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La gente piangeva. Tra gli altri, vidi piangere anche Wyoh, seduta accanto a me, e io stesso mi sentivo pungere gli occhi, sebbene l’avessi letta in precedenza.

Poi Adam rivolse lo sguardo all’Assemblea e proclamò: — Il futuro è in attesa. Fate bene attenzione a ciò che state per fare. — Poi cedette la presidenza a Prof, invece che al Presidente di turno.

Erano le ventidue, quando cominciò la discussione.

Ovviamente, erano tutti favorevoli.

L’avrebbero approvata, non c’erano dubbi, ma non esattamente come era scritta. — Onorevole Presidente, nel secondo paragrafo, quella parola inalienabili non credo che esista; proporrei non alienabili… e comunque non sarebbe più dignitoso dire sacri diritti invece che diritti inalienabili? Propongo che se ne discuta.

E così di seguito, paragrafo per paragrafo, parola per parola. Ciascuno aveva il suo bravo emendamento da proporre.

Era passata mezzanotte quando qualcuno volle sapere perché la Dichiarazione portava la data del quattro mentre era solo il due.

Prof rispose gentilmente che ormai era già il tre di luglio, che non riteneva probabile che potesse essere annunciata pubblicamente prima del quattro, e che il quattro (giorno dell’indipendenza americana) racchiudeva un simbolismo storico che poteva rivelarsi utile.

Parecchie persone lasciarono la platea quando sentirono che probabilmente non si sarebbe deciso nulla prima del quattro luglio. Ma notai che, a mano a mano che la gente usciva, altri entravano e la sala rimaneva sempre piena. Scorsi Finn Nielsen prendere posto in una sedia rimasta libera. Comparve anche il compagno Clayton; mi toccò una spalla, sorrise a Wyoh, poi si trovò un posto. Nelle prime file individuai i miei due cari ragazzi, Slim e Hazel… e pensai che avrei dovuto inventare una scusa per Hazel, magari dire a Mum che ero stato io a farle fare tardi, per affari del Partito… ma proprio in quel momento vidi, con stupore, Mum in persona che si sedeva accanto a Hazel. E Sidris, e Greg, che avrebbe dovuto trovarsi alla nuova catapulta.

Mi guardai intorno e vidi un’altra dozzina di facce amiche: il direttore della Lunaya Pravda, il direttore generale della LuNoHo, e altri ancora, tutti i compagni attivi del Partito. Incominciai a capire il gioco di Prof. Questa Assemblea non aveva un numero fisso di membri, e i nostri compagni del Direttivo avevano altrettanto diritto di prendere la parola e votare, quanto chi aveva discusso per un mese intero. Intervennero… e votarono contro gli emendamenti proposti.

Verso le tre del mattino, quando mi stavo chiedendo per quanto tempo avrei potuto ancora resistere, fu portato un biglietto a Prof. Lui lo lesse, batté il martelletto sul tavolo e annunciò: — Adam Selene chiede la parola. Siete tutti d’accordo?

Lo schermo dietro il tavolo della presidenza si illuminò di nuovo e Adam espresse ai congressisti tutta la sua gratitudine per il lavoro svolto e per le critiche profonde e costruttive. Se però poteva dare un suggerimento, perché non ammettere che tutto il documento peccava un poco nello stile? Se tutti erano ormai d’accordo sul significato generale della Dichiarazione, perché non rimandare a un altro giorno la ricerca della perfezione e intanto approvare il documento nella stesura originale? — Onorevole Presidente, propongo che questa mozione sia messa ai voti.

L’approvarono con un grido unanime. Prof chiese: — Voti contrari? — e rimase in attesa con il martelletto a mezz’aria. Un uomo che stava parlando quando Adam aveva preso la parola disse: — Ehm… sono sempre dell’idea che quel participio sia campato in aria, ma, d’accordo, lasciamo perdere.

Prof calò il martelletto sul tavolo. — Mozione approvata!

Poi ci mettemmo in fila e ciascuno dei presenti appose la propria firma su un grande rotolo di pergamena che era stato mandato dall’Ufficio di Adam: in testa a tutte c’era la firma di Adam Selene.

