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"Ma una cosa deve essere ben chiara. Il satellite naturale della Terra, la Luna, è per legge proprietà congiunta di tutti i popoli della Terra. Non appartiene a quei pochi individui che, per un caso della storia, ci si trovano a vivere. Il sacro mandato affidato all’Ente Lunare è e dovrà sempre essere la suprema legge del satellite della Terra."

Un caso della storia, eh? Mi aspettavo che Prof gli ricacciasse fn gola quell’affermazione. Pensavo che avrebbe detto… no, non sapevo quello che avrebbe detto.

Prof attese in silenzio per qualche secondo, poi chiese: — Onorevole Presidente, chi sarà esiliato, questa volta?

— Che cosa avete detto?

— Avete deciso chi di voi andrà in esilio? Il vostro vicegovernatore non ha voglia di dirigere il carcere — e questo era vero, preferiva rimanere in vita. — Ha accettato di mantenere le sue funzioni solo perché glielo abbiamo chiesto noi. Se continuate a credere che non siamo indipendenti, dovrete mandare su un altro carceriere.

— Protettore.

— Carceriere. Chiamiamolo con il nome che merita. Però, se sapessimo di chi si tratta, saremmo felici di chiamarlo Ambasciatore. Potremmo collaborare con lui. Non è necessario che arrivi con una banda di teppisti armati… per violentare e assassinare le nostre donne!

— Ordine! Moderazione! Il teste è richiamato all’ordine!

— Non ero io a non essere in ordine, Onorevole Presidente. C’è stata violenza e c’è stato un sudicio omicidio. Ma questo appartiene alla storia, ormai, e noi dobbiamo guardare il futuro. Chi manderete in esilio?

Prof fece uno sforzo per sollevarsi sul gomito e io mi misi all’erta: era il segnale prestabilito. — Tutti voi sapete che è un viaggio senza ritorno. Io sono nato qui, eppure vedete che fatica è per me il ritorno, anche temporaneo, sul pianeta che m’ha ripudiato. Siamo gli esiliati della Terra che…

Si accasciò improvvisamente. Balzai dalla sedia per soccorrerlo, ma caddi anch’io lungo disteso.

Non stavamo solo recitando, anche se io mi ero mosso in base a un accordo preciso. Per un Lunare, alzarsi di scatto sulla Terra rappresenta uno sforzo terribile per il cuore: la forza di gravità mi afferrò e mi schiacciò contro il suolo.

6

Ci riprendemmo rapidamente, ma i giornali ne fecero una notizia sensazionale perché io consegnai a Stu la registrazione e lui la fece diffondere dai suoi uomini. I titoli dei giornali, abilmente ispirati da Stu, non erano tutti contro di noi.

L’ENTE VUOLE SBARAZZARSI
DEGLI UOMINI DELLA LUNA?
AMBASCIATORE LUNARE SVIENE
SOTTO INTERROGATORIO:
"COLONIALISTI!" GRIDA
IL PROF. DE LA PAZ
PUNTA IL DITO DELLA VERGOGNA

Il mattino seguente ci venne recapitato un messaggio che chiedeva se il Professor de la Plaz si sentiva abba stanza bene da riprendere le discussioni. Ci presentammo e la Commissione mise a disposizione di Prof un medico e un’infermiera. All’ingresso ci perquisirono… e mi sequestrarono un registratore.

Lo consegnai senza fare storie. Era un apparecchio giapponese fornitomi da Stu con il preciso scopo di avere qualche cosa da farmi sequestrare. Nel braccio numero sei avevo un piccolo spazio destinato a una batteria elettrica, capace di contenere esattamente il mio microregistratore.

Gli argomenti discussi il giorno precedente furono lasciati da parte, solo, il Presidente iniziò la seduta rimproverandoci di aver violato la sicurezza di una conferenza a porte chiuse.

Prof rispose che, per quanto riguardava noi, non era a porte chiuse, e che avremmo dato il benvenuto a giornalisti, telecamere, al pubblico e a tutti coloro che avessero voluto intervenire, dato che la Luna non aveva segreti da nascondere.

Il Presidente rispose freddamente che non era il cosiddetto Libero Stato a sovrintendere a queste sedute. Le udienze avvenivano a porte chiuse, gli argomenti discussi non dovevano uscire da quella stanza, tali erano gli ordini.

Prof mi fece un cenno. — Volete aiutarmi, Colonnello? — Io manovrai i comandi della mia sedia a rotelle, la girai e con essa sospinsi la lettiga di Prof verso la porta, prima che il Presidente si accorgesse che stavamo tentando un bluff. Prof si lasciò convincere a restare, senza tuttavia promettere niente. Difficile fare pressione su un uomo che sviene appena si agita.

Il Presidente rilevò che il giorno prima ci si era dilungati su parecchie discussioni di scarsa importanza e che era meglio non tornare su argomenti già trattati. Oggi non avrebbe permesso digressioni, e volse un’occhiata significativa al delegato argentino e al nordamericano.

Quindi proseguì: — La sovranità è un concetto astratto, di cui si sono date molte definizioni a mano a mano che l’umanità imparava a vivere in pace. Il vero problema, Professore… o Ambasciatore de facto se preferite (non faremo cavilli sulle parole), è questo: siete pronti a garantire che le Colonie Lunari manterranno i loro impegni?

— Quali impegni, signore?

— Tutti gli impegni assunti, ma mi riferisco in particolare a quelli riguardanti l’esportazione di grano.

— Non conosco nessun impegno di questo genere, signore — rispose Prof, con aria ingenua.

La mano del Presidente si strinse intorno al manico del martelletto, ma la sua voce si mantenne calma. — Suvvia, signore, non è il caso di equivocare sulle parole. Mi riferisco ai contingenti di grano da inviare sulla Terra e alla percentuale di aumento prevista per quest’anno fiscale nella misura del tredici per cento. Possiamo avere la vostra assicurazione che continuerete a onorare questi impegni? È la condizione minima, per discutere. In mancanza di questo, i colloqui fra noi avranno termine.

— In tal caso, mi dispiace di dovervi dire che le nostre trattative sono finite.

— Non state parlando seriamente.

— Molto seriamente, signore. La sovranità della Luna Libera non è affatto l’argomento astratto che sembra a voi. Gli impegni di cui parlate erano soltanto un contratto dell’Ente con se stesso. La mia Nazione non ne è assolutamente vincolata. Tutti gli impegni della Nazione sovrana che ho l’onore di rappresentare devono ancora essere negoziati.

— Feccia della Terra! — tuonò il nordamericano. — Ve l’avevo detto che eravate troppo teneri con loro. Pezzi di galera! Non sanno nemmeno apprezzare un trattamento da gentiluomini!

— Ordine!

— Non dimenticatelo: io ve l’avevo detto! Se fossero venuti nel Colorado, gli avremmo insegnato noi un paio di cose!

— Il delegato del Nord America è richiamato all’ordine.

— Temo — intervenne il rappresentante indiano — temo di dovermi dichiarare d’accordo con il signor delegato del Nord America. L’India non può accettare che gli impegni relativi al grano siano considerati semplici pezzi di carta. Le persone oneste non trattano di politica con il ricatto della fame.

Prof chiese con voce calma: — Onorevole Presidente, mi concedete il permesso di approfondire le nostre intenzioni prima di giungere alla conclusione, forse troppo affrettata, che si debbano sospendere questi colloqui?

— Avete la parola.

— Con il consenso unanime? Potrò parlare senza essere interrotto?

Il Presidente si guardò intorno. — Tutti d’accordo — dichiarò.

— Sarò breve, Onorevole Presidente. Per prima cosa desidero rispondere al signor delegato del Nord America su una questione pregiudiziale, dal momento che ha criticato i miei connazionali. Io, per primo, ho visto l’interno di più di una prigione: accetto il titolo… anzi mi glorio del titolo di pezzo di galera. Tutti noi cittadini della Luna siamo pezzi di galera e discendiamo da pezzi di galera. Ma la Luna è una severa maestra di vita: chi è sopravvissuto alle sue lezioni non ha motivo di provare vergogna. A Luna City si può lasciare una borsa incustodita o la casa aperta senza alcun timore… potete fare lo stesso a Denver, nel vostro Colorado? Comunque, non sento alcun desiderio di venire nel Colorado a imparare un paio di cose: mi basta quello che mi ha insegnato Madre Luna. E può darsi che siamo la feccia della Terra, ma ora siamo una feccia armata.