telefono. Mike, fai cominciare i disordini in tutte le grotte. Diffondi la notizia nelle cellule, ma secondo la versione di Finn, non quella vera. Gli Arditi stanno violentando e uccidendo tutte le impiegate dell’Ente… i particolari te li darò io, oppure li puoi inventare tu stesso. Ah, puoi ordinare alle guardie dislocate nelle stazioni della Metropolitana delle altre grotte di tornare alle loro caserme? Voglio disordini ma non c’è ragione di mandare gente disarmata contro soldati armati, se possiamo organizzare un trucco.

— Ci proverò. — Mi precipitai alla Stazione Ovest, rallentando la corsa a mano a mano che mi avvicinavo. I corridoi erano pieni di folla inferocita. L’intera città era esplosa come non avevo mai visto e, mentre attraversavo il corridoio centrale, sentii urla e boati venire dalla direzione degli uffici cittadini dell’Ente. Eppure non mi sembrava che Wyoh avesse avuto il tempo materiale per scatenare i suoi stilyagi. E infatti. Quello che il Professore aveva tentato di avviare stava già accadendo, spontaneamente.

La stazione era bloccata dalla folla e dovetti aprirmi la strada a spinte per vedere quello che ritenevo certo, e cioè che le guardie addette al controllo dei passaporti erano morte o fuggite. Erano morte, insieme a tre Lunari. Uno dei tre era un ragazzo di non più di tredici anni. Era morto con le mani avvinghiate intorno alla gola di un Ardito e con il Berretto Rosso in testa. Mi aprii un varco fino alla cabina telefonica più vicina e chiamai Mike.

— Torna indietro — mi disse Prof. — E controlla la carta d’identità di una delle guardie. Voglio nome e grado. Hai visto Finn?

— No.

— Sta venendo là con tre fucili. Dimmi da che cabina telefonica stai chiamando, trova quel nome e richiama dalla stessa cabina.

Uno dei due cadaveri delle guardie era scomparso, probabilmente trascinato via dalla folla. L’altro era malconcio, ma riuscii a individuare la catenella che aveva intorno al collo e a strappargli la piastrina di riconoscimento prima che la folla trascinasse via anche lui. A gomitate tornai alla cabina telefonica e vi trovai dentro una donna. — Signora — gridai — devo usare quel telefono. Emergenza!

— Fate pure. Quel maledetto apparecchio non funziona!

Per me funzionò benissimo. Mike me lo aveva tenuto in serbo. Diedi a Prof il nome della guardia. — Bene — disse — hai visto Finn? Ti verrà a cercare in quella cabina.

— Non l’ho visto… un momento. Eccolo che viene.

— Bene, rimani con lui. Mike, conosci la voce dell’Ardito morto di cui abbiamo l’identità?

— Mi dispiace, Prof. No.

— Non importa. Fai una voce rauca e spaventata, forse al suo comando non lo conoscono tanto bene. O chiamerebbe invece Alvarez?

— Chiamerebbe il comando. Alvarez impartisce ordini agli Arditi tramite il loro capo, mai direttamente.

— Allora chiama il comando. Comunica che c’è stato l’attacco, chiedi aiuto e muori all’ultima parola. Rumori di disordini sullo sfondo e magari il grido distinto Eccolo là il bastardo proprio prima di morire. Ce la puoi fare?

— Programma inserito. Un gioco da ragazzi — rispose Mike.

— Eseguilo. Mannie, passami Finn.

Il piano di Prof era di trascinare fuori dalle caserme gli Arditi non in servizio, mentre gli uomini armati di Finn si appostavano all’uscita dalle capsule. Il piano funzionò, fino a che Mort il Carceriere perse la calma e trattenne gli ultimi rimasti per la propria difesa personale mentre continuava a inviare messaggi frenetici sulla Terra.

Quando giunse la seconda capsula carica di Arditi, violai l’ordine impostomi da Prof e imbracciai un fucile laser. Ne arrostii due, poi, soddisfatto il mio desiderio di vendetta, lasciai agli altri compagni il resto della squadra. Troppo facile. Mettevano fuori la testa dallo sportello e per loro era la fine. Metà della squadra non uscì nemmeno dalla capsula, ma fece la stessa fine dell’altra metà, asfissiata dal fumo.

La decisione del Governatore di salvare la propria pelle mise nei guai gli altri capi dell’Ente. Alvarez rimase ucciso insieme al Comandante degli Arditi e con loro morirono due giubbe gialle, le ultime rimaste. Tutti gli altri Arditi e giubbe gialle, tredici, erano con Mort. La capacità di Mike di seguire gli eventi ascoltando i telefoni era alquanto discontinua, ma quando fummo ragionevolmente certi che tutti gli effettivi armati si trovavano all’interno della residenza del Governatore, Prof ordinò a Mike di dare il via alla fase successiva.

Mike spense tutte le luci dell’Ente, tranne quelle nella residenza del Governatore, e ridusse l’ossigeno dell’aria, non al punto di uccidere ma quanto bastava per mettere nell’impossibilità di nuocere chiunque fosse ancora in cerca di guai. Nella casa del Governatore, invece, tolse completamente l’ossigeno lasciando solo azoto per dieci minuti. Alla fine dei dieci minuti, gli uomini di Finn, che aspettavano il segnale con indosso le tute a pressione nella stazione privata del Governatore, fecero saltare i cardini della porta e irruppero nella residenza, marciando a fianco a fianco.

La Luna era nostra.

PARTE SECONDA

Storia della Luna

dalla rivoluzione all’indipendenza

1

Un’ondata di patriottismo investì la nostra Nazione e la unificò. Non dicono così i libri di storia?

Parola mia, preparare una rivoluzione è un gioco da ragazzi, in confronto alla confusione che si viene a creare dopo averla vinta. Ci trovammo padroni di tutto, con niente di pronto e mille cose da fare. L’Ente Lunare non esisteva più, ma la sua direzione centrale sulla Terra e le Nazioni Federate erano una realtà anche troppo viva. Se solo avessero inviato un’astronave da guerra, o messo in orbita intorno alla Luna un incrociatore, si sarebbero ripresi il satellite con poca fatica. Non avremmo opposto più resistenza di un branco di pecore.

La nuova catapulta era stata messa a punto, ma i contenitori metallici per i proiettili di rocce, pronti per essere lanciati, li potevo contare sulle dita di una mano: della destra naturalmente. D’altra parte, la catapulta non era un’arma efficace contro le astronavi. Né contro un esercito.

Avevamo qualche idea di come respingere l’attacco di un’astronave, ma per il momento era solo teoria. Nei depositi di Hong Kong Luna avevamo alcune centinaia di fucili a raggi laser (gli ingegneri cinesi sono in gamba) ma pochi uomini erano capaci di usarli.