Mentre la fila si muoveva lentamente in avanti e la gente chiacchierava, Prof chiese un attimo di attenzione. — Abbiamo bisogno di volontari per una missione pericolosa. Questa Dichiarazione verrà diffusa per radio, alla TV e con le telescriventi: ma alle Nazioni Federate, sulla Terra, dovrà essere consegnata da uno di noi.

Si fece un improvviso silenzio. Prof stava guardando me. Deglutii, e dissi: — Mi offro come volontario. — Wyoh mi fece eco: — Anch’io! — seguita subito dalla piccola Hazel Meade.

In pochi istanti eravamo una dozzina, da Finn Nielsen al signor Participio-Campato-In-Aria (si rivelò un buon diavolo, a parte certe fissazioni). Prof prese nota dei nomi borbottando qualcosa come ci metteremo in contatto quando avremo a disposizione un mezzo di trasporto.

Presi Prof da parte e gli sussurrai: — Senti, sei così stanco da non ricordartene più? L’astronave del sette luglio è stata annullata e stanno minacciandoci l’embargo. La prossima astronave che verrà dalla Terra sarà una nave da guerra.

— Oh, ma non useremo le loro astronavi.

— E allora? Vuoi costruirne una qui? Hai idea di quanto tempo ci vuole? Sempreché siamo capaci di farlo, cosa di cui dubito.

— Mike dice che è necessario… insomma, ha già organizzato tutto. La fornirà lui, l’astronave. Il progetto è fatto e i lavori sono a buon punto.

— Progetto fatto, lavori a buon punto! Ma da quando Mike è diventato ingegnere?

— Non lo è, forse? — chiese Prof.

Stavo per rispondere, poi tacqui. Mike non ha certo una laurea. Solo che di ingegneria ne sa più lui di tutti gli ingegneri del mondo. O delle commedie di Shakespeare, o degli indovinelli. — Va bene, ora sputa fuori tutto quello che sai.

— Manuel, andremo sulla Terra come un carico di grano.

— Che cosa? E chi siamo noi?

— Tu e io. Gli altri volontari sono puramente decorativi.

— Senti, Prof. Sono stato sempre al gioco. Mi sono dato da fare quando tutta questa storia sembrava pura follia. Ho portato addosso maledetti pesi (ce li ho anche ora) per prepararmi a scendere in quell’orribile posto. Ma i patti erano che andassi con un’astronave, con a bordo almeno un pilota che mi facesse arrivare sano e salvo sulla Terra. Non ho mai accettato di essere spedito come una meteorite.

— Va bene, Manuel. Credo nella libertà individuale, sempre. Ci andrà la tua sostituta.

— La mia… chi?

— La compagna Wyoming. Per quanto ne sappia è l’unica persona che si sia addestrata con i pesi, oltre a te… e ai pochi Terrestri.

Accettai di andare. Ma prima ne parlai con Mike.

Mi rispose con molta pazienza. — Man, mio più vecchio amico, non devi affatto preoccuparti. Sei stato classificato come carico KM centottantasette, serie settantasei, e arriverai a Bombay senza guai. Per essere più sicuro, anzi per rassicurare te, ho scelto quel lancio perché uscirai dall’orbita di parcheggio e atterrerai quando l’India sarà girata verso di me… rimanendo quindi sotto controllo visivo. Fidati di me, Man, ho studiato il piano in ogni particolare.

— Avresti anche potuto avvertirmi prima.

— Non c’era bisogno di darti altre preoccupazioni prima del tempo. Il Professore non poteva non esserne a conoscenza e mi sono tenuto in contatto con lui. È il capo missione. Tu lo accompagni solo per prenderti cura di lui… e per sostituirlo nel caso che muoia. È un’eventualità sulla quale non posso in alcun modo rassicurarti.

Sospirai. — D’accordo, Mike. Ma davvero non penserai di riuscire a fare atterrare dolcemente una chiatta da carico, pilotandola da questa distanza?

— Man, credi che non ne capisca abbastanza di balistica? Ti prego, fidati: ho pensato a tutto.

— Va bene, ti credo. Ancora una cosa, Mike: a che velocità arrivano quelle chiatte sulla Terra? Quante gravità